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9.0/10
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"Undertale" non è il capolavoro proclamato da giocatori e stampa specializzata. "Undertale" è un prodotto intelligente, che sfrutta al meglio le poche risorse a disposizione per veicolare un messaggio, che ha delle belle idee di gameplay, delle ottime musiche e una discreta caratterizzazione di ambientazioni e comprimari.

Potrei già chiudere qui il discorso, ma per trasformare il giudizio in una recensione mi toccherà argomentare. È un vero peccato perchè l'obiettivo del videogioco è sorprendere, spiazzare, spaventare; basta poco per rovinare la partita patrui, consiglio di saltare le prossime righe e scaricare la propria copia dal negozio di Steam, da giocare rigorosamente in inglese. "Undertale" è infatti intraducibile : se frasi tipo “better an hatter then an hater” non riuscite a capirle, o peggio a riderne, volgete lo sguardo altrove, perchè l'umorismo del gioco è fatto di pun.
Orbene, che v'è di originale in "Undertale", storia di un anonimo ragazzino/a precipitato nel mondo dei mostri? Innanzitutto, la tripartizione in route: "Undertale" è un gioco di ruolo a turni con elementi dating sim, ciò consentirà di affrontare la propria partita in:
- neutral route, uccidendo solo alcuni mostri e graziandone altri con la meccanica che verrà spiegata più avanti;
-genocyde route, facendo fuori tutti, ma proprio tutti i mostri disponibili in ciascuna area; questo percorso trasforma Undertale in un “normale” jrpg, ci permetterà di abbattere più facilmente i nemici ma al contempo “risveglierà” la natura violenta del protagonista;
-pacifist route, senza uccidere nessuno tramite i comandi “ACT” e “MERCY”. In "Undertale" , a differenza della maggior parte dei jrpg, è infatti possibile spendere turni per dialogare con i nemici o instaurare azioni con loro, come in un dating sim. Una volta conquistata la loro fiducia potremo “risparmiarli”, scelta che però non ci farà ottenere EXP (perchè non li avremo uccisi) e di conseguenza LOVE. Manco a dirlo è la route più difficile, poichè il protagonista sarà sempre vulnerabile ai nemici che, fra un turno e l'altro, si ostineranno ad attaccarlo in sessioni, va detto a tratti spettacolari, bullet hell. Come a dire che il dialogo è una soluzione ai conflitti onerosa rispetto alla violenza, ma anche più gratificante a lungo termine; difatti, a mio modestissimo avviso, il pacifist ending è il più ricco e completo del trio.

L'altro elemento di fascinazione di "Undertale" è la presenza di nascosti nella scrittura del gioco, che permettono al prodotto di “giocare” con noi (e con il nostro sistema operativo). Non posso davvero scrivere di più in merito, se non: ogni scelta compiuta avrà ripercussioni sui personaggi e sull'avventura , anche se si è ricaricato il salvataggio o questa risale a una partita precedente. Lettore avvisato, mezzo salvato...
Tolte di mezzo le disquisizioni sul gameplay, veniamo al cuore di "Undertale": storia e personaggi. Sono questi due fattori, in apparenza banali, ad elevare il gioco dalla massa degli indie e dei AAA “tutta grafica senz'anima”. La prima, pur di veicolare il messaggio di cui sopra, muta insieme alla risposta che daremo, con esiti a volte imprevedibili. I secondi non si limitano a risultare immediatamente memorabili e simpatici, con modi di dire e tic distintivi: se proviamo ad analizzarli in profondità possiamo scorgere in ciascuno di loro una radicata solitudine, il fastidio di venire a patti con le convenzioni sociali tipico del nostro tempo e in particolare dell'utenza internettiana. L'esempio eclatante in tal senso è la triceratopa Alphys, brillante quanto timida scienziata alla luce del sole, caustica stroncatrice di videogiochi brutti e cinica analista delle debolezze altrui all'ombra del suo nickname. Inevitabile assistere assieme divertiti e imbarazzati ai siparietti della coppia Sans & Papyrus (sì, come i font), all'eroismo di Undyne, alle preoccupazioni materne di Toriel o all'istrionismo di Mettaton.

"Undertale" non è semplicemente un bel gioco: è un'esperienza che va vissuta, nonostante gli ostacoli evidenti della lingua straniera e della grafica demodè. Capace di insinuare dei dubbi nel giocatore, in un'era di videogiochi che si limitano a fornire risposte e accontentare il cliente. Un indie sviluppato con i soldi di un kickstarter e la mente di una sola persona, con l'ambizione di toccare le corde dell'animo, o almeno di smuovere la coscienza di chi gioca, merita un voto alto e la mia raccomandazione; sperando, in futuro, anche quella di chi legge.