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7.0/10
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Ben detto: Hah, Hah. E' esattamente il titolo che darei non solo a questo manga, ma all'intera produzione di Yuki Yoshihara (e giudicate voi cosa intendevo dire con queste parole, se sottolineo che quello "hah hah" del titolo ha un significato prettamente sessuale). In termini temporali, quest'opera si colloca precisamente un anno prima rispetto ad uno dei capolavori della Sensei, "Darling wa Namamono ni Tsuki", e, anche se difetta dello spirito comico e del totale lasciarsi andare del suo successore, "Hah Hah" può nondimeno essere considerato un valido apripista, che ha preparato la strada ad una delle opere più simpatiche che Yuki Yoshihara ci abbia mai regalato. Non si tratta solo del notevole dislivello fra le risate offerteci da "Darling wa Namamono ni Tsuki" e il suo predecessore: il primo è più ispirato, più scorrevole e molto più comicamente malizioso, laddove "Hah Hah" soffre, purtroppo, della fatica che la Sensei stessa ci rivela aver impiegato nel tentativo di immaginarsi una commedia d'insegnanti, in un contesto scolastico dove i protagonisti non erano fatti per comportarsi in maniera così assurda e irresponsabile. Io lo devo dire, nonostante la mia anima sia ormai Yoshihara-addicted: la Sensei non si è impegnata abbastanza, e poteva trarre molto di più da una storia del genere, ma nonostante i frequenti inciamponi e il ritmo che emette qualche scricchiolio, la vicenda resta comunque animata da una simpatia che fonde così bene perversione e demenzialità da suscitare più di una risata nel lettore. Come tutte le commedie di Yuki Yoshihara, insomma.

Alcuni degli spunti comici che stanno alla base di "Hah Hah" saranno poi riutilizzati in "Darling wa Namamono ni Tsuki", ad esempio le deformazioni grottesche delle espressioni, la rottura del quarto muro, i protagonisti che agiscono con la testa fra le nuvole. Una trama c'è, ma, come potete intuire dalla sinossi, la sua unica utilità è quella di fornire la base su cui poi poggeranno le battute e le gag. L'incipit è esilarante, con il fetish degli odori dimostrato dal protagonista Itsuki, ma le risate calano un po' mano a mano che si va avanti: ciò non toglie, tuttavia, il fatto che alcuni episodi possano rivelarsi davvero capaci di far vomitare l'anima dalle risate. Il manga ha dei picchi, in poche parole; invece di seguire un'armonica continua regolare, la vicenda è un rumoraccio dalle onde sonore spezzettate, capace di arrivare alle vette più alte della comicità per poi scadere nel più inutile dei sentimentalismi. E' tenera la rappresentazione fatta dei due amanti, ma assolutamente odorante di già visto e rivisto; questa sarà però una tendenza dalla quale "Darling wa Namamono ni Tsuki" si distaccherà, evidenziando la capacità di migliorarsi della mangaka e dimostrando che è nei momenti di maggiore intensità che si creano le situazioni più comiche.

Ciò che, allo stesso tempo, mi è piaciuto e mi è dispiaciuto, è il fatto che, come ho già accennato, al termine della serie la Sensei abbia aggiunto una nota in cui descrive lo sforzo che ha dovuto fare per rendere comica questa storiaccia fra insegnanti. Va bene, apprezzo l'onestà, ma un'ammissione simile equivale a riconoscere di non essersi impegnata abbastanza, nell'elaborare le situazioni. Chiariamoci, molte idee sono buone, ma come ho già spiegato, si poteva spremere molto di più dagli elementi di cui si compone la storia.

I disegni sono scarsini, ma come ho già detto migliaia di volte, non c'è bisogno di una grafica elaborata in una commedia. Curate, tuttavia, sono le rappresentazioni di alcuni ambienti: cosa inaspettata, questa, si vede che la Sensei aveva un po' di tempo da sprecare sui disegni.

Per concludere: nonostante sia una delle sue opere di debutto, "Hah Hah" dimostra che le tendenze che renderanno famosa Yuki Yoshihara e caratterizzeranno la sua intera produzione si erano affermate sin dal principio, nello stile della Sensei. Era ancora novizia, quando ha disegnato quest'opera, ma riesce nondimeno a strappare un sacco di risate. Consiglio questo manga a chi ama le commedie sexy, e, in senso più largo, a chi apprezza quel genere di storia che sfocia nella demenzialità pur di strappare un sorriso al lettore. A me ne ha strappati parecchi.