Recensione
Kanon (2006)
8.5/10
Dopo aver curato l’anime di “Air”, la Kyoto Animation torna ad occuparsi della trasposizione animata di un'altra visual novel della Key: nel 2006 nasce così “Kanon”, serie di ventiquattro episodi diretta da Tatsuya Ishihara (regista dello stesso “Air” e in seguito de “La Malinconia di Haruhi Suzumiya” e di “Clannad”) e remake dell’opera realizzata nel 2002 dalla Toei Animation.
La trama vede come protagonista Yuuichi Aizawa, liceale che dopo sette anni fa ritorno nella città in cui era solito trascorrere le vacanze da bambino. Qui il ragazzo viene accolto da sua zia Akiko e dalla cugina Nayuki, sua vecchia compagna di giochi. Per qualche strana ragione, Yuuichi non ha ricordi di ciò che gli successe in passato: l’incontro con Ayu Tsukimiya, però, gli riporterà alla memoria quello che ha col tempo dimenticato.
Se l’anime del 2002 in tredici episodi trattava i vari eventi in maniera troppo sbrigativa, il “Kanon” del 2006 con circa il doppio delle puntate si prende tutto il tempo per farci ambientare nel mondo di Yuuichi e raccontarci la sua storia con la giusta delicatezza. Uno dei punti di forza che ho sempre apprezzato nelle opere dello studio, infatti, è la capacità di trasformare scene di vita quotidiana all’apparenza inutili in un’esperienza dolce e piacevole che difficilmente riesce ad annoiare lo spettatore. Sebbene nei primi sette episodi non accada niente di clamoroso, l’intrattenimento del pubblico è comunque un successo grazie alla particolare atmosfera che si viene a creare, alla dovuta introduzione che si riserva ai personaggi e alla sana comicità di cui il nostro protagonista è il re indiscusso.
Una volta che la trama ha ingranato, e che si è dato il via al primo dei vari archi in cui l’anime è suddiviso, ci vengono mostrati i tanti elementi che, nel bene o nel male, contraddistinguono un po’ tutte le opere nate dalla mente di Jun Maeda e compagni. Tra questi si annovera innanzitutto l’ottima introspezione di cui sono oggetto quasi tutti i membri del cast, dato che ogni eroina che Yuuichi incontrerà avrà la propria storia da raccontare. In ognuna di esse è possibile riscontrare un tema portante, ovvero lo scorrere inesorabile del tempo che cambia inevitabilmente le tante cose a cui eravamo abituati e che spesso ci preclude di continuare a vivere appropriatamente la nostra vita; “Kanon” ci mostra che anche chi rimane fortemente ancorato al passato, desiderando che tutto si trasformi gradualmente e che rimanga allo stesso tempo immutato, può ricominciare a guardare al futuro.
Altre costanti delle visual novel della Key sono sicuramente l’alta dose di drammaticità e gli happy ending che vanno a controbilanciarla: se da una parte il susseguirsi di eventi tragici può risultare parecchio forzato, dall’altra il sopraggiungere di miracoli gratuiti non può che suscitare, forse in misura anche più elevata, la medesima impressione. La svendita di felicità e bei sentimenti si può rintracciare anche nell’eccessivo buonismo di alcuni personaggi, tra tutti la madre di Nayuki, che accoglie in casa umani e animali senza alcun ritorno personale.
Passando al lato tecnico, il character design curato stavolta da Kazumi Ikeda potrebbe far storcere il naso a molti per via dei consueti occhioni che occupano buona parte del viso; tuttavia, se confrontato a quello della serie del 2002, non può che considerarsi una manna dal cielo (guardare Yuuichi in faccia adesso non è più una tortura). Come la Kyoto Animation ci abituerà negli anni seguenti, disegni e animazioni si attestano su standard qualitativi elevati per tutta la durata dell’anime; gli sfondi sono realizzati superbamente, mentre la fotografia ci permette di imprimerci nella memoria la luce arancione del tramonto in cui si incontrano Yuuichi e Ayu o quella blu della notte di cui è protagonista la tenebrosa Mai. La colonna sonora è la stessa della visual novel e si compone di tracce iconiche quali “Shoujo no Ori”, “Yakusoku” o “2 Steps Toward”. Da ricordare anche la serafica opening “Last Regrets” e la più vivace ending “Kaze no Tadoritsu Basho”. Encomiabile inoltre il lavoro dei doppiatori, in particolare quello di Tomokazu Sugita, che nelle scene comiche rende Yuuichi più esilarante che mai.
Tirando le somme, la delicata atmosfera di “Kanon”, i suoi personaggi e la superba realizzazione tecnica della KyoAni non possono che rimanere nel cuore dello spettatore; peccato però per i soliti difetti tipici delle opere della Key che ne intaccano leggermente il valore complessivo.
La trama vede come protagonista Yuuichi Aizawa, liceale che dopo sette anni fa ritorno nella città in cui era solito trascorrere le vacanze da bambino. Qui il ragazzo viene accolto da sua zia Akiko e dalla cugina Nayuki, sua vecchia compagna di giochi. Per qualche strana ragione, Yuuichi non ha ricordi di ciò che gli successe in passato: l’incontro con Ayu Tsukimiya, però, gli riporterà alla memoria quello che ha col tempo dimenticato.
Se l’anime del 2002 in tredici episodi trattava i vari eventi in maniera troppo sbrigativa, il “Kanon” del 2006 con circa il doppio delle puntate si prende tutto il tempo per farci ambientare nel mondo di Yuuichi e raccontarci la sua storia con la giusta delicatezza. Uno dei punti di forza che ho sempre apprezzato nelle opere dello studio, infatti, è la capacità di trasformare scene di vita quotidiana all’apparenza inutili in un’esperienza dolce e piacevole che difficilmente riesce ad annoiare lo spettatore. Sebbene nei primi sette episodi non accada niente di clamoroso, l’intrattenimento del pubblico è comunque un successo grazie alla particolare atmosfera che si viene a creare, alla dovuta introduzione che si riserva ai personaggi e alla sana comicità di cui il nostro protagonista è il re indiscusso.
Una volta che la trama ha ingranato, e che si è dato il via al primo dei vari archi in cui l’anime è suddiviso, ci vengono mostrati i tanti elementi che, nel bene o nel male, contraddistinguono un po’ tutte le opere nate dalla mente di Jun Maeda e compagni. Tra questi si annovera innanzitutto l’ottima introspezione di cui sono oggetto quasi tutti i membri del cast, dato che ogni eroina che Yuuichi incontrerà avrà la propria storia da raccontare. In ognuna di esse è possibile riscontrare un tema portante, ovvero lo scorrere inesorabile del tempo che cambia inevitabilmente le tante cose a cui eravamo abituati e che spesso ci preclude di continuare a vivere appropriatamente la nostra vita; “Kanon” ci mostra che anche chi rimane fortemente ancorato al passato, desiderando che tutto si trasformi gradualmente e che rimanga allo stesso tempo immutato, può ricominciare a guardare al futuro.
Altre costanti delle visual novel della Key sono sicuramente l’alta dose di drammaticità e gli happy ending che vanno a controbilanciarla: se da una parte il susseguirsi di eventi tragici può risultare parecchio forzato, dall’altra il sopraggiungere di miracoli gratuiti non può che suscitare, forse in misura anche più elevata, la medesima impressione. La svendita di felicità e bei sentimenti si può rintracciare anche nell’eccessivo buonismo di alcuni personaggi, tra tutti la madre di Nayuki, che accoglie in casa umani e animali senza alcun ritorno personale.
Passando al lato tecnico, il character design curato stavolta da Kazumi Ikeda potrebbe far storcere il naso a molti per via dei consueti occhioni che occupano buona parte del viso; tuttavia, se confrontato a quello della serie del 2002, non può che considerarsi una manna dal cielo (guardare Yuuichi in faccia adesso non è più una tortura). Come la Kyoto Animation ci abituerà negli anni seguenti, disegni e animazioni si attestano su standard qualitativi elevati per tutta la durata dell’anime; gli sfondi sono realizzati superbamente, mentre la fotografia ci permette di imprimerci nella memoria la luce arancione del tramonto in cui si incontrano Yuuichi e Ayu o quella blu della notte di cui è protagonista la tenebrosa Mai. La colonna sonora è la stessa della visual novel e si compone di tracce iconiche quali “Shoujo no Ori”, “Yakusoku” o “2 Steps Toward”. Da ricordare anche la serafica opening “Last Regrets” e la più vivace ending “Kaze no Tadoritsu Basho”. Encomiabile inoltre il lavoro dei doppiatori, in particolare quello di Tomokazu Sugita, che nelle scene comiche rende Yuuichi più esilarante che mai.
Tirando le somme, la delicata atmosfera di “Kanon”, i suoi personaggi e la superba realizzazione tecnica della KyoAni non possono che rimanere nel cuore dello spettatore; peccato però per i soliti difetti tipici delle opere della Key che ne intaccano leggermente il valore complessivo.