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8.0/10
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Sesso e violenza, è risaputo, vendono sempre, ma quando a queste premesse si unisce l'astro di un grande artista, il rischio di un prodotto banalmente seriale si trasforma nella nascita di un capolavoro. Il merito di tanti successi internazionali spetta di diritto a Go Nagai, il cui contributo al mondo dei manga e degli anime è stato eclatante. Devilman è forse il miglior manga del famosissimo autore, e segna il momento più alto della sua evoluzione artistica grazie alla sua personalissima interpretazione del genere horror, a lui congeniale almeno quanto quello robotico.

Una dimensione inquietante, popolata da demoni e creature infernali; un mondo raccapricciante e perverso, dal quale il lettore stenta a liberarsi; un vorticoso susseguirsi di misteri, superstizioni e scelte disperate che individuano nel male l'unica possibile salvezza dell'uomo, vittima di un destino crudele ma non necessariamente prestabilito. Il male è visto, quindi, come unica arma nelle mani dei protagonisti che disperatamente lottano contro il male stesso, abbandonando così la loro componente umana. La rabbia pervade ogni cosa e caratterizza le azioni degli antieroi che popolano Devilman. Uomini o demoni che siano, tutti sono impulsivi e ogni loro scelta è dettata da un'ingenuità giovanile che li spinge ad effettuare drastici tagli con il passato per opporsi ad una società corrotta alla quale non sentono di appartenere.

Akira Fudo e Ryo Asuka, personaggi principali della narrazione, incarnano alla perfezione le insofferenze e le mode degli anni settanta - il manga risale al '72 - ma Devilman è tutt'altro che datato, specialmente nelle tematiche e nel taglio narrativo. L'horror di Go Nagai è marcatamente splatter. Le scene di sangue sono molte, ma mai gratuite. Inoltre Nagai fa un uso sfacciato del suo carismatico "cattivo gusto" per scioccare il lettore, ma è proprio questo che coinvolge il pubblico e lo entusiasma. Naturalmente quando si sceglie la strada della provocazione, ad un facile ed immediato successo iniziale può corrispondere il rischio di incorrere nei tabù di una società moralista. È accaduto anche per Devilman, nonostante la versione animata sia tutto sommato innocente.

Il manga e il cartone animato hanno ben poco in comune, se escludiamo, ovviamente, i personaggi e il contesto narrativo. Se da un lato, infatti, Nagai iniziò la serializzazione del manga su Shonen Magazine, prendendo ampi spunti da un suo precedente lavoro, Mao Dante, dall'altro ideò un cartone estremamente addolcito. Così i 39 episodi della serie animata travisano in parte l'opera raccontando in maniera romanzata la redenzione dell'uomo diavolo che, impossessatosi del corpo di un ragazzo per seminare morte sul nostro pianeta, tradisce la sua ragazza a causa dell'amore per Miki, una giovane terrestre.

Se i primi anni settanta non erano evidentemente pronti per accettare la crudezza della sceneggiatura originale di Devilman, gli anni Ottanta hanno finalmente reso giustizia al manga di Go Nagai, che ha ottenuto la definitiva consacrazione negli anni novanta.