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<b>[Attenzione, questa recensione contiene spoiler.]</b>

Hojo World 3, come lo stesso titolo vi avrà già suggerito, è il terzo e ultimo volumetto contenente tutte le opere brevi di Tsukasa Hojo, pubblicate in Giappone in varie riviste e poi accorpate all’interno di questa collana. Anche questi tre albi sono stati importati qui in Italia grazie alla Star Comics che li ha pubblicati all’interno della collana Point Break nei primi mesi del 2000, stessa collana su cui sono state poi pubblicate le altre storie brevi di Hojo, Tra i Raggi del Sole composta da tre albi e Rash, serializzata in soli 2 volumetti. L’edizione è quella classica dell’editore perugino, edizione economica che comunque si attesta su un ottimo livello qualità-prezzo. Buona la carta così come la copertina, inchiostro che non lascia tracce sulla punta delle dita, pagine che non lasciano trasparire cosa c’è oltre. Mancano editoriali di spessore e tavole illustrate a colori che avrebbero impreziosito un’opera di spessore come questa. Il prezzo di copertina puntava sulle 6000 lire, che dovrebbero attestarsi sui 3 euro circa attuali. Mettendoci l’inflazione della moneta direi che come edizione si attesta sulla classica edizione attuale Star Comics da 4,20 euro.

L’intera collana rappresenta a mio giudizio una piccola perla che non può assolutamente mancare nella collezione personale di qualsiasi appassionato di manga, ma che consiglierei anche a qualsiasi fruitore abituale di letteratura in genere. Le opere scritte e ideate da Tsukasa Hojo puntano in alto, riescono a trasmettere molto al lettore con tematiche che variano di volta in volta, da storia a storia, ma che mantengono sempre una linea di drammaticità sentita fortemente.

È sicuramente questo terzo e ultimo volume a rappresentare il livello più alto raggiunto dall’autore del Kyushu. Hojo all’interno di questo albo racchiude tre storie legate da un filo comune, l’ambientazione nella prima metà del ventesimo secolo. Ma non sarà la sola ambientazione cronologica a legare questi tre racconti, ma anche la drammaticità da cui queste tre storie sono pervase. Bisogna anche dire che queste tre storie, che concludono la collana “Hojo World”, sono state scritte da un altro autore, e Hojo si è occupato unicamente del disegno. La differenza si vede, ma non eccessivamente, in quanto penso, viste le opere a cui Hojo ci ha abituati, che avrebbe potuto partorire anche da solo queste tre piccole perle.

“Fino alla fine del cielo: la guerra dei ragazzi” è probabilmente la più bella opera presente in questo volume. Una storia che parla della guerra, del sacrificio, della lotta per un ideale in cui si crede, che forse è la patria ma che più celatamente è la famiglia. È la storia di un giovane ragazzo, oberato dall’epoca in cui è nato, un’epoca caratterizzata da ideologie folli in cui a farne le spese sono sempre i migliori. Il giovane protagonista della storia ha un sogno, un sogno che più o meno hanno in tanti, quello di volare. Ovvio che se però ti trovi a vivere in un Giappone degli anni quaranta in pieno conflitto mondiale questo sogno possa realizzarsi per un'unica via. Con questa storia dal finale apertamente drammatico possiamo capire molte cose, capiamo come prima cosa che in una guerra non ci sono i buoni o i cattivi, ci sono persone costrette a combattere. Costrette a combattere a volte da un mentalità chiusa che non accetta il disonore, altre da ordini che vengono dall’alto, altre ancora per la famiglia e volte, come quella rappresentata in questo racconto, in cui queste tre motivazioni si sommano in un’unica strada. Ma da questa lettura capiamo anche che i Giapponesi non sono malvagi omuncoli dagli occhi a mandorla come una sessantennale produzione cinematografica ci ha costretto a pensare. Ma si sa, la storia la fanno i vincitori. Il nostro giovane protagonista, che difficilmente non potrete amare, sceglierà consapevolmente di sacrificare se stesso, forse per la patria, ma con un’ottica più ampia direi per la sua famiglia e per quella mentalità che oggi le nuove generazioni del Sol Levante sembrano aver perso - per sfortuna o forse per fortuna - dell’onore. Insomma un ragazzo schiacciato dalla società e dall’epoca in cui si è trovato a vivere.

La seconda storia presente, intitolata “L’estate dell’adolescenza: Melody of Jenny”, è anch’essa un racconto che viene ambientato nel Giappone degli anni '40, per l’esattezza nel marzo del 1945, quindi a pochi mesi dalla conclusione della Guerra nel Pacifico. Differentemente dalla prima storia che aveva un lasso temporale che partiva dal 1943 per concludersi negli ultimi mesi di guerra nel '45, “L’estate dell’adolescenza” si sviluppa su un arco temporale di pochi giorni. Protagonisti della vicenda sono quattro ragazzini costretti a vivere in dormitori nelle campagne, lontani quindi dai loro genitori, per sfuggire agli incessanti bombardamenti dell’aviazione americana sulle città. Ben presto però le condizioni disumane a cui sono costretti li portano a fuggire per far ritorno alla loro casa e dai loro genitori. Da qui partirà un sofferto viaggio fra le montagne in direzione di Tokyo. Ed è durante il tragitto che si unirà, piuttosto rocambolescamente, un giovane uomo americano sfuggito alla morte in uno dei campi di prigionia sparsi nell’entroterra giapponese. Da una momentanea diffidenza e odio ideologico che soprattutto uno dei quattro ragazzini proverà per il “nemico straniero” comincerà una vera amicizia che non verrà dimenticata col passare degli anni ma che troverà una tragica, odiosa e prematura fine proprio in quel tragico 1945.

“American Dream” è l’ultima storia che chiude il volumetto monografico. Ambientata non nel periodo bellico ma bensì all’inizio del decennio precedente, esattamente nel 1932, trova un’ambientazione spaziale differente dalle due precedenti opere. Se infatti le prime due storie erano ambientate in Giappone, quest’ultima, pur avendo in parte protagonisti del Sol Levante è ambientata, come il titolo vi avrà suggerito, negli USA. E il titolo dell’opera è molto esemplificativo dell’opera stessa: American Dream, ovvero il Sogno Americano, che è proprio quello che il giovane protagonista vuole scoprire e in un certo modo raggiungere, ma che, frenato da sciocchi ideologismi razzistici che preannunciano l’evolversi del conflitto fra Giappone e Stati Uniti scoppiato nel dicembre del 1941, sarà costretto a rinunciare e far ritorno nel Sol Levante. Il protagonista infatti è un brillante lanciatore della Lega Nipponica di Baseball, giunto insieme alla Nazionale Nipponica in America per una tournee di lunga durata. Viste le eccezionali doti del giovane lanciatore ben presto sarà notato dal procuratore dei San Francisco Giants (sempre che siano loro i Giants) che come lui crede in un sogno che però non può più raggiungere. A questa coppia si unirà un’ulteriore coppia formata da un rude ma bonario giornalista assistito in questa tournee da una giovane ragazza giapponese, ma ormai americanizzata, che gli fa da traduttrice. Il finale pur non essendo tragico è soffuso da una componente nettamente drammatica e lo stesso Hojo, nell’ultima pagina del racconto, ci svela il destino a cui i quattro protagonisti sono destinati negli anni futuri. Finale quest’ultimo, purtroppo tragico, e che si lega alla Seconda Guerra Mondiale. Hojo con quest’opera ci fa conoscere un epoca ancora lontana dalla Guerra ma che ne preannuncia già la nascita. Un'America in piena crisi economica che, pur nella sua proclamata democraticità, guarda con cattivo occhio i “diversi”. In questo caso tali individui sono la comunità filo-giapponese, ampiamente diffusa soprattutto sulla costa Occidentale degli States, su cui cominciarono a emigrare già dal diciannovesimo secolo. Odio che si manifesta e ci è messo davanti agli occhi soprattutto attraverso l’unico personaggio femminile della vicenda che lo vive in prima persona. Odio che poi dovrà provare anche il protagonista, che non potrà – ma attenzione, perché sarà lui stesso a compiere questa scelta di maturità e di attaccamento a un ideale che non può tradire – realizzare il suo sogno per il colore della sua pelle.

Inutile dire che si tratta di tre capolavori, di una caratura tale che se esistesse un Oscar o un Nobel per i Manga li avrebbero vinti entrambi. Bisogna anche dire che purché ne consigli la lettura a tutti, senza distinzione alcuna, servirebbe, per meglio comprendere la situazione in cui sono narrate le vicende avere una buona conoscenza storica e sociale dell’epoca in cui sono ambientate le tre vicende. Cosa che forse ai più giovani dei lettori, per ovvi motivi anagrafici, può mancare. Ciò comunque non attenua la bellezza di queste tre storie che rimarranno sempre fra le migliori che abbia mai letto.
In definitiva un dieci secondo me meritato sia per la bellezza dei disegni, di cui forse ho tralasciato il commento ma trattandosi di Hojo non penso ci sia bisogno di analisi di sorta, e per la poesia che le storie riescono a trasmettere. Tre storie “adulte” in cui si può parlare a tutti gli effetti del fumetto come nona arte.

Problematica attuale è reperire l’opera che è fuori catalogo e non è più acquistabile dal servizio arretrati Star Comics. Unica possibilità di acquisto è riferirsi ad una fumetteria che magari ancora tiene qualche copia dimenticata in magazzino o sugli scaffali o puntare, un po’ tristemente a mio dire, sul mercato dell’usato. Situazione che vorrei veder ben presto sbloccata perché sicuramente una collana del genere merita di essere sempre reperibile e meriterebbe anche un’edizione degna delle storie che contiene. Non nego quindi il mio desiderio che presto qualche editore italiano decida di riproporre quest’opera, magari pubblicata all’interno di soli 2 volumetti come mi sembra sia stato fatto in Giappone, in una bella edizione di qualità con sovracopertina, così come tutte le altre opere, minori o meno, di Hojo.