Recensione
Damons
8.0/10
Si lo so la conosciamo tutti. Almeno una volta nella vita l’abbiamo incontrata e l’abbiamo provata sulla nostra pelle. Dà senza dubbio un’emozione forte a primo impatto, ma nel corso del tempo può portare alla rovina.
È la protagonista di questo manga. In realtà è la protagonista di romanzi fin da tempi antichi; è presente in tutte le epoche ed in tutte le culture. Nell’antica Grecia, ad esempio, tutti i drammi omerici si basano su di essa: degli Achei per il ratto di Elena, di Achille ed Ettore per la morte di Patroclo, della strage dei Proci da parte di Ulisse per le insidie a Penelope. Ma non solo nell’antica Grecia, anche i romanzi medievali hanno lei come protagonista e lo stesso inferno di Dante in fin dei conti si basa su di essa, per non parlare dell'Otello di Shakespeare.
Ed è proprio in questo manga della J-Pop che ritornerà ad essere grande protagonista. In realtà nelle produzioni manga è sempre stata indispensabile, basti pensare a Gatsu e a Sasuke, solo due esempi su una miriade di personaggi sfiorati dalla vendetta.
Sì perché la protagonista che da sempre ha affascinato e al contempo dilaniato l’animo umano è proprio la vendetta.
Si tratta di un sentimento strano, quasi tanto naturale da sembrare infantile.
Damons è un manga che ha la vendetta come tematica principale, anzi, tutto si basa su questo sentimento. Colui che a sua volta incarna la vendetta è Heito, il protagonista del manga.
Fin da subito il manga parla chiaro: non interessa all’autore creare empatia con il protagonista come succede in Berserk, dove è addirittura presente un lunghissimo flashback. In questo caso viene mostrato sin dalle prime pagine la causa scatenante dell’odio imperversante di Heito. La scelta è senza dubbio discutibile; mostrare fin da subito l’uccisione della famiglia del protagonista ha l’effetto di allontanare il lettore dal quel grado di affezione al personaggio principale che avrebbe portato ad un maggior coinvolgimento iniziale, dal lato opposto questa scelta ha il pregio di focalizzare subito il tema portante del manga. L’autore sembra dire che qui non ci saranno piagnistei e tragedie, qui sarà sviluppata e mostrata la vendetta nella sua forma più pura. Heito infatti avrà la sola ambizione di vendicarsi dei suoi vecchi compagni, che andrà a trovare uno alla volta per cercare di colmare l’infinita rabbia.
Si tratta quindi di una serie prevalentemente d’azione, dove la componente psicologica è limitata alla disamina del sentimento vendicativo. D’altronde è proprio la forza una delle principali conseguenze della rabbia.
Il manga da questo punto di vista è quindi abbastanza piatto, ma non piatto inteso in senso di noioso, piatto nel senso di costanza negli obiettivi e nel modo di vedere le cose. Heito cambia pochissimo nel corso del manga, i suoi obiettivi sono chiari e non avrà un attimo di esitazione a metterli in atto. Essere Piatto quindi ha i suoi lati positivi, che però si riversano in una aspetto a mio avviso negativo, che sta nella caratterizzazione del protagonista, a sua volta piatta.
C’era da aspettarselo in fin dei conti. Se l’argomento portante è la vendetta il suo portatore non può avere dubbi né ripensamenti, come tale sarà solo la vendetta l’unica cosa a venire fuori del carattere di Heito, alla fine del manga si saprà pochissimo di lui, certo un fondo di bontà è presente, ma mai a tal punto da limitare la sua ragione di vita.
Questo è una aspetto positivo visto che sono tanti, anzi, troppi i manga che nel corso del tempo perdono di vista la loro colonna portante e denaturano i personaggi.
Da una parte quindi monotonia e piattezza del protagonista, dall’altra coerenza e forza nel proprio messaggio.
Si è detto della monotonia intesa come costante piano narrativo, questa ovviamente potrebbe portare a pensare che tutta la serie sia monotona nel senso di noiosa. In realtà su questo il manga mi ha stupito maggiormente. Certo le premesse non erano entusiasmanti; un manga che racconta la vendetta con un solo personaggio per 13 numeri può sembrare noioso, in realtà l’autore è bravo a rendere la storia sempre emozionate e dinamica, e questo grazie ad una gestione ottimale dei nemici di Heito.
Il carattere dei nemici, al contrario di quello di Heito, è più curato e questo grazie ad una serie di flashback che introducono i 5 oggetti della vendetta di Heito, flashback che sono anche in grado di riempire interi capitoli consecutivi non avendo timore di lasciare da parte il protagonista.
Il culmine si ottiene nel finale con Progress, la cui storia occupa un intero volume. Ed è forse qui che paradossalmente si raggiunge il punto forse più enigmatico di tutta la serie. Parliamoci chiaro, il flashback è fatto bene e fa capire al meglio chi sia Progress (in poche parole è l’organizzatore della tortura ad Heito nonché il villan principale), ma esula completamente dalla serie.
Il successo di Death Note sembra aver influenzato pesantemente questi capitoli, perché l’autore sembra aver preso spunto da quel manga per raccontare la scalata al potere di Progress, soltanto che al posto del quaderno Prog ha la possibilità di controllare gli animali. Sia chiaro questa è puramente una mia idea, ma ho avuto questa sensazione.
Il problema è che proprio nel finale il manga si perde un po’, o meglio perde quel suo punto di forza che era la costanza nel raccontare la vendetta. La vendetta di Heito è sempre espressa nella sua massima forza, ma viene quasi controbilanciata dalla troppo fantascienza che cresce in maniera esponenziale e che tende quasi ad oscurarla, cosa mai successa fin a quel momento.
A livello di art il manga si comporta davvero molto bene, i disegni sono veramente una delle parti forte del manga. Quello che colpisce di più è l’espressività non solo dei visi, ma soprattutto dei movimenti, la rabbia è sempre presente ed esplode forte nelle scene d’azione. Anche i primi piani di Heito sono belli anche se forse un po’ troppo ripetuti nelle medesime espressioni.
In conclusione, si tratta di un manga che non ha bisogno di particolari interpretazioni o dietrologie, l’argomento portante è chiaro, cosi come le intenzioni dell’autore. Il manga fa riflettere sulla vendetta e sul fatto che il più delle volete rovina le persone, perché portata allo stremo crea una perversione ed un feticismo autodistruttivi. In realtà l’autore non critica mai la vendetta, e non dà quasi mai giudizi morali. Lui pone i fatti come sono, sta al lettore interpretarlo, vedere quindi il manga come un semplice manga d’azione o come qualcosa in più. Questo astenersi da falsi moralismi lo ritengo una dei punti migliori del manga.
LightLife
È la protagonista di questo manga. In realtà è la protagonista di romanzi fin da tempi antichi; è presente in tutte le epoche ed in tutte le culture. Nell’antica Grecia, ad esempio, tutti i drammi omerici si basano su di essa: degli Achei per il ratto di Elena, di Achille ed Ettore per la morte di Patroclo, della strage dei Proci da parte di Ulisse per le insidie a Penelope. Ma non solo nell’antica Grecia, anche i romanzi medievali hanno lei come protagonista e lo stesso inferno di Dante in fin dei conti si basa su di essa, per non parlare dell'Otello di Shakespeare.
Ed è proprio in questo manga della J-Pop che ritornerà ad essere grande protagonista. In realtà nelle produzioni manga è sempre stata indispensabile, basti pensare a Gatsu e a Sasuke, solo due esempi su una miriade di personaggi sfiorati dalla vendetta.
Sì perché la protagonista che da sempre ha affascinato e al contempo dilaniato l’animo umano è proprio la vendetta.
Si tratta di un sentimento strano, quasi tanto naturale da sembrare infantile.
Damons è un manga che ha la vendetta come tematica principale, anzi, tutto si basa su questo sentimento. Colui che a sua volta incarna la vendetta è Heito, il protagonista del manga.
Fin da subito il manga parla chiaro: non interessa all’autore creare empatia con il protagonista come succede in Berserk, dove è addirittura presente un lunghissimo flashback. In questo caso viene mostrato sin dalle prime pagine la causa scatenante dell’odio imperversante di Heito. La scelta è senza dubbio discutibile; mostrare fin da subito l’uccisione della famiglia del protagonista ha l’effetto di allontanare il lettore dal quel grado di affezione al personaggio principale che avrebbe portato ad un maggior coinvolgimento iniziale, dal lato opposto questa scelta ha il pregio di focalizzare subito il tema portante del manga. L’autore sembra dire che qui non ci saranno piagnistei e tragedie, qui sarà sviluppata e mostrata la vendetta nella sua forma più pura. Heito infatti avrà la sola ambizione di vendicarsi dei suoi vecchi compagni, che andrà a trovare uno alla volta per cercare di colmare l’infinita rabbia.
Si tratta quindi di una serie prevalentemente d’azione, dove la componente psicologica è limitata alla disamina del sentimento vendicativo. D’altronde è proprio la forza una delle principali conseguenze della rabbia.
Il manga da questo punto di vista è quindi abbastanza piatto, ma non piatto inteso in senso di noioso, piatto nel senso di costanza negli obiettivi e nel modo di vedere le cose. Heito cambia pochissimo nel corso del manga, i suoi obiettivi sono chiari e non avrà un attimo di esitazione a metterli in atto. Essere Piatto quindi ha i suoi lati positivi, che però si riversano in una aspetto a mio avviso negativo, che sta nella caratterizzazione del protagonista, a sua volta piatta.
C’era da aspettarselo in fin dei conti. Se l’argomento portante è la vendetta il suo portatore non può avere dubbi né ripensamenti, come tale sarà solo la vendetta l’unica cosa a venire fuori del carattere di Heito, alla fine del manga si saprà pochissimo di lui, certo un fondo di bontà è presente, ma mai a tal punto da limitare la sua ragione di vita.
Questo è una aspetto positivo visto che sono tanti, anzi, troppi i manga che nel corso del tempo perdono di vista la loro colonna portante e denaturano i personaggi.
Da una parte quindi monotonia e piattezza del protagonista, dall’altra coerenza e forza nel proprio messaggio.
Si è detto della monotonia intesa come costante piano narrativo, questa ovviamente potrebbe portare a pensare che tutta la serie sia monotona nel senso di noiosa. In realtà su questo il manga mi ha stupito maggiormente. Certo le premesse non erano entusiasmanti; un manga che racconta la vendetta con un solo personaggio per 13 numeri può sembrare noioso, in realtà l’autore è bravo a rendere la storia sempre emozionate e dinamica, e questo grazie ad una gestione ottimale dei nemici di Heito.
Il carattere dei nemici, al contrario di quello di Heito, è più curato e questo grazie ad una serie di flashback che introducono i 5 oggetti della vendetta di Heito, flashback che sono anche in grado di riempire interi capitoli consecutivi non avendo timore di lasciare da parte il protagonista.
Il culmine si ottiene nel finale con Progress, la cui storia occupa un intero volume. Ed è forse qui che paradossalmente si raggiunge il punto forse più enigmatico di tutta la serie. Parliamoci chiaro, il flashback è fatto bene e fa capire al meglio chi sia Progress (in poche parole è l’organizzatore della tortura ad Heito nonché il villan principale), ma esula completamente dalla serie.
Il successo di Death Note sembra aver influenzato pesantemente questi capitoli, perché l’autore sembra aver preso spunto da quel manga per raccontare la scalata al potere di Progress, soltanto che al posto del quaderno Prog ha la possibilità di controllare gli animali. Sia chiaro questa è puramente una mia idea, ma ho avuto questa sensazione.
Il problema è che proprio nel finale il manga si perde un po’, o meglio perde quel suo punto di forza che era la costanza nel raccontare la vendetta. La vendetta di Heito è sempre espressa nella sua massima forza, ma viene quasi controbilanciata dalla troppo fantascienza che cresce in maniera esponenziale e che tende quasi ad oscurarla, cosa mai successa fin a quel momento.
A livello di art il manga si comporta davvero molto bene, i disegni sono veramente una delle parti forte del manga. Quello che colpisce di più è l’espressività non solo dei visi, ma soprattutto dei movimenti, la rabbia è sempre presente ed esplode forte nelle scene d’azione. Anche i primi piani di Heito sono belli anche se forse un po’ troppo ripetuti nelle medesime espressioni.
In conclusione, si tratta di un manga che non ha bisogno di particolari interpretazioni o dietrologie, l’argomento portante è chiaro, cosi come le intenzioni dell’autore. Il manga fa riflettere sulla vendetta e sul fatto che il più delle volete rovina le persone, perché portata allo stremo crea una perversione ed un feticismo autodistruttivi. In realtà l’autore non critica mai la vendetta, e non dà quasi mai giudizi morali. Lui pone i fatti come sono, sta al lettore interpretarlo, vedere quindi il manga come un semplice manga d’azione o come qualcosa in più. Questo astenersi da falsi moralismi lo ritengo una dei punti migliori del manga.
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