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10.0/10
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Sarà la nostalgia, sarà stata la voglia di riprendere in mano un capolavoro che mi ha segnato l'infanzia, ma non posso dare a Candy un voto più basso del 10.
Il manga lo avevo letto qualche anno fa in edizione Fabbri ma leggerne la versione originale in giapponese mi ha fatto tutt'altro effetto.
La storia è classica e prende spunto da ben più di un romanzo occidentale. Non credo di sorprendere qualcuno raccontandola, quindi mi limiterò a quello che il manga di Candy Candy mi ha lasciato.

Tanto per cominciare, considero il tratto della Igarashi superbo e benché in Georgie sia molto superiore, qui già si vedono i semi di quello che sarà, anzi mi azzardo a dire che qui la Igarashi fosse veramente al suo top: la minuzia negli abiti e nelle ambientazioni e nel riuscire a rendere l'emotività dei personaggi rendono questo manga il numero 1 degli anni '70 a mio avviso.
Se un appunto si vuole fare è che risulta assurdo trovarsi davanti cartelli scritti in giapponese nel bel mezzo dell'America pre-prima guerra mondiale, ma veramente bisogna essere puntigliosi e comunque si deve tenere conto del fatto che il manga veniva pubblicato su Nakayoshi, rivista per bambine delle elementari che non avevano alcuna dimestichezza con le lingue occidentali.
Tutto scorre forse anche meglio che nell'anime, un colpo di scena dopo l'altro e vengono approfonditi personaggi e situazioni che nell'anime (specie per quanto riguarda gli ultimi episodi) sono stati totalmente ignorati, <b>Spoiler</b> come il tentativo di suicidio di Patty alla notizia della morte di Stear e il destino di Terence, diventato un attore alcolizzato dopo aver perso Candy, costretto ad esibirsi in baracconi davanti ad ubriaconi che lo riempivano di bottiglie ed insulti. <b>Fine Spoiler</b>

Il finale anche nel manga è abbastanza veloce, ma ci sono almeno un paio di epiloghi in più.
Insomma, Candy Candy è una pietra miliare e solo un'altra bionda, guarda caso nata su Nakayoshi anch'essa, riuscirà ad eguagliarla: Sailor Moon. Ma questa è un'altra storia.