Recensione
Kenshin, Samurai Vagabondo
10.0/10
Recensione di Escawflone
-
Spettacolare, comico, violento, crudo, storico, insomma Rurouni Kenshin ha tutte le carte in regola per entrare di diritto tra le migliori opere del periodo. Kenshin Himura è un ex assassino della fine dello Shogunato, al servizio della rivolta, che contribuì all'inizio dell'era Meiji e che era così forte e pericoloso da diventare leggenda con il nome di Battosai. Il Kenshin all'inizio della nostra storia invece è un semplice samurai vagabondo che girovaga per il Giappone con la sua spada a lama invertita (con la quale non può più uccidere nessuno, per un suo voto fatto alla fine della guerra) per aiutare le persone in difficoltà. Arrivato a Tokyo, Kenshin fa la conoscenza della signorina Kaoru che lo accoglie in città con una bastonata in fronte. Questo a causa degli omicidi di un assassino durante la notte, che si presenta con il nome di Battosai e dichiara di provenire dalla palestra di appartenenza di Kaoru. Di conseguenza la giovane spadaccina dà la caccia all'assassino per riabilitare il nome della palestra lasciatagli dal padre defunto e dimostrare come questo Battosai non sia altro che un millantatore. E trovandosi di fronte a Kenshin, un samurai con addosso una spada, lo assale pensando che egli sia il Battosai infamatore. Per assurdo in realtà incontra proprio il vero Battosai, anche se inizialmente non lo capisce. Spuntato fuori anche il falso Battosai, è Kenshin a salvarla da morte certa schivando l'assalto del falso Battosai e successivamente per ringraziarlo e scusarsi di averlo assalito, Kaoru lo ospita nella sua palestra, palesando di essere molto attratta dal ragazzo dai capelli rossicci. La notte successiva Kaoru si ritrova di fronte il falso Battosai, insieme al fratello (che fino a quel momento si era spacciato per un domestico e amico di Kaoru) che la feriscono e la costringono a firmare l'atto di cessione della palestra, vero obiettivo del falso Battosai (che con i suoi omicidi e il nome leggendario dell'assassino, aveva fatto allontanare tutti i membri ed allievi della palestra proprio per perseguire tale scopo). Ma spunta Kenshin che si rivela essere il vero Battosai e mostra per la prima volta la sua espressione feroce, rivelando un istinto omicida spaventoso e in un istante stende tutti gli aggressori con la sua tecnica Batto (da cui deriva il suo soprannome, Battosai. Consiste nel rinfoderare la spada e estrarla successivamente al momento dell'affondo, ottenendo una velocità superiore al normale) ma non uccide nessuno grazie alla sua lama invertita che gli permette di combattere senza il timore di ferire mortalmente qualcuno, riuscendo al massimo a spezzargli le ossa. Battosai sconfigge anche il suo imitatore e salva Kaoru, strappando il contratto fatto firmare con la forza alla ragazza, salvando la palestra e scusandosi di non avergli rivelato prima chi fosse in realtà. Ma quando Kenshin fa per andarsene, Kaoru lo ferma e gli chiede di restare per aiutarla a rimettere in sesto la palestra, dichiarando di non star chiedendo a Battosai di rimanere ma al samurai vagabondo. Kenshin alla fine accetta e così inizia la nuova vita per il Ronin e per la giovane spadaccina. Un particolare davvero da apprezzare del manga sono i disegni e le espressioni, è incredibile come i disegnatori riescano facilmente a passare da momenti di quiete in cui i volti, gli occhi e in generale il disegno è semplice e rilassato a veri e propri exploit in cui vedono sguardi da veri assassini, espressioni da brivido e momenti in cui la suspence e la tensione è palpabile, il tutto mescolato benissimo senza rendere innaturale il passaggio tra il serioso e lo scherzoso e vice versa. Un plauso va anche ai dialoghi, semplici o complessi che siano, mai fini a se stessi e degni di nota. Anche ad alcuni personaggi vanno date delle note di merito enormi, uno su tutti è il cattivo della prima parte del manga, Makoto Shishio. Carismatico come pochi, costruito in un modo impeccabile e dalla forza smisurata senza apparire il classico cattivo forzatamente più forte del buono per classiche ragioni. Infatti Shishio non è un classico cattivo, come non lo è quasi nessuno dei cattivi presenti nel manga (di questo parlerò più avanti perché è un altro punto di vista che rende imperdibile il manga) ma è l'erede del ruolo di Battosai, il suo successore come assassino ombra. Infatti durante la guerra contro lo Shogunato, i comandanti chiedono a Kenshin di lasciare il suo ruolo di assassino ombra (ovvero killer che agiva dietro le quinte senza mai mostrarsi, uccidendo vari bersagli su ordine) per diventare l'assassino di prima linea, cioè colui che combatteva contro la shinsengumi (anch'essa descritta in modo perfetto nel manga) per coprire la ritirata oppure per tenere impegnati i loro samurai più forti. Il ruolo di assassino ombra va quindi a Shishio, che si rivela molto più forte di Battosai stesso, con enorme timore dei comandati e futuri membri del governo Meiji, che proprio per questo organizzeranno l'omicidio di Shishio sia per timore della sua forza che per liberarsi di un personaggio scomodo (avendo eliminato su loro ordine, tantissimi bersagli, per il governo Meiji, Shishio rappresentava un pericolo enorme a causa delle informazioni in suo possesso). L'agguato sembra riuscire, Shishio viene colpito alla fronte e viene bruciato vivo ma malgrado questo riesce a sopravvivere e ad organizzare la sua vendetta contro il governo, con l'obiettivo di instaurare un suo regime dove sarebbe valsa solo la legge della giungla (i forti vivono e i deboli muoiono, frase che lo stesso Shishio ripeterà continuamente per tutto il manga). Anche nello scontro finale tra i due, la forza di Shishio si rivelerà palesemente superiore a quella di Kenshin.
Il manga come detto, non ha veri cattivi e veri buoni salvo rare eccezioni. La caratteristica principale di quest'opera è il trovarsi perfettamente dentro un ambito storico reale senza diventare fasulla e senza svariare sul tema o cambiare dei fatti realmente accaduti. Ed è proprio per questo che i cattivi che compariranno nell'opera non saranno cattivi sbucati dal nulla ma conseguenze dirette della guerra dello shogunato e dell'operato non sempre pulito del governo Meiji. E' il caso di Jinne Udo, un altro assassino che si scontrerà con Kenshin e rivelerà in punto di morte proprio al Ronin di come anche in quell'epoca come prima, il governo stesso utilizzi gli assassini per risolvere problemi spinosi e che le sue azioni omicide non erano di sua iniziativa ma su preciso ordine sotto pagamento. Anche i cattivi successivi, come i sottoposti di Shishio, le dieci spade, saranno una conseguenza di azioni del governo Meiji e dell'operato durante la guerra. Al contrario di molte altre opere dove i governi del momento che richiedono aiuto ai protagonisti, vengono presentati come i buoni del caso, in questo caso non avviene, lo stesso Kenshin rimprovererà il governo per le sue azioni e lotteranno contro Shishio solamente perché il suo ideale di regime sarebbe significato condanna a morte certa per milioni di innocenti. La trama non è quella classica della cappa e della spada, ogni personaggio ad eccezione di quelli troppo giovani, ha un suo lato oscuro, un suo rancore e un suo istinto omicida che lo fa perseguire nel suo scopo e combattere ancora e ancora. Da apprezzare particolarmente anche diverse spiegazioni riguardanti l'uso della spada, l'uso di alcune tecniche (sebbene molto alla buona) e anche di avvenimenti storici riportati nel manga, compresi i più cruenti e controversi. Kenshin è un manga molto controverso, a dispetto del vero finale classicamente con il lieto fine, nella battaglia vera, quella al di fuori degli interessi personali, l'impressione finale che darà anche l'autore è che non sarà il bene a vincere alla fine e che lo stesso governo Meiji non abbia migliorato la vita del paese più di quanto non avesse fatto lo Shogunato. E alla fine il grande Battosai Kenshin, pur con tutta la sua incredibile forza, la sua bontà d'animo e il suo altruismo, si rivela nient'altro che una semplice goccia nell'oceano, incapace di cambiare veramente il mondo come invece tanti altri protagonisti riescono a fare alla fine delle proprie avventure. Un tocco di crudele realismo finale a un opera che davvero merita di essere letta dall'inizio alla fine.
Il manga come detto, non ha veri cattivi e veri buoni salvo rare eccezioni. La caratteristica principale di quest'opera è il trovarsi perfettamente dentro un ambito storico reale senza diventare fasulla e senza svariare sul tema o cambiare dei fatti realmente accaduti. Ed è proprio per questo che i cattivi che compariranno nell'opera non saranno cattivi sbucati dal nulla ma conseguenze dirette della guerra dello shogunato e dell'operato non sempre pulito del governo Meiji. E' il caso di Jinne Udo, un altro assassino che si scontrerà con Kenshin e rivelerà in punto di morte proprio al Ronin di come anche in quell'epoca come prima, il governo stesso utilizzi gli assassini per risolvere problemi spinosi e che le sue azioni omicide non erano di sua iniziativa ma su preciso ordine sotto pagamento. Anche i cattivi successivi, come i sottoposti di Shishio, le dieci spade, saranno una conseguenza di azioni del governo Meiji e dell'operato durante la guerra. Al contrario di molte altre opere dove i governi del momento che richiedono aiuto ai protagonisti, vengono presentati come i buoni del caso, in questo caso non avviene, lo stesso Kenshin rimprovererà il governo per le sue azioni e lotteranno contro Shishio solamente perché il suo ideale di regime sarebbe significato condanna a morte certa per milioni di innocenti. La trama non è quella classica della cappa e della spada, ogni personaggio ad eccezione di quelli troppo giovani, ha un suo lato oscuro, un suo rancore e un suo istinto omicida che lo fa perseguire nel suo scopo e combattere ancora e ancora. Da apprezzare particolarmente anche diverse spiegazioni riguardanti l'uso della spada, l'uso di alcune tecniche (sebbene molto alla buona) e anche di avvenimenti storici riportati nel manga, compresi i più cruenti e controversi. Kenshin è un manga molto controverso, a dispetto del vero finale classicamente con il lieto fine, nella battaglia vera, quella al di fuori degli interessi personali, l'impressione finale che darà anche l'autore è che non sarà il bene a vincere alla fine e che lo stesso governo Meiji non abbia migliorato la vita del paese più di quanto non avesse fatto lo Shogunato. E alla fine il grande Battosai Kenshin, pur con tutta la sua incredibile forza, la sua bontà d'animo e il suo altruismo, si rivela nient'altro che una semplice goccia nell'oceano, incapace di cambiare veramente il mondo come invece tanti altri protagonisti riescono a fare alla fine delle proprie avventure. Un tocco di crudele realismo finale a un opera che davvero merita di essere letta dall'inizio alla fine.