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7.5/10
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La storia parte col botto e prosegue a ritmi velocissimi, impressionanti, nonostante la fitta verbosità dei vari capitoli. Perché, sì, se fisicamente è un manga molto "statico", con ben poca azione, lo sviluppo della trama in Death Note si dipana senza lasciare molto tempo al lettore per riprendere fiato. Punti di forza principali, oltre ai dialoghi scritti da Oba e ai disegni del maestro Obata, gli importanti dilemmi morali e i personaggi: Light e L, su tutti, sono a dir poco memorabili, sia singolarmente che presi insieme, nel loro rapporto. Senza tralasciare gli shinigami e il loro mondo, ma anche lo stesso quaderno della morte: far reggere un'intera opera di dodici volumi - che potrebbero sembrare pochi, ma no, non lo sono affatto - attorno a un oggetto tanto comune (all'apparenza) quanto letale (nella sostanza), è un'impresa realizzata con perizia da Oba. Però non è tutto rose e fiori per Death Note.
Dicevo della partenza col botto e del gran ritmo di narrazione; ecco, quest'ultimo, attorno al numero 7, comincia a rallentare e, nel complesso, a rendere più fiacco il resto della storia. Subentrano quindi in maniera un po' troppo improvvisa dei personaggi che hanno senza dubbio un carisma decisamente inferiore a quelli precedenti. Un calo dannoso alla valutazione dell'intero manga, eppure motivato e ben comprensibile: una coraggiosissima scelta che, alla fine, comunque sia, Oba riesce a ben gestire.
In questa seconda parte, insomma, il manga vive di fiammate, alcune davvero sconvolgenti, per approdare a un finale azzeccatissimo e che lascia il segno.
In conclusione, a mio modesto parere, Death Note non è un capolavoro ma sicuramente un'opera di alto livello e di assoluto spessore, che tutti dovrebbero leggere (o almeno provare).