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6.0/10
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Venuto a conoscenza dell'esistenza di questo manga disegnato dal buon Kentaro Yabuki, il primo pensiero che mi balenò in testa fu: "come mai un autore che inizia la sua carriera con questo promettente shonen d'azione, poi finisce su un manga come To Love Ru?".
La risposta ce la darà il manga stesso nel corso dei volumi, dove partendo da una base piuttosto incerta, il buon Yabuki prenderà mano a mano confidenza con quelli che sono i suoi punti forti e con quelle che invece saranno le sue debolezze, dovendo ahimè giungere alla conclusione che queste ultime siano superiori numericamente.
Il soggetto di base non è originalissimo ma sempre molto interessante per un lettore: l'ex criminale, che nella sua vita ha conosciuto solo un certo tipo di mondo non per scelta ma per causa di forza maggiore, grazie ad un incontro che gli cambia la vita decide di redimersi, con tutto quello che ne può conseguire: ovviamente non tutti saranno così comprensivi con lui e la sua scelta, soprattutto i suoi ex compagni.
Il fatto di essere stato compagno di Nobuhiro Watsuki ai tempi in cui entrambi erano allievi di Takeshi Obata, sicuramente ha inciso parecchio su molti tratti di Black Cat: si riscontra infatti più di una somiglianza con Kenshin Samurai Vagabondo, sia per il tema della redenzione, sia per i motivi che hanno spinto i 2 protagonisti a entrare e poi successivamente ad uscire da un certo mondo.
Cambia ovviamente il contorno, l'ambientazione e tanti piccoli aspetti, ma da fuori l'idea che avevo avuto è stata questa, e non nego che da amante del manga di Watsuki, oltre che di storie di questo tipo, io mi sia avvicinato al manga anche soprattutto per questo motivo.
Finito il manga, non posso negare che effettivamente la mia intuizione fosse abbastanza corretta, quello che di certo però non potevo aspettarmi è che l'autore fallisse miseramente nel portare questi temi su carta.
Intendiamoci, Black Cat non è un brutto manga e può tutto sommato essere una lettura gradevole per chiunque, purtroppo però risulta eccessivamente scolastico e banale in tutto quello che fa.
La trama infatti scorre via senza particolari colpi di scena e a mio modo di vedere soffre di un'inflazione di combattimenti che, pur risultando discreti, spezzano troppo il ritmo della narrazione.
La delusione più grossa però riguarda il passato del protagonista, che già dal primo volume ci viene presentato in forma di flash back: non nego di aver puntato tutto su questa formula, che sembrava poter promettere benissimo e sembrava poter arrivare a culminare nel "dramma" al momento giusto del manga, in un'esplosione di sentimento pari a quella vista in Kenshin.
Il tutto invece viene si raccontato, ma in maniera scialba, quasi forzata e anche qui troppo scolastica e per nulla "intima", non in grado quindi di suscitare emozioni e nemmeno la scontatissima lacrima che in parti come queste è d'obbligo, se ci si trova davanti ad un autore che sa il fatto suo.
Peccato, perché i primi volumi mi avevano illuso.

I personaggi, pur soffrendo di qualche stereotipo comprensibile in un manga di questo tipo, risultano molto gradevoli come caratterizzazione, come modo di interagire tra loro e soprattutto per quanto riguarda il chara design, forse uno degli aspetti più riusciti del manga.
E' qui che inizia a venir fuori la predisposizione di Watsuki a curare più i personaggi femminili che non quelli maschili, ed è una cosa che viene fuori lentamente, quasi come se lui per primo non se ne fosse accorto e gliel'avessero suggerito dall'esterno, probabilmente l'editor.
Di conseguenza, quasi come per magia, col passare dei volumi la taglia di reggiseno della protagonista femminile inizia ad aumentare vertiginosamente, e quella che nei primi volumi ci viene presentata si come femme fatales ma in maniera piuttosto "casta" (passatemi il termine), inizia ad assumere tutte le caratteristiche che faranno poi la fortuna futura dell'autore in To Love Ru, a cui aggiungiamo poi l'immancabile personaggio loli-tsundere , il cui ruolo diventa sempre più importante nell'economia del manga col passare dei volumi.

Riallacciando il discorso dei personaggi femminili anche al lato grafico, c'è poco da dire: Yabuki i corpi femminili li sa fare bene, anzi, benissimo.
Tutto il manga però gode di un buon reparto grafico, che culmina come già detto in un più che discreto chara design e che regala in generale un discreto colpo d'occhio.

In conclusione Black Cat è stata una delusione non tanto per il manga in se, che risulta comunque discreto, ma per il soggetto di base e l'incipit stratosferico che l'autore aveva a disposizione ma che purtroppo non è stato in grado di gestire e sviluppare.
Il rammarico quindi sta in quello che il manga poteva essere ma ahimè non è stato.