Recensione
A Certain Magical Index II
5.5/10
Non è mai scattato il feeling tra me e il brand “A Certain Magical Index”, tanto da rendere estremamente complicata la visione complessiva di tutte le ventiquattro puntate finali della seconda stagione, dopo un tour de force iniziato con le due serie spin-off “To Aru Railgun” e proseguito con la prima parte della saga principale. Non nego che il mio giudizio sia stato pesantemente influenzato dalle ottime aspettative iniziali per un prodotto rinomato nell’ambiente shounen. Non mi aspettavo di trovare un capolavoro, ma almeno una sequenza di episodi godibili, dai buoni ritmi e dall’adeguata miscela di ironia, azione, trama e personaggi interessanti. Ho trovato invece estremamente lento e lacunoso lo sviluppo della storia, penalizzata oltremodo dalla staticità complessiva dei tanti personaggi coinvolti.
Rispetto alla stagione I, in “A Certain Magical Index II” s’intravede la forma archetipica di un nemico comune identificato nella Chiesa Cattolica. Sarebbe un passo avanti, se non fosse che il dipinto tracciato del Vaticano e dei suoi uomini lasci alquanto a desiderare. I virgulti di San Pietro non spiccano per intelligenza e sembrano più saltimbanchi (vedi le suore con gli zatteroni, ecc.) utili a far numero e a consentire al protagonista di sferrare un po’ di pugni risolutivi. La mancanza di un ‘cattivo’ credibile penalizza la costruzione logica di un nesso fra i diversi archi narrativi, il cui trait d’union residuale s’identifica nell’accenno a quelle ipotesi di complotto che aleggiano nell’aere senza sfociare in nulla di concreto. Ne risulta una sceneggiatura indefinita, spezzettata, dove risalta ancor di più il principale difetto che, a mio parere, contraddistingue tutti i prodotti del brand: la qualità non eccelsa dei personaggi. Tranne una paio di rari casi (Accellerator e Tsuchikimado), vi è un’assoluta mancanza di crescita degli alfieri della serie. L’approfondimento delle loro componenti psicologiche e caratteriali è completamente assente e l’epitome di ciò è l’evoluzione della stessa Index. Nel corso delle quarantotto puntate colei che dovrebbe essere l’eroina principale non solo non dà seguito al potenziale intravisto nella sua presentazione iniziale, ma subisce una pesante involuzione, fino a renderla una comprimaria a tratti irritante e, da ultimo, una macchietta fanservice senza arte né parte.
A salvare parzialmente il prodotto finale è l’ultimo arco narrativo, dove spicca il personaggio di Accellerator, l’unico in possesso di un retaggio valoriale particolare e atipico. Il numero uno tra gli ESP di Gakuen Toshi è il solo a compiere un viaggio introspettivo e a ritornarne evoluto, pur mantenendo i tratti peculiari del suo carattere iniziale. Lo tsundere dai capelli bianchi si candida ad essere un potenziale protagonista di una futura serie o di uno specifico spin-off.
Rispetto alla stagione I, in “A Certain Magical Index II” s’intravede la forma archetipica di un nemico comune identificato nella Chiesa Cattolica. Sarebbe un passo avanti, se non fosse che il dipinto tracciato del Vaticano e dei suoi uomini lasci alquanto a desiderare. I virgulti di San Pietro non spiccano per intelligenza e sembrano più saltimbanchi (vedi le suore con gli zatteroni, ecc.) utili a far numero e a consentire al protagonista di sferrare un po’ di pugni risolutivi. La mancanza di un ‘cattivo’ credibile penalizza la costruzione logica di un nesso fra i diversi archi narrativi, il cui trait d’union residuale s’identifica nell’accenno a quelle ipotesi di complotto che aleggiano nell’aere senza sfociare in nulla di concreto. Ne risulta una sceneggiatura indefinita, spezzettata, dove risalta ancor di più il principale difetto che, a mio parere, contraddistingue tutti i prodotti del brand: la qualità non eccelsa dei personaggi. Tranne una paio di rari casi (Accellerator e Tsuchikimado), vi è un’assoluta mancanza di crescita degli alfieri della serie. L’approfondimento delle loro componenti psicologiche e caratteriali è completamente assente e l’epitome di ciò è l’evoluzione della stessa Index. Nel corso delle quarantotto puntate colei che dovrebbe essere l’eroina principale non solo non dà seguito al potenziale intravisto nella sua presentazione iniziale, ma subisce una pesante involuzione, fino a renderla una comprimaria a tratti irritante e, da ultimo, una macchietta fanservice senza arte né parte.
A salvare parzialmente il prodotto finale è l’ultimo arco narrativo, dove spicca il personaggio di Accellerator, l’unico in possesso di un retaggio valoriale particolare e atipico. Il numero uno tra gli ESP di Gakuen Toshi è il solo a compiere un viaggio introspettivo e a ritornarne evoluto, pur mantenendo i tratti peculiari del suo carattere iniziale. Lo tsundere dai capelli bianchi si candida ad essere un potenziale protagonista di una futura serie o di uno specifico spin-off.