Recensione
Bakuman.
7.0/10
È difficile leggere Bakuman senza paragonarlo all'altra opera del duo Ohba-Obata, il fenomeno Death Note, anche perché si sono degli elementi che li accomunano. E non è solo la somiglianza di Akito con Light, o quella di Azuki con Misa, o almeno non solo. Anche da questo manga, molto più soft di Death Note e con molta meno tensione psicologica, capiamo che Ohba-sensei ama il periodare lungo, prolisso.
Nonostante di solito, in ogni manuale del buon mangaka, si consiglino dialoghi brevi per non stancare il lettore, Ohba parte come un treno e continua con le sue conversazioni interminabili e baloon enormi, che se in Death Note servivano per spiegare le complesse ipotesi dei protagonisti vista la particolare sfida a cui partecipavano, qui vengono utilizzati per spiegare dettagliatamente il percorso per diventare un mangaka.
Perché Moritaka e Akito, il primo bravissimo nel disegno e il secondo un genio dalla fervida fantasia, questo vogliono diventare: mangaka, e dal loro manga vogliono ricavarne un anime. Anche qui c'è una sorta di sfida, dal momento che Moritaka ha promesso alla sua bella Azuki di diventare un mangaka famoso prima dei 18 anni, dopodiché potrà sposarla, mentre il sogno di lei è quello di diventare una doppiatrice.
La grafica è sempre eccezionale, la bravura e la precisione di Obata-sensei non si mettono in discussione. Quello che a volte mi fa leggermente girare la testa sono i dialoghi estenuanti e lunghi della Ohba, che non sa cosa sia la sintesi né l'essenziale.
Bel manga, storia appassionante - perché tutti vogliamo sapere se i due realizzeranno il loro sogno -, ornata di personaggi carini e un po' pazzi, come Miyoshi e il mitico Nizuma. Quello che rende però la storia irreale è la relazione (se così si può chiamare) di Mashiro e Azuki: non si sono mai parlati ma si amano e si fidanzato, e non potranno comunicare se non attraverso il cellulare, fin quando non avranno realizzato i loro sogni. Questo è un difetto che la Ohba ha spesso, ovvero quello di privare i suoi personaggi di sentimenti e voglie umane: come possono, due FIDANZATI (Azuki non ho nemmeno capito come faccia ad innamorarsi di Mashiro...) essere d'accordo sul non vedersi, non parlarsi, ma essere convinti di rimanere fedeli l'uno all'altra? Dai, Ohba-sensei, stavolta è un po' troppo forzata.
Nonostante di solito, in ogni manuale del buon mangaka, si consiglino dialoghi brevi per non stancare il lettore, Ohba parte come un treno e continua con le sue conversazioni interminabili e baloon enormi, che se in Death Note servivano per spiegare le complesse ipotesi dei protagonisti vista la particolare sfida a cui partecipavano, qui vengono utilizzati per spiegare dettagliatamente il percorso per diventare un mangaka.
Perché Moritaka e Akito, il primo bravissimo nel disegno e il secondo un genio dalla fervida fantasia, questo vogliono diventare: mangaka, e dal loro manga vogliono ricavarne un anime. Anche qui c'è una sorta di sfida, dal momento che Moritaka ha promesso alla sua bella Azuki di diventare un mangaka famoso prima dei 18 anni, dopodiché potrà sposarla, mentre il sogno di lei è quello di diventare una doppiatrice.
La grafica è sempre eccezionale, la bravura e la precisione di Obata-sensei non si mettono in discussione. Quello che a volte mi fa leggermente girare la testa sono i dialoghi estenuanti e lunghi della Ohba, che non sa cosa sia la sintesi né l'essenziale.
Bel manga, storia appassionante - perché tutti vogliamo sapere se i due realizzeranno il loro sogno -, ornata di personaggi carini e un po' pazzi, come Miyoshi e il mitico Nizuma. Quello che rende però la storia irreale è la relazione (se così si può chiamare) di Mashiro e Azuki: non si sono mai parlati ma si amano e si fidanzato, e non potranno comunicare se non attraverso il cellulare, fin quando non avranno realizzato i loro sogni. Questo è un difetto che la Ohba ha spesso, ovvero quello di privare i suoi personaggi di sentimenti e voglie umane: come possono, due FIDANZATI (Azuki non ho nemmeno capito come faccia ad innamorarsi di Mashiro...) essere d'accordo sul non vedersi, non parlarsi, ma essere convinti di rimanere fedeli l'uno all'altra? Dai, Ohba-sensei, stavolta è un po' troppo forzata.