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“Ritratto di Famiglia con Tempesta” ha un titolo che rimanda immediatamente alla pittura, a una forma d’arte che, personalmente, associo poco ai film: quando penso al cinema, uno dei primi collegamenti che faccio riguarda la dinamicità delle immagini in movimento, qualcosa che la fotografia e, in senso lato, la pittura, non riescono a trasmettere con facilità. Ecco, il titolo italiano di questo film riesce a rendere bene l’idea di ciò che gli spettatori si accingono a vedere. La storia ha, infatti, uno sviluppo piuttosto lento. Anzi, si potrebbe quasi dire che non ha uno sviluppo vero e proprio. Il regista, che è anche sceneggiatore, ci catapulta sin da subito nelle dinamiche quotidiane della famiglia che fa da protagonista alla storia e ci fa assistere a una breve parentesi dell’esistenza di ogni suo membro.

Il protagonista della storia è Ryota, uno scrittore che, non riuscendo a completare la stesura della sua ultima fatica, si ritrova a lavorare part-time presso un’agenzia investigativa al fine di trarre ispirazione dalle vite della gente che dovrà pedinare e, perché no, guadagnare qualcosina in più. Il contatto con uno stile di vita completamente diverso da quello che aveva conosciuto fino ad allora gli permette di indagare più in profondità sui meandri della vita umana e, allo stesso tempo, lo porta ad assomigliare sempre più al tanto disprezzato padre, che aveva passato gran parte della sua vita scialacquando i risparmi e contraendo debiti a destra e a manca. Alle vicende legate alla sua carriera si affiancano quelle private: Ryota non riesce ad accettare il divorzio con la moglie, e l’inevitabile separazione dal figlio, e cerca in ogni modo di riavvicinarsi a loro, con risultati altalenanti. A completare il quadro, si inserisce la simpatica madre di Ryota: una donna che è stata costretta a fare tanti sacrifici a causa del marito, ma che nonostante ciò riesce tuttora a godere delle piccole gioie della vita quotidiana.

Ed è proprio la quotidianità a fare da perno all'interno dell’intero film. E non mi riferisco solamente alle azioni svolte dai protagonisti: le conversazioni risultano talmente naturali da far dimenticare, in certi punti, che si sta guardando un’opera ambientata in un Paese con una cultura e delle tradizioni completamente diverse dalle nostre. Lo spettatore stacca per due ore la spina e si dimentica di stare seduto comodamente a guardare un film; viene, invece, immerso nella realtà del film stesso, accompagnando Ryota nelle sue (dis)avventure, l’ultima delle quali che ci viene mostrata è proprio quella tempesta che dà il titolo all'opera e che permetterà a questa sgangherata famiglia di riunirsi e, finalmente, confrontarsi.

“Ritratto di Famiglia con Tempesta” è un'opera lenta, delicata, e con un tocco di malinconia che, a parer mio, insaporisce il tutto: è una riflessione sull'accettazione del presente senza rimpiangere il passato né rincorrere il futuro. Il regista, in un’intervista, ha espresso il desiderio che gli spettatori possano ritrovare, all'interno dei suoi film, un riflesso della propria esistenza: personalmente, trovo che sia riuscito nel suo intento e penso valga la pena di dedicare un paio d’ore del proprio tempo per godersi quest’opera e viverla insieme ai protagonisti.