Recensione
"Namida Usagi" è un titolo consigliabile, soprattutto, ad un pubblico non solo giovane, ma anche molto romantico ed ingenuo. Insomma, non fa per me.
La storia di per sé non è male e scorre, ma risulta troppo banale. Tale banalità si coglie in ogni pagina, momento, personaggio o situazione che venga a crearsi. Tutto sa di già visto ed è una mera ripetizione (fatta maluccio) di miliardi di altri shojo.
Tra i due protagonisti, non so chi mi abbia irritato di meno. Lacrime e lacrime a profusione, istanti di gioia e felicità, solo per brevi istanti; per il resto, una tremenda ansia riecheggiava durante la lettura di tutta l'opera. Va bene che adolescenti alle prese con il primo amore siano un po' disorientati, ma non esageriamo! Momoka, in particolare, si presenta come un personaggio che, per vivere, necessita di continui ed infiniti drammi. Di conseguenza, la troviamo alle prese con problemi assurdi per ogni cosa, anche per la più insignificante sciocchezza.
Dov'è il sano e spensierato amore adolescenziale? Possibile che si debba continuamente scadere nella storia intrisa di angoscia, con la tragedia dietro l'angolo? Queste ed altre domande hanno attraversato la mia mente mentre sfogliavo, un po' svogliatamente, le pagine di "Namida Usagi". Mi chiedevo, ad esempio, se fosse davvero questo l'amore che sognano gli adolescenti, pieno di timori e turbamenti. Personalmente, sento di dovermi distaccare da questa visione, anche poco sana, a mio parere. A me è sempre piaciuto pensare all'amore come qualcosa di positivo che deve regalare gioia alla coppia. Certo, fa parte del gioco chiamato "amore" il fatto di crearsi tormenti dal nulla, ma è anche bello gettarsi tra le braccia della persona amata con fiducia e tenacia. I problemi esistono e sono importanti per crescere e dar vita ad un rapporto durevole e forte, ma è altrettanto importante vivere tutto con la dovuta consapevolezza. L'amore può non essere per sempre ed è giusto che sia così. Non si può vivere tutto con un senso di costante inquietudine. Inoltre, l'amore è qualcosa di bello e di puro, ma è fatto anche di momenti più rudi e la eccessiva stucchevolezza con cui sia affronta la storia in "Namida Usagi", è stancante.
I due protagonisti non riescono ad abbandonarsi l'uno all'altro in modo lieto e spensierato, si ritrovano sempre crucciati a causa di qualcosa o di qualcuno. Fantastici, invece, Akutsu e Kairi i quali riescono a vivere veramente il proprio amore, con quella leggiadria che dovrebbe dominare in un rapporto adolescenziale.
A ridonare un po' di luce ad una narrazione in tendenziale appiattimento, arriva il bel tenebroso Kuon. Questi dona al racconto una verve che, dall'inizio, è totalmente assente, ma la cosa dura poco e tutto torna ad una routine sfiancante. La sua venuta, però, mette ancora più in luce il fatto che i due protagonisti, anonimi come non mai, non presentino quelle caratteristiche necessarie per reggere la scena in solitaria. Lei con i suoi pianti eccessivi ed incomprensibili e lui con le sue ansie da giovane-vecchietto non riescono, da soli, ad intrattenere il lettore, trascinando l'opera verso lo scialbore che la caratterizza. Di fronte, poi, a personaggi più carismatici, quasi scompaiono.
Il cambio di look di Narumi, tra l'altro, è davvero inspiegabile. Un protagonista goffo e un po' bruttino avrebbe reso l'opera più interessante e diversa, se vogliamo. L'autrice, invece, ha preferito gettarsi in una discutibile trasformazione: da brutto anatroccolo a cigno. Un ragazzo fisicamente anonimo (ma, non per questo, poco intrigante) e schifato dalla donne, diviene improvvisamente un figaccione da rivista patinata, assalito dal gentil sesso ad ogni occasione utile. Il motivo di questa scelta non è ben spiegato (forse si vuole solo dare una ragione di turbamento in più per la, perennemente angosciata, Momoka), ma non convince.
In generale, tutto è troppo prevedibile, da manuale. Si abbandona, ben presto, la speranza di imbattersi in qualche segno di originalità che personalizzi l'opera. Durante la lettura, non ci si aspetta nulla di particolare da questo manga in cui tutto si ripete ad oltranza in modo monotono. Tra i piagnistei assillanti di Momoka e le paranoie da quattro soldi di Taka (la cui gelosia è davvero imbarazzante apparendo, a tratti, come un padre-padrone), la storia procede arrancando.
Il tratto stesso della autrice non salva l'opera da una strettissima sufficienza. Si tratta, difatti, del tipico disegno da shojo: occhioni enormi sempre grondanti fiumi di lacrime.
In fondo, però, si è stati coerenti con il titolo: "Namida" Usagi, no? Almeno questo..
La storia di per sé non è male e scorre, ma risulta troppo banale. Tale banalità si coglie in ogni pagina, momento, personaggio o situazione che venga a crearsi. Tutto sa di già visto ed è una mera ripetizione (fatta maluccio) di miliardi di altri shojo.
Tra i due protagonisti, non so chi mi abbia irritato di meno. Lacrime e lacrime a profusione, istanti di gioia e felicità, solo per brevi istanti; per il resto, una tremenda ansia riecheggiava durante la lettura di tutta l'opera. Va bene che adolescenti alle prese con il primo amore siano un po' disorientati, ma non esageriamo! Momoka, in particolare, si presenta come un personaggio che, per vivere, necessita di continui ed infiniti drammi. Di conseguenza, la troviamo alle prese con problemi assurdi per ogni cosa, anche per la più insignificante sciocchezza.
Dov'è il sano e spensierato amore adolescenziale? Possibile che si debba continuamente scadere nella storia intrisa di angoscia, con la tragedia dietro l'angolo? Queste ed altre domande hanno attraversato la mia mente mentre sfogliavo, un po' svogliatamente, le pagine di "Namida Usagi". Mi chiedevo, ad esempio, se fosse davvero questo l'amore che sognano gli adolescenti, pieno di timori e turbamenti. Personalmente, sento di dovermi distaccare da questa visione, anche poco sana, a mio parere. A me è sempre piaciuto pensare all'amore come qualcosa di positivo che deve regalare gioia alla coppia. Certo, fa parte del gioco chiamato "amore" il fatto di crearsi tormenti dal nulla, ma è anche bello gettarsi tra le braccia della persona amata con fiducia e tenacia. I problemi esistono e sono importanti per crescere e dar vita ad un rapporto durevole e forte, ma è altrettanto importante vivere tutto con la dovuta consapevolezza. L'amore può non essere per sempre ed è giusto che sia così. Non si può vivere tutto con un senso di costante inquietudine. Inoltre, l'amore è qualcosa di bello e di puro, ma è fatto anche di momenti più rudi e la eccessiva stucchevolezza con cui sia affronta la storia in "Namida Usagi", è stancante.
I due protagonisti non riescono ad abbandonarsi l'uno all'altro in modo lieto e spensierato, si ritrovano sempre crucciati a causa di qualcosa o di qualcuno. Fantastici, invece, Akutsu e Kairi i quali riescono a vivere veramente il proprio amore, con quella leggiadria che dovrebbe dominare in un rapporto adolescenziale.
A ridonare un po' di luce ad una narrazione in tendenziale appiattimento, arriva il bel tenebroso Kuon. Questi dona al racconto una verve che, dall'inizio, è totalmente assente, ma la cosa dura poco e tutto torna ad una routine sfiancante. La sua venuta, però, mette ancora più in luce il fatto che i due protagonisti, anonimi come non mai, non presentino quelle caratteristiche necessarie per reggere la scena in solitaria. Lei con i suoi pianti eccessivi ed incomprensibili e lui con le sue ansie da giovane-vecchietto non riescono, da soli, ad intrattenere il lettore, trascinando l'opera verso lo scialbore che la caratterizza. Di fronte, poi, a personaggi più carismatici, quasi scompaiono.
Il cambio di look di Narumi, tra l'altro, è davvero inspiegabile. Un protagonista goffo e un po' bruttino avrebbe reso l'opera più interessante e diversa, se vogliamo. L'autrice, invece, ha preferito gettarsi in una discutibile trasformazione: da brutto anatroccolo a cigno. Un ragazzo fisicamente anonimo (ma, non per questo, poco intrigante) e schifato dalla donne, diviene improvvisamente un figaccione da rivista patinata, assalito dal gentil sesso ad ogni occasione utile. Il motivo di questa scelta non è ben spiegato (forse si vuole solo dare una ragione di turbamento in più per la, perennemente angosciata, Momoka), ma non convince.
In generale, tutto è troppo prevedibile, da manuale. Si abbandona, ben presto, la speranza di imbattersi in qualche segno di originalità che personalizzi l'opera. Durante la lettura, non ci si aspetta nulla di particolare da questo manga in cui tutto si ripete ad oltranza in modo monotono. Tra i piagnistei assillanti di Momoka e le paranoie da quattro soldi di Taka (la cui gelosia è davvero imbarazzante apparendo, a tratti, come un padre-padrone), la storia procede arrancando.
Il tratto stesso della autrice non salva l'opera da una strettissima sufficienza. Si tratta, difatti, del tipico disegno da shojo: occhioni enormi sempre grondanti fiumi di lacrime.
In fondo, però, si è stati coerenti con il titolo: "Namida" Usagi, no? Almeno questo..