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8.0/10
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Bakuman è un manga commerciale. È ciò che si sente ripetere più frequentemente quando si ha a che fare con quest'opera ed è assolutamente vero. Bakuman nasce infatti sulla scia della popolarità dell'altra, arcinota opera del duo Ohba-Obata, Death Note, ed è fuori da alcun dubbio che senza questa spinta, senza questa iniziale certezza di attenzione mediatica, nessun editore si sarebbe mai arrischiato a pubblicare un'opera del genere, così di nicchia: un'opera che racconta del percorso compiuto da due ragazzini per diventare mangaka, mettendo contemporaneamente il pubblico a conoscenza dei meccanismi che muovono un'importante rivista come Weekly Shonen Jump e volendo allo stesso tempo risultare shonen, parrebbe impossibile sulla carta. E invece.

Bakuman è, senza mezzi termini, una delle opere più shonen mai uscite da Jump. Forse non ci saranno combattimenti fisici e nemmeno psicologici, ma gli autori si sfidano a colpi di sondaggi e popolarità, e i valori alla base dei manga più popolari di Jump (l'amicizia assoluta, l'amore puro fino a risultare ottuso e l'impegno totale a costo di farsi del male) ci sono tutti. Non necessariamente sono valori credibili o realistici (io, ad esempio, non li ritengo tali), ma è un fatto che siano perfettamente rappresentati in Bakuman, andando a caratterizzare con precisione lo spirito del manga.
Certo, per mio gusto personale ho fatto molta fatica ad accettare le parti da love comedy (ricordo ancora con orrore il volume 8 e il quadrilatero Takagi/Iwase/Aoki/Miyoshi), mentre ho apprezzato molto i vari manga esistenti nell'universo di Bakuman, nonché il fatto che le storyline di ciascun personaggio avessero lo stesso sapore del o dei manga scritti da quell'autore (penso alla demenzialità di Hiramaru, al concetto di storie di nicchia degli Ashirogi o ai personaggi "da uomini" di Fukuda). Il vero difetto però che mi sento di imputargli, più a livello di valori che di trama è l'eccessivo maschilismo di fondo, in base al quale l'unico sogno che Miyoshi può avere è quello di suo marito o il fatto che venga costantemente ripetuto, quasi come un mantra, che sono «cose da uomini», che una donna non può capire, visto che il suo obbiettivo nella vita è (cito a memoria) quello di farsi una famiglia e avere dei figli. Mi rendo pienamente conto che si tratta di un atteggiamento forse ascrivibile alla cultura media (e non solo giapponese) e accettabile da gran parte del pubblico di Jump ma, personalmente, lo trovo alquanto seccante.

Per quanto riguarda i personaggi, a fronte di macchiette e stereotipi che camminano come Nanamine, Kato o gli stessi Azuki e Mashiro, abbiamo grandi caratteri come l'indimenticabile Eiji Niizuma, personaggio completamente folle eppure sfaccettato e interessante, Akira Hattori, la necessaria figura paterna, per non parlare di Yoshida e Hiramaru, spassosi dalla prima all'ultima gag. Menzione d'onore anche per Takagi che, nonostante non spicchi particolarmente per originalità, è uno dei pochi protagonisti di uno shonen a ragionare con la testa e non con la pancia. Una rosa di personaggi, dunque, che rende piacevole e varia la lettura, ma che purtroppo cade qualche volta nel cliché.
Bakuman è quindi un manga interessante, in grado di appassionare e di farsi apprezzare per sé stesso, senza dover necessariamente rimanere nella scia di Death Note, limitandosi a prendere da quest'ultimo gli elementi più interessanti a livello narrativo (uno su tutti, lo scorrere realistico del tempo), ma senza dovergli nulla più che qualche omaggio, che sia un commento esplicito o la trama (e il finale, simile ma opposto) di Reversi, il manga con cui si avvera il sogno di Mashiro.
Dovendo dare un voto ragionato, lo piazzerei idealmente tra il sette e l'otto, ma nel momento in cui ho chiuso l'ultimo volume e terminato la lettura già sapevo che gli avrei dato un otto.