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7.0/10
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"La fantasia è un'ottima serva, ma una pessima padrona."
(Agatha Christie)

Alcuni autori danno l'impressione di essere i primi a ignorare quel che c'è dentro la loro testa. Junko Mizuno, invece, ha il problema opposto, o per meglio dire ha il problema di non sapersi regolare nel somministrare al lettore l'abnorme quantità di informazioni in suo possesso. Languorosamente stigio, pucciosamente ferino, amichevolmente licenzioso, mirificamente opulento: la carica di "Pure Trance" è tale che stiparla in un solo volume ha quasi il sentore di un atto contronatura. Ma la buffa e intransigente creatura che ho sulla spalla, e che risponde al nome di onestà intellettuale, mi impone di non giudicarlo unicamente sulla base delle intenzioni.

In un futuro più o meno prossimo, a seguito dell'ennesimo conflitto mondiale, la martoriata superficie terrestre non viene più considerata un buon habitat per gli esseri umani, che sono così costretti a ritirarsi nel sottosuolo. Alcuni scienziati contestano questo fatto e premono affinché vengano svolte ricerche approfondite, ma le varie pastoie burocratiche, unite a un superstizioso disinteresse per la questione, non permettono loro di reperire i consensi e le risorse necessarie per condurle di persona. L'endemica mancanza di cibo porta allo sviluppo di una pillola denominata Pure Trance, di cui col passare del tempo vengono prodotte sempre più varietà per dare a chi le consuma l'illusione di un pasto vero e proprio; nessuno però sembra potere o voler porre rimedio all'iperoressia che un'assunzione in dosi massicce causa alle giovani donne. Kaori, la principale eroina della nostra storia, lavora in una clinica-lager dove, invece di venire debellata, spesso e volentieri la dipendenza da queste capsule si aggrava al punto tale da portare le pazienti a un'orribile morte: tutta colpa dell'amorale direttrice Yamazaki, che con la sua gestione a dir poco scellerata - scorte di medicinali insufficienti, igiene disastrosa, staff sottopagato eccetera - ne ostacola in tutti i modi la guarigione. Stanca di subire soprusi e di vedere i propri sforzi costantemente vanificati, la ragazza decide di fuggire in superficie nella speranza di poter dare a quattro orfanelli un futuro migliore di quello che li attenderebbe se mai finissero tra le grinfie della Yamazaki, indiretta responsabile della morte delle loro madri e sempre alla ricerca di nuove cavie per i suoi raccapriccianti esperimenti.

Ho definito Kaori principale eroina e non protagonista perché, sebbene sia lei a mettere in moto la storia, la focalizzazione narrativa della stessa appare preminentemente di tipo zero, vale a dire corrispondente a una voce esterna e onnisciente. Dopo una prima parte introduttiva, e quindi più o meno lineare, l'intreccio si disgrega infatti in modo da permettere a differenti filoni di articolarsi in simultanea, per poi ricompattarsi giusto in tempo per un finale tutt'altro che malvagio ma, ahimè, funestato dal poco spazio rimasto; impossibile inoltre determinare in quanto tempo vengano cadenzati i vari avvenimenti dal momento che il manga è completamente privo di riferimenti temporali utili. È stata la prima volta che ho sentito il bisogno di leggere un volume unico a puntate a causa di tutte le informazioni da digerire, e per quanto il trip meritasse - credetemi, "viaggio" non rende l'idea - non posso dire che la cosa mi abbia fatto piacere.

La psicologia dei personaggi, ecco, vediamo... non è che posso cambiare pacco? Perché anche limitandomi a scavicchiare mi pare che non... ah, certo, capisco. No, no, si figuri. Anzi, scusi lei per aver chiesto. Dicevo, non sono sicura che quelli di "Pure Trance" possano essere considerati tali a tutti gli effetti, quanto piuttosto un gruppo eterogeneo di maschere in attesa di un upgrade che, purtroppo, avviene soltanto in pochissimi casi, e nemmeno tra i più interessanti. Mi rendo conto, tuttavia, che si sarebbe potuto fare di più soltanto a fronte di un impianto rivisto da cima a fondo, eventualità che francamente non so quanto avrebbe potuto giovare all'atmosfera del manga che ne costituisce, per l'appunto, la crema. Se i volumi fossero stati tre invece che uno se ne sarebbe anche potuto parlare, ma stando così le cose tanto vale far di necessità virtù.

L'irriverente voluttuosità dei disegni della Mizuno viene spesso paragonata a quella delle donne di Miss Van, artista francese sua coetanea, con la differenza che lo stile della prima vira decisamente sul cartoonesco (e poi vabbè, questa è una mia opinione personale, ma quelle facce tutte rincagnate non sono proprio gradevoli a vedersi). Le tavole sono forse un po' troppo affollate e la regia senz'altro ripetitiva, ma vale davvero la pena di concedersi del tempo per studiare le pagine più concitate - cioè la maggior parte - in modo da poterne apprezzare la dovizia di dettagli. Certo, i contenuti restano forti al di là della zuccherosità del tratto. C'è anche una discreta componente eroguro dovuta all'ambientazione a metà tra il fantascientifico e il distopico. Ma un conto è l'iperrealismo di un Maruo o di un Kago e un conto è questo splatter a suo modo simpatico e scanzonato.

Ricapitolando: l'universo narrativo che fa da teatro all'azione è interessante, ma il suo potenziale risulta scarsamente esplorato, con buona pace, si fa per dire, della spannung e dello scavo introspettivo; in compenso abbondano carisma e bona volontà. Sarebbe un 6,5 ma lo porto a 7 perché, date le circostanze, ritengo che la Mizuno abbia fatto dei nove capitoli a sua disposizione l'uso migliore che potesse. Da leggere con Emilie Autumn in sottofondo.