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7.5/10
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“Joker game” è una serie del 2016, composta da dodici episodi e classificabile come anime storico e di guerra, ma anche come opera drammatica, thriller, d’azione e mistero. Una storia completa sotto molti punti di vista, ma allo stesso tempo particolare e alternativa. Una vicenda che supera i classici schemi e vede la Seconda Guerra Mondiale (il periodo di tempo in cui è ambientata la vicenda) da una prospettiva originale: quella delle spie.

Tutto incomincia nel 1937, quando in Giappone viene fondata, per conto di un misterioso militare di nome Yuuki, un’agenzia di spionaggio, Agenzia-D, che investe nella creazione di spie all’altezza della situazione. A differenza dei soldati imperiali, il loro modo di vedere la guerra e interpretare il loro incarico è completamente opposto.
“Non uccidere, non morire.” Insomma, una filosofia di vita piuttosto particolare, che non sempre trova empatia con i piani alti dell’esercito.
Otto saranno le spie addestrate dall’Agenzia-D, otto semplici civili, che, dopo l’addestramento, impareranno a essere delle perfette spie. La loro identità viene cancellata e conosceranno le migliori tecniche per mentire, perfino tra di loro. Un gioco tortuoso e complicato, che mette a rischio la vita di questi otto uomini, ma che allo stesso tempo contribuirà a sostenere la patria durante gli anni futuri di guerra.

Subito dopo le prime due puntate, incomincia a delinearsi meglio lo stile di tale opera, che non mostra alcuna figura principale e punta tutto sul gruppo. Un gruppo di spie, però, che nel corso della serie verrà sparpagliato in ogni angolo del mondo, e le quali azioni ci verranno raccontate puntata dopo puntata (all’incirca una per spia).
L’assenza di un vero e proprio protagonista, d’altra parte, costituisce sia un pregio che un difetto. Ogni episodio mostra un punto di vista completamente differente, che rende tutta la situazione più dinamica e sfuggevole, essenziale per un racconto di spie. In fin dei conti in guerra non esiste un protagonista e un antagonista, e “Joker Game” riesce ad esprimere alla perfezione questo senso di caos generale.
Dall’altra parte, però, lo spettatore si trova piuttosto spaesato, privo di punti di riferimento, se non la figura emblematica e misteriosa di questo Yuuki, che aleggia su ogni puntata come un’ombra solitaria. I vari personaggi non riescono a ottenere una giusta caratterizzazione (a causa del poco tempo a loro disposizione), anche se, è giusto dirlo, il gran numero di figure presentate riesce comunque a esprimere una psicologia tutto sommato completa e coerente. Le otto spie, inizialmente presentate, non sempre fanno da protagoniste, ma, come da mestiere, spesso spuntano fuori all’ultimo secondo, rivelandoci un quadro generale che, fino a quel momento, pareva piuttosto complesso e vago.

La grafica è sicuramente uno dei punti forti dell’opera, con toni soffusi, che ricordano molto le atmosfere degli anni trenta. Molto buona la ricostruzione storica, capace di immergere realmente lo spettatore in un mondo morto ormai da più di settant’anni. La situazione politica e le mosse che compiono i personaggi delle varie nazioni rispecchiano alla perfezione, o quasi, atteggiamenti realistici e più che fattibili. Così come il paesaggio, il modo di comportarsi, ma anche più semplicemente la costruzione di paesini tipici, dalla Francia al Giappone. Spesso in anime di tal genere si cade su quel dettaglio che, all’apparenza, sembrava di poco conto, ma in realtà costituisce un tassello importantissimo per un’opera di stampo storico.
Concludo gli aspetti tecnici, esprimendo i miei complimenti per un doppiaggio curato e preciso, e una regia capace di dar ordine e tranquillità a una situazione che poteva cadere nel caos più totale.

Una delle poche pecche riscontrabili è, forse, l’andamento blando e rilassato, che può leggermente appesantire con il passare delle puntate. Non proprio un difetto, quanto piuttosto una conseguenza dello stile che si è scelto di dare a tale serie. Non esiste una trama, la storia va avanti pian piano, grazie al susseguirsi di situazioni diverse e apparentemente distaccate l’una dall’altra.
E così funziona fino all’ultima puntata, che conclude la serie, ma, in un certo senso, non chiude per nulla il sipario. I continui salti nel tempo tendono sempre a far oscillare la vicenda tra il 1937 e il 1940. Una sorta di limbo, in cui i protagonisti si muovono isolatamente, quasi ignari di ciò che accade al di là della loro missione. Con l’ultima puntata, tornano un po’ tutte le spie, ma niente di così particolare. Una veloce comparsa per salutare lo spettatore... niente di più.
“Joker Game” è una serie difficilmente inquadrabile: appassiona, ma a modo suo. Una storia sensazionale, raccontata da mille occhi, nascosti nell’ombra: spie.

Voto finale: 7 e mezzo