Recensione
Banana Fish
8.5/10
Recensione di zettaiLara
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"Banana Fish" giunge da molto lontano.
Associare colei che ha creato "Banana Fish" alle delicate atmosfere di Umimachi Diary - Our Little Sister, probabilmente non sarebbe il nostro primo pensiero. Qualcuno potrà avere riconosciuto il medesimo taglio introspettivo tra le due opere, forse. E' abbastanza probabile tuttavia che quando in Occidente, ed in particolare in Italia, è giunto dapprima il film Umimachi Diary - Little Sister di Hirokazu Koreeda e poi il relativo manga per la casa editrice Star Comics, con il titolo Our little Sister - Diario di Kamakura, siano stati in pochi a ricordare la mangaka Akimi Yoshida per il suo manga più famoso.
Eppure "Banana Fish" è uno di quei manga che nel nostro Paese ci sono arrivati, pubblicato da Planet Manga tra il 2002 ed il 2005 mantenendosi fedele agli originali tankobon giapponesi, oltre che per il senso di lettura, anche per la stampa su una peculiare carta giallastra.
Poi, però, più nulla. Fino a quando, nel 2018, Studio Mappa (Yuri!!! on Ice) annuncia l'intenzione di trarre una serie animata dal capolavoro della Yoshida, modernizzato in primo luogo attraverso l'ambientazione al tempo attuale, anziché negli anni '80 della storia originale, oltre che naturalmente nella grafica ed altri elementi costitutivi: la serie fa parte in effetti dei progetti legati al 40° anniversario dal debutto della Yoshida come mangaka ed è la prima volta che l'opera originale viene trasposta in animazione, pur avendo già ispirato in precedenza diversi adattamenti teatrali.
Ed è così che, trailer dopo trailer, "Banana Fish" diviene immediatamente una delle serie più attese, più viste e più discusse dell'anno, vuoi per la strizzata d'occhi al pubblico femminile con la tematica boys' love, vuoi per le adrenaliniche aspettative su una storia ambientata nella Grande Mela, con il suo carico di malavita, di frenesia e di affascinante, gravida malinconia.
L'anime è stato trasmesso da Fuji TV nell'apprezzato contenitore NoitaminA dal 5 luglio al 20 dicembre 2018 per un totale di 24 episodi complessivi, e diffuso a livello globale in streaming da parte di Amazon Prime Video, Italia compresa.
Difficile, in effetti, guardare l'anime e ricondurre "Banana Fish" alle sue origini di shojo manga, pubblicato sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic di Shogakukan dal 1985 al 1994 in 19 tankobon.
E' proprio questa, tuttavia, la grandezza celata dietro ai manga capaci di trascendere il tempo e i generi, in grado di farsi apprezzare da un pubblico ben più ampio a quello cui sono destinati in origine, grazie all'abilità dei loro autori ed alla dimensione ancora più universale di una trasposizione animata, che ne disgrega i confini in maniera persino più dirompente.
In primo luogo non si può, dunque, cercare di incasellare "Banana Fish" negli angusti confini di una storia drammatico-sentimentale rivolta alle ragazze, perché nel farlo non ne coglieremmo appieno la multi-dimensionalità.
Intrisa di violenza psicologica prima che fisica, di venature shounen ai e di risvolti thriller, la drammatica storia che prende il via con la pronuncia del nome in codice "Banana Fish" è stata capace di soggiogare l'attenzione di ben più che uno stuolo di fanciulle, e questo grazie ad una sapiente miscela di elementi ben resi nella trasposizione in animazione.
"Ritorna sano e salvo.Io sarò qui ad aspettarti, per sempre." Eiji Okumura
Un uomo viene ucciso a sangue freddo in un vicolo di New York ma, prima di spirare, consegna al giovane Ash una sostanza misteriosa pronunciando le parole "Banana Fish": quest'ultime non sono nuove al ragazzo, sono le uniche che riesce a pronunciare suo fratello, ridotto a un vegetale dopo il rientro dal fronte in Iraq.
Frattanto, anche il giornalista Shun'ichi Ibe e il diciannovenne Eiji Okumura si recano in città per un reportage sulle gang della Grande Mela, facendo così la conoscenza del giovane Ash Lynx, capelli biondi, occhi di giada e viso angelico, nonché carismatico leader di una fedele banda di criminali di strada.
Fuggito di casa da bambino, è stato adottato e allevato come erede, scagnozzo e giocattolino sessuale del "padre" Dino Golzine, il signore dei crimini dei Corsican della East Coast. All'età ribelle di 17 anni, Ash rinuncia al regno di potere e ricchezze del diavolo che l'ha cresciuto, preferendo attenersi ad un codice 'morale' che sente più suo, ma il padre non intende lasciare andare né lui né il segreto che cade tra le mani del giovane.
E' proprio questo il momento in cui Eiji e Ibe giungono a New York. I due giapponesi si ritrovano all'improvviso coinvolti nel mistero vortice di avidità, orgoglio e lussuria legato a "Banana Fish", che Ash è determinato a svelare ad ogni costo.
"Banana Fish" non fa sconti a nessuno, tanto allo spettatore quanto ai personaggi che s'incontrano e scontrano nel corso delle tante, spericolate vicende.
D'altronde riesce facile a quest'anime instillare le emozioni più variegate nello spettatore, dallo spavento al sollievo, dalla sorpresa alla costante curiosità, finanche al terrore ed al disgusto.
Già durante i primi momenti s'intuisce che affezionarsi alle storie dei protagonisti e dei tanti e ben caratterizzati comprimari può essere rischioso; e tuttavia è impossibile non ritrovarsi col fiato sospeso alla fine di ciascun episodio, e rincorrere il successivo quasi col medesimo fiatone e con l'angoscia del candido Eiji, o con la tensione che serpeggia lieve, ma tangibile ed inesorabile, dietro le spalle di Ash.
Il biondo protagonista calamita su di sé l'attenzione di chiunque, volente o nolente: vittima di un tragico passato che lo lega a Papa Dino Golzine, artefice di svariati disperati tentativi di affrancarsene, è proprio attorno al carisma di Ash che gravitano tutti i personaggi che entrano ed escono dalla storia, ciascuno col proprio carico di intenti da perseguire, ognuno svelando in tale ottica personalità sempre ben caratterizzate, nonché ottimamente calibrate all'interno della narrazione.
Impossibile dunque pensare a "Banana Fish" senza i tanti uomini che ne fanno il gioco, dal brav'uomo e giornalista Max Lobo al fido braccio destro di Ash Shorter Wong, dai clan cinesi guidati da Yut-Lung al giovane Sing che ne emerge successivamente, dal perfido e crudele Arthur ai medici e agli affiliati di 'casa' Golzine, al cecchino Blanca, sino a colui che Ash arriverà a desiderare di proteggere persino più dello scandalo in cui esploderà Banana Fish, Eiji.
Tanto può far immaginare la relazione che s'instaura tra i due ragazzi, imbrigliati tra le maglie di un mondo ben più ingiusto e severo di quello che alla loro giovane età si dovrebbe poter mostrare loro.
Ma più che immaginare, è sufficiente guardare con discrezione il modo in cui Ash ed Eiji s'interfacciano, per comprendere che non è necessario esprimere a voce alta ciò che gli occhi e i gesti raccontano con assai più naturalezza.
Nella vita di Ash qualcuno come Eiji non era atteso, né tanto meno desiderato; in quella di Eiji una trasvolata a New York non era nemmeno prevedibile. Eppure accade, come accade ogniqualvolta due mondi opposti si sfiorano forse anche accidentalmente e anziché passare oltre, si soffermano a guardarsi, si scoprono curiosi, s'interrogano l'uno nell'altro e vi trovano rifugio.
Così diversi, un americano e un giapponese, tanto sfacciato il primo quanto candido e ingenuo il secondo, l'uno biondo e l'altro moro, un ragazzino cresciuto troppo in fretta in mezzo a troppe violenze di fronte a un promettente atleta stroncato sul nascere.
Così uguali, nel bisogno di avere qualcuno nelle cui fragilità rispecchiarsi per farsi forti, con cui ridere di un pasto e sulla cui spalla potersi lasciare andare, oltre ogni maschera e paura.
Ash, il cui nome di battesimo è Aslan ovvero 'alba' in ebraico e 'leone' in lingua turca, è una fiera che graffia per difendere il suo clan, una bestia che uccide senza pietà per poter sopravvivere, un giovane uomo dotato di così tanti talenti da poter brillare come il sole, e al pari del sole brucia chiunque si azzardi ad arrivare troppo vicino.
Aslan Jade Callenreese è, al pari della pietra preziosa della giada, una creatura bella e dannata ferita da più mani, nella cui oscurità nessuno può avere accesso per davvero. Nessuno tranne Eiji.
In un'amicizia nata per caso che si fa più stringente ed intima man mano che le peripezie avvicinano i due protagonisti, Eiji diventa per Ash un rassicurante padre e una madre dolcissima, un figlio da proteggere e un fratello cui insegnare le cose, l'amico di sempre e l'unico confidente, amante nel senso più intimo del termine, quello di quando ogni fibra del proprio tormentato essere volge verso un'unica direzione, sempre la stessa, nel profondo.
D'altronde è forse la stessa autrice del manga a suggerirci una chiave di lettura in tal senso per tramite dei caratteri con cui ne viene scritto il cognome: Okumura è in giapponese 奥村, ad indicare il luogo più intimo e profondo di un villaggio, di una casa, ma anche i veri sentimenti di un cuore, i recessi più segreti e nascosti dell'animo. Tutto ciò che Ash non ha mai ricevuto dalle persone in diciassette anni di tormentata vita lo ritrova all'improvviso, inaspettatamente condensato in un'unica figura, quella di Eiji, la cui già sola presenza si fa salvifica.
Tutto ciò che Eiji mai avrebbe creduto di dover apprendere sulla vita lo vede su Ash, cui si aggrappa non per rimanere in piedi, bensì per non lasciarlo più cadere.
"Non sei solo. Io sono al tuo fianco. La mia anima è sempre con te." Eiji Okumura
Certamente il contesto in cui si muove la storia di "Banana Fish" non si presta a rossori e tanto meno a batticuori in salsa sentimentale, ma questo non significa che l'amore e gli affetti non ne rappresentino una chiave di lettura importante, se non fondamentale. E' ad esempio proprio l'assenza d'amore a determinare il nodo nel cuore e la sete di vendetta di Li Yut-Lung, splendidamente doppiato da Jun Fukuyama nel ritrarre una figura in antitesi ad Ash: così simile a lui in bellezza e fine intelletto, così agli opposti nel modo di interagire con le tante persone che li circondano e di cui si servono.
Yut-Lung non è che qualcuno che brilla di luce riflessa, come suggerisce anche qui il carattere cinese Yue 月, ovvero luna, nel suo nome: una luce opaca che lo fa vivere nell'ombra della potente famiglia prima, e dell'invidia nei confronti dell'astro luminoso di Ash poi. E' attraverso la sua figura, indubbiamente fascinosa ma fredda e priva di ogni calore umano, che intuiamo ciò che Ash sarebbe stato, se non avesse capito come imparare ad amare, nonostante tutto.
E' il percorso che Ash compie nell'apprendere che è l'amore ad andare al di sopra di ogni cosa, a fare la differenza, a dispetto di una giovinezza rubatagli al prezzo della sua anima.
"Quando lui mi è vicino... la sua gentilezza, la sua onestà, il suo calore scorrono dritte dentro me. Mi rende completo." Ash Lynx
Nel corso delle vicende che porteranno Ash da New York sino all'altro capo del continente americano, passando per terre desolate, grattacieli e periferie sordide, conosciamo anche la famiglia biologica del protagonista e i relativi strascichi, e sino agli ultimi episodi apprendiamo nuovi elementi su quella sorta di famiglia a 'casa Golzine' che poi l'ha cresciuto, sfruttandolo come giocattolo sessuale e allevandolo al contempo alla stregua di un fine stratega politico, sognando un giorno di farne l'erede designato di un immenso e potente impero.
Ash, però, sceglie una famiglia che vive sulla strada, quella dei ragazzi che guida per le vie più malfamate della città, rifuggendo il denaro, il potere e le falsità a beneficio di rapporti interpersonali sgraziati eppur ben più sinceri. Nel fare questo, Ash sceglie inconsapevolmente di vivere, di proteggere, di amare, ed è una decisione che dopo l'incontro con Eiji si sublima potenzialmente fino al sacrificio più grande, perché niente conta di più che sapere, nel cuore, che chi si ama può continuare ad aprire gli occhi al mondo, a sorridere e a restituire calore.
"Banana Fish" si conclude infine con una serie di episodi incredibilmente intensi, ed il finale della storia serra il fiato nella gola, con una sequenza commovente, luminosa e quasi poetica, superbamente resa in animazione.
"Banana Fish" è dunque una storia complessa ma completa, che si destreggia tra tematiche spinose quali la mafia e la corruzione, l'avidità, gli esperimenti sull'uomo, la droga e la pedofilia, gli abusi su minori ma anche il disturbo psicologico e comportamentale che da quest'ultime derivano sul piano fisico, anche a distanza di anni.
E' una serie che, come già detto, viene raccontata ponderando l'azione alla strategia, e inframmezzando entrambe per mezzo di pochi ma sagaci momenti di sottile umorismo, e talora di vivace commedia, tanto brevi quanto essenziali a spezzare un ritmo diversamente non così a lungo insostenibile.
I cliffhanger si susseguono senza esclusione di colpi, i momenti di status quo non durano che pochi minuti, spesso intrisi di pathos, introspezione e non di rado di una dolcezza che risalta ancor più chiaramente nel bel mezzo della tensione degli eventi.
Scopriamo il segreto del nome in codice 'Banana Fish' per mezzo dell'intervento di tanti personaggi, mai troppi invero, uno più carismatico dell'altro indipendentemente dall'essere figure che agiscano nell'ombra del potere piuttosto che per far luce su scomode verità. E' una storia costruita perlopiù attorno a figure maschili, tratteggiate a tutto tondo tanto nel delineare i protagonisti quanto sui comprimari, il cui ruolo oltre che essere funzionale allo svolgimento delle vicende, contribuisce ad alimentare il fascino di colui attorno al quale tutto ruota, il protagonista indiscusso Ash.
"NON VOLEVO CHE MI VEDESSI COSI'!!" Ash Lynx
Magistrale in tal senso è anche il lavoro svolto a livello di doppiaggio, con un Yūma Uchida capace di ben infondere ulteriore carisma ad Ash mediante una voce grintosa ma sempre pulita, che sa farsi melliflua e vellutata, oppure ridere cristallina solo in determinati ma preziosi e brillanti attimi.
Accanto a Uchida i colleghi non sfigurano di certo, con la dolce voce di Kenji Nojima (Mamoru Chiba in Sailor Moon Crystal) su Eiji, Makoto Furukawa (Saitama in One Punch Man) su Shorter Wong, il ruvido Yoshimasa Hosoya su Arthur, Hiroaki Hirata su Max, oltre al compianto Unshō Ishizuka su Papa Dino, scomparso proprio nell'agosto dell'anno 2018.
Interpretazioni quindi tutte ben azzeccate, e sul fronte musicale rileviamo altrettanto con la colonna sonora di Shin'ichi Osawa sempre all'altezza, e sigle di apertura e chiusura che si fanno ricordare a distanza di tempo: la serie si apre con la ritmata "found & lost" degli Survive Said The Prophet per gli episodi da 1 a 13, quindi con l'intensa e più introspettiva "Freedom" dei Blue Encount per gli episodi da 14 a 24. In chiusura abbiamo la malinconica "Prayer X" dei King Gnu per gli episodi da 1 a 13 e la profetica e struggente "Red", ancora una volta della più bella sorpresa della stagione, gli Survive Said The Prophet per gli episodi da 14 a 23.
Fitti ma sempre intensi i dialoghi sceneggiati e supervisionati da Hiroshi Seko (Ajin, Mob Psycho 100, Inuyashiki Last Hero) di concerto con la regista Hiroko Utsumi (Free!), cui va una menzione per le efficaci scelte operate sui primi piani dei volti dei personaggi, nonché delle loro mani e dei relativi movimenti.
Ben curati i disegni, costanti in qualità senza mai una sbavatura, dai colori vividi, intensi e luminosi; il character design di Akemi Hayashi (Fruits Basket, Peacemaker, Doukyusei -Compagni di classe-) ammorbidisce inoltre il tratto all'epoca un po' spigoloso dall'autrice, regalando ad esempio ad Eiji un volto dal sorriso dolcissimo e a Ash una bellezza ultraterrena.
Difficile non menzionare inoltre anche il citazionismo che parte proprio dal titolo originale "Banana Fish", ispirato dal racconto "Un giorno ideale per i pescibanana" di J. D. Salinger, che viene ripreso anche nella titolazione degli episodi, specchi quanto mai fedeli del loro contenuto.
A fronte di così tanta carne al fuoco, c'è comunque qualche sbavatura che non consente di elevare "Banana Fish" al rango di capolavoro senza tempo. In un contesto dalle aspettative elevate, anche piccole pecche appaiono in concreto più evidenti, per quanto non si tratti invero di mancanze grossolane, bensì di elementi che trasposti in maniera diversa avrebbero forse reso questa serie animata qualcosa di ancor più accattivante.
Una pecca la registra proprio la storia: avviatasi speditamente nella prima metà della serie con il suo alternarsi di sparatorie, inseguimenti, trappole, duelli alla mezzogiorno di fuoco, rapimenti, esplosioni, caccia all'uomo, evasioni rocambolesche, battaglie di strategia e quant'altro, a partire dalla seconda metà da' segni di cedimento e si avvita un po' su sé stessa, facendosi leggermente ripetitiva nel suo schema per un numero un po' eccessivo di episodi, durante i quali per assurdo si smarrisce per strada il filo degli avvenimenti.
Inoltre, non manca qualche forzatura relativa al protagonista Ash, che se da un lato passa agevolmente dal ruolo di Rambo a quello di sexy infermiera, dall'altro rimane il solo ed unico a doversi immolare per una causa più grande di lui e ricercare le soluzioni apparentemente impossibili; questo si traduce nei fatti con il protagonista vittima, seppur ad onor del vero mostrate in maniera sempre piuttosto discreta, di ripetute sevizie fisiche e sessuali ad opera degli uomini più disparati, tutti indiscriminatamente e irrimediabilmente da lui attratti.
Non può essere in tal senso la venatura shounen ai a giustificare un accanimento privo certamente di voyeurismo, ma che talora fa comunque inarcare qualche sopracciglio.
Avvincente, ingarbugliato, adrenalinico ed emozionante, capace di mettere d'accordo il pubblico più disparato intrattenendo a lungo e con efficacia: "Banana Fish" è un viaggio non facile all'interno di un mondo greve ed oscuro, eppure reso quanto mai piacevole da animazioni fluide, fondali azzeccati, cast e musiche di livello e personaggi che lasciano un segno indelebile.
Nel suo libro "Dreamland Japan" l'americano Frederik L. Schodt definiva il manga originale come "uno dei pochi shōjo manga che un uomo può leggere senza vergognarsi"; potremmo rovesciare la citazione a specchio sull'anime, perché "Banana Fish" potrebbe essere "quell'anime che in tanti possono guardare e apprezzare senza farsi troppi riguardi", e difficilmente cadremmo in errore.
"Banana Fish" è una serie su cui si può raccontare tanto, e non sarebbe comunque tutto, o nemmeno abbastanza.
E' una storia che, nel suo far discutere dei tanti spinosi temi che affronta, attira meritatamente l'attenzione su di sé. E non ci lascerà andare se non dopo averci spiazzati e fatti a pezzi, letteralmente, a più riprese.
Associare colei che ha creato "Banana Fish" alle delicate atmosfere di Umimachi Diary - Our Little Sister, probabilmente non sarebbe il nostro primo pensiero. Qualcuno potrà avere riconosciuto il medesimo taglio introspettivo tra le due opere, forse. E' abbastanza probabile tuttavia che quando in Occidente, ed in particolare in Italia, è giunto dapprima il film Umimachi Diary - Little Sister di Hirokazu Koreeda e poi il relativo manga per la casa editrice Star Comics, con il titolo Our little Sister - Diario di Kamakura, siano stati in pochi a ricordare la mangaka Akimi Yoshida per il suo manga più famoso.
Eppure "Banana Fish" è uno di quei manga che nel nostro Paese ci sono arrivati, pubblicato da Planet Manga tra il 2002 ed il 2005 mantenendosi fedele agli originali tankobon giapponesi, oltre che per il senso di lettura, anche per la stampa su una peculiare carta giallastra.
Poi, però, più nulla. Fino a quando, nel 2018, Studio Mappa (Yuri!!! on Ice) annuncia l'intenzione di trarre una serie animata dal capolavoro della Yoshida, modernizzato in primo luogo attraverso l'ambientazione al tempo attuale, anziché negli anni '80 della storia originale, oltre che naturalmente nella grafica ed altri elementi costitutivi: la serie fa parte in effetti dei progetti legati al 40° anniversario dal debutto della Yoshida come mangaka ed è la prima volta che l'opera originale viene trasposta in animazione, pur avendo già ispirato in precedenza diversi adattamenti teatrali.
Ed è così che, trailer dopo trailer, "Banana Fish" diviene immediatamente una delle serie più attese, più viste e più discusse dell'anno, vuoi per la strizzata d'occhi al pubblico femminile con la tematica boys' love, vuoi per le adrenaliniche aspettative su una storia ambientata nella Grande Mela, con il suo carico di malavita, di frenesia e di affascinante, gravida malinconia.
L'anime è stato trasmesso da Fuji TV nell'apprezzato contenitore NoitaminA dal 5 luglio al 20 dicembre 2018 per un totale di 24 episodi complessivi, e diffuso a livello globale in streaming da parte di Amazon Prime Video, Italia compresa.
Difficile, in effetti, guardare l'anime e ricondurre "Banana Fish" alle sue origini di shojo manga, pubblicato sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic di Shogakukan dal 1985 al 1994 in 19 tankobon.
E' proprio questa, tuttavia, la grandezza celata dietro ai manga capaci di trascendere il tempo e i generi, in grado di farsi apprezzare da un pubblico ben più ampio a quello cui sono destinati in origine, grazie all'abilità dei loro autori ed alla dimensione ancora più universale di una trasposizione animata, che ne disgrega i confini in maniera persino più dirompente.
In primo luogo non si può, dunque, cercare di incasellare "Banana Fish" negli angusti confini di una storia drammatico-sentimentale rivolta alle ragazze, perché nel farlo non ne coglieremmo appieno la multi-dimensionalità.
Intrisa di violenza psicologica prima che fisica, di venature shounen ai e di risvolti thriller, la drammatica storia che prende il via con la pronuncia del nome in codice "Banana Fish" è stata capace di soggiogare l'attenzione di ben più che uno stuolo di fanciulle, e questo grazie ad una sapiente miscela di elementi ben resi nella trasposizione in animazione.
"Ritorna sano e salvo.Io sarò qui ad aspettarti, per sempre." Eiji Okumura
Un uomo viene ucciso a sangue freddo in un vicolo di New York ma, prima di spirare, consegna al giovane Ash una sostanza misteriosa pronunciando le parole "Banana Fish": quest'ultime non sono nuove al ragazzo, sono le uniche che riesce a pronunciare suo fratello, ridotto a un vegetale dopo il rientro dal fronte in Iraq.
Frattanto, anche il giornalista Shun'ichi Ibe e il diciannovenne Eiji Okumura si recano in città per un reportage sulle gang della Grande Mela, facendo così la conoscenza del giovane Ash Lynx, capelli biondi, occhi di giada e viso angelico, nonché carismatico leader di una fedele banda di criminali di strada.
Fuggito di casa da bambino, è stato adottato e allevato come erede, scagnozzo e giocattolino sessuale del "padre" Dino Golzine, il signore dei crimini dei Corsican della East Coast. All'età ribelle di 17 anni, Ash rinuncia al regno di potere e ricchezze del diavolo che l'ha cresciuto, preferendo attenersi ad un codice 'morale' che sente più suo, ma il padre non intende lasciare andare né lui né il segreto che cade tra le mani del giovane.
E' proprio questo il momento in cui Eiji e Ibe giungono a New York. I due giapponesi si ritrovano all'improvviso coinvolti nel mistero vortice di avidità, orgoglio e lussuria legato a "Banana Fish", che Ash è determinato a svelare ad ogni costo.
"Banana Fish" non fa sconti a nessuno, tanto allo spettatore quanto ai personaggi che s'incontrano e scontrano nel corso delle tante, spericolate vicende.
D'altronde riesce facile a quest'anime instillare le emozioni più variegate nello spettatore, dallo spavento al sollievo, dalla sorpresa alla costante curiosità, finanche al terrore ed al disgusto.
Già durante i primi momenti s'intuisce che affezionarsi alle storie dei protagonisti e dei tanti e ben caratterizzati comprimari può essere rischioso; e tuttavia è impossibile non ritrovarsi col fiato sospeso alla fine di ciascun episodio, e rincorrere il successivo quasi col medesimo fiatone e con l'angoscia del candido Eiji, o con la tensione che serpeggia lieve, ma tangibile ed inesorabile, dietro le spalle di Ash.
Il biondo protagonista calamita su di sé l'attenzione di chiunque, volente o nolente: vittima di un tragico passato che lo lega a Papa Dino Golzine, artefice di svariati disperati tentativi di affrancarsene, è proprio attorno al carisma di Ash che gravitano tutti i personaggi che entrano ed escono dalla storia, ciascuno col proprio carico di intenti da perseguire, ognuno svelando in tale ottica personalità sempre ben caratterizzate, nonché ottimamente calibrate all'interno della narrazione.
Impossibile dunque pensare a "Banana Fish" senza i tanti uomini che ne fanno il gioco, dal brav'uomo e giornalista Max Lobo al fido braccio destro di Ash Shorter Wong, dai clan cinesi guidati da Yut-Lung al giovane Sing che ne emerge successivamente, dal perfido e crudele Arthur ai medici e agli affiliati di 'casa' Golzine, al cecchino Blanca, sino a colui che Ash arriverà a desiderare di proteggere persino più dello scandalo in cui esploderà Banana Fish, Eiji.
Tanto può far immaginare la relazione che s'instaura tra i due ragazzi, imbrigliati tra le maglie di un mondo ben più ingiusto e severo di quello che alla loro giovane età si dovrebbe poter mostrare loro.
Ma più che immaginare, è sufficiente guardare con discrezione il modo in cui Ash ed Eiji s'interfacciano, per comprendere che non è necessario esprimere a voce alta ciò che gli occhi e i gesti raccontano con assai più naturalezza.
Nella vita di Ash qualcuno come Eiji non era atteso, né tanto meno desiderato; in quella di Eiji una trasvolata a New York non era nemmeno prevedibile. Eppure accade, come accade ogniqualvolta due mondi opposti si sfiorano forse anche accidentalmente e anziché passare oltre, si soffermano a guardarsi, si scoprono curiosi, s'interrogano l'uno nell'altro e vi trovano rifugio.
Così diversi, un americano e un giapponese, tanto sfacciato il primo quanto candido e ingenuo il secondo, l'uno biondo e l'altro moro, un ragazzino cresciuto troppo in fretta in mezzo a troppe violenze di fronte a un promettente atleta stroncato sul nascere.
Così uguali, nel bisogno di avere qualcuno nelle cui fragilità rispecchiarsi per farsi forti, con cui ridere di un pasto e sulla cui spalla potersi lasciare andare, oltre ogni maschera e paura.
Ash, il cui nome di battesimo è Aslan ovvero 'alba' in ebraico e 'leone' in lingua turca, è una fiera che graffia per difendere il suo clan, una bestia che uccide senza pietà per poter sopravvivere, un giovane uomo dotato di così tanti talenti da poter brillare come il sole, e al pari del sole brucia chiunque si azzardi ad arrivare troppo vicino.
Aslan Jade Callenreese è, al pari della pietra preziosa della giada, una creatura bella e dannata ferita da più mani, nella cui oscurità nessuno può avere accesso per davvero. Nessuno tranne Eiji.
In un'amicizia nata per caso che si fa più stringente ed intima man mano che le peripezie avvicinano i due protagonisti, Eiji diventa per Ash un rassicurante padre e una madre dolcissima, un figlio da proteggere e un fratello cui insegnare le cose, l'amico di sempre e l'unico confidente, amante nel senso più intimo del termine, quello di quando ogni fibra del proprio tormentato essere volge verso un'unica direzione, sempre la stessa, nel profondo.
D'altronde è forse la stessa autrice del manga a suggerirci una chiave di lettura in tal senso per tramite dei caratteri con cui ne viene scritto il cognome: Okumura è in giapponese 奥村, ad indicare il luogo più intimo e profondo di un villaggio, di una casa, ma anche i veri sentimenti di un cuore, i recessi più segreti e nascosti dell'animo. Tutto ciò che Ash non ha mai ricevuto dalle persone in diciassette anni di tormentata vita lo ritrova all'improvviso, inaspettatamente condensato in un'unica figura, quella di Eiji, la cui già sola presenza si fa salvifica.
Tutto ciò che Eiji mai avrebbe creduto di dover apprendere sulla vita lo vede su Ash, cui si aggrappa non per rimanere in piedi, bensì per non lasciarlo più cadere.
"Non sei solo. Io sono al tuo fianco. La mia anima è sempre con te." Eiji Okumura
Certamente il contesto in cui si muove la storia di "Banana Fish" non si presta a rossori e tanto meno a batticuori in salsa sentimentale, ma questo non significa che l'amore e gli affetti non ne rappresentino una chiave di lettura importante, se non fondamentale. E' ad esempio proprio l'assenza d'amore a determinare il nodo nel cuore e la sete di vendetta di Li Yut-Lung, splendidamente doppiato da Jun Fukuyama nel ritrarre una figura in antitesi ad Ash: così simile a lui in bellezza e fine intelletto, così agli opposti nel modo di interagire con le tante persone che li circondano e di cui si servono.
Yut-Lung non è che qualcuno che brilla di luce riflessa, come suggerisce anche qui il carattere cinese Yue 月, ovvero luna, nel suo nome: una luce opaca che lo fa vivere nell'ombra della potente famiglia prima, e dell'invidia nei confronti dell'astro luminoso di Ash poi. E' attraverso la sua figura, indubbiamente fascinosa ma fredda e priva di ogni calore umano, che intuiamo ciò che Ash sarebbe stato, se non avesse capito come imparare ad amare, nonostante tutto.
E' il percorso che Ash compie nell'apprendere che è l'amore ad andare al di sopra di ogni cosa, a fare la differenza, a dispetto di una giovinezza rubatagli al prezzo della sua anima.
"Quando lui mi è vicino... la sua gentilezza, la sua onestà, il suo calore scorrono dritte dentro me. Mi rende completo." Ash Lynx
Nel corso delle vicende che porteranno Ash da New York sino all'altro capo del continente americano, passando per terre desolate, grattacieli e periferie sordide, conosciamo anche la famiglia biologica del protagonista e i relativi strascichi, e sino agli ultimi episodi apprendiamo nuovi elementi su quella sorta di famiglia a 'casa Golzine' che poi l'ha cresciuto, sfruttandolo come giocattolo sessuale e allevandolo al contempo alla stregua di un fine stratega politico, sognando un giorno di farne l'erede designato di un immenso e potente impero.
Ash, però, sceglie una famiglia che vive sulla strada, quella dei ragazzi che guida per le vie più malfamate della città, rifuggendo il denaro, il potere e le falsità a beneficio di rapporti interpersonali sgraziati eppur ben più sinceri. Nel fare questo, Ash sceglie inconsapevolmente di vivere, di proteggere, di amare, ed è una decisione che dopo l'incontro con Eiji si sublima potenzialmente fino al sacrificio più grande, perché niente conta di più che sapere, nel cuore, che chi si ama può continuare ad aprire gli occhi al mondo, a sorridere e a restituire calore.
"Banana Fish" si conclude infine con una serie di episodi incredibilmente intensi, ed il finale della storia serra il fiato nella gola, con una sequenza commovente, luminosa e quasi poetica, superbamente resa in animazione.
"Banana Fish" è dunque una storia complessa ma completa, che si destreggia tra tematiche spinose quali la mafia e la corruzione, l'avidità, gli esperimenti sull'uomo, la droga e la pedofilia, gli abusi su minori ma anche il disturbo psicologico e comportamentale che da quest'ultime derivano sul piano fisico, anche a distanza di anni.
E' una serie che, come già detto, viene raccontata ponderando l'azione alla strategia, e inframmezzando entrambe per mezzo di pochi ma sagaci momenti di sottile umorismo, e talora di vivace commedia, tanto brevi quanto essenziali a spezzare un ritmo diversamente non così a lungo insostenibile.
I cliffhanger si susseguono senza esclusione di colpi, i momenti di status quo non durano che pochi minuti, spesso intrisi di pathos, introspezione e non di rado di una dolcezza che risalta ancor più chiaramente nel bel mezzo della tensione degli eventi.
Scopriamo il segreto del nome in codice 'Banana Fish' per mezzo dell'intervento di tanti personaggi, mai troppi invero, uno più carismatico dell'altro indipendentemente dall'essere figure che agiscano nell'ombra del potere piuttosto che per far luce su scomode verità. E' una storia costruita perlopiù attorno a figure maschili, tratteggiate a tutto tondo tanto nel delineare i protagonisti quanto sui comprimari, il cui ruolo oltre che essere funzionale allo svolgimento delle vicende, contribuisce ad alimentare il fascino di colui attorno al quale tutto ruota, il protagonista indiscusso Ash.
"NON VOLEVO CHE MI VEDESSI COSI'!!" Ash Lynx
Magistrale in tal senso è anche il lavoro svolto a livello di doppiaggio, con un Yūma Uchida capace di ben infondere ulteriore carisma ad Ash mediante una voce grintosa ma sempre pulita, che sa farsi melliflua e vellutata, oppure ridere cristallina solo in determinati ma preziosi e brillanti attimi.
Accanto a Uchida i colleghi non sfigurano di certo, con la dolce voce di Kenji Nojima (Mamoru Chiba in Sailor Moon Crystal) su Eiji, Makoto Furukawa (Saitama in One Punch Man) su Shorter Wong, il ruvido Yoshimasa Hosoya su Arthur, Hiroaki Hirata su Max, oltre al compianto Unshō Ishizuka su Papa Dino, scomparso proprio nell'agosto dell'anno 2018.
Interpretazioni quindi tutte ben azzeccate, e sul fronte musicale rileviamo altrettanto con la colonna sonora di Shin'ichi Osawa sempre all'altezza, e sigle di apertura e chiusura che si fanno ricordare a distanza di tempo: la serie si apre con la ritmata "found & lost" degli Survive Said The Prophet per gli episodi da 1 a 13, quindi con l'intensa e più introspettiva "Freedom" dei Blue Encount per gli episodi da 14 a 24. In chiusura abbiamo la malinconica "Prayer X" dei King Gnu per gli episodi da 1 a 13 e la profetica e struggente "Red", ancora una volta della più bella sorpresa della stagione, gli Survive Said The Prophet per gli episodi da 14 a 23.
Fitti ma sempre intensi i dialoghi sceneggiati e supervisionati da Hiroshi Seko (Ajin, Mob Psycho 100, Inuyashiki Last Hero) di concerto con la regista Hiroko Utsumi (Free!), cui va una menzione per le efficaci scelte operate sui primi piani dei volti dei personaggi, nonché delle loro mani e dei relativi movimenti.
Ben curati i disegni, costanti in qualità senza mai una sbavatura, dai colori vividi, intensi e luminosi; il character design di Akemi Hayashi (Fruits Basket, Peacemaker, Doukyusei -Compagni di classe-) ammorbidisce inoltre il tratto all'epoca un po' spigoloso dall'autrice, regalando ad esempio ad Eiji un volto dal sorriso dolcissimo e a Ash una bellezza ultraterrena.
Difficile non menzionare inoltre anche il citazionismo che parte proprio dal titolo originale "Banana Fish", ispirato dal racconto "Un giorno ideale per i pescibanana" di J. D. Salinger, che viene ripreso anche nella titolazione degli episodi, specchi quanto mai fedeli del loro contenuto.
A fronte di così tanta carne al fuoco, c'è comunque qualche sbavatura che non consente di elevare "Banana Fish" al rango di capolavoro senza tempo. In un contesto dalle aspettative elevate, anche piccole pecche appaiono in concreto più evidenti, per quanto non si tratti invero di mancanze grossolane, bensì di elementi che trasposti in maniera diversa avrebbero forse reso questa serie animata qualcosa di ancor più accattivante.
Una pecca la registra proprio la storia: avviatasi speditamente nella prima metà della serie con il suo alternarsi di sparatorie, inseguimenti, trappole, duelli alla mezzogiorno di fuoco, rapimenti, esplosioni, caccia all'uomo, evasioni rocambolesche, battaglie di strategia e quant'altro, a partire dalla seconda metà da' segni di cedimento e si avvita un po' su sé stessa, facendosi leggermente ripetitiva nel suo schema per un numero un po' eccessivo di episodi, durante i quali per assurdo si smarrisce per strada il filo degli avvenimenti.
Inoltre, non manca qualche forzatura relativa al protagonista Ash, che se da un lato passa agevolmente dal ruolo di Rambo a quello di sexy infermiera, dall'altro rimane il solo ed unico a doversi immolare per una causa più grande di lui e ricercare le soluzioni apparentemente impossibili; questo si traduce nei fatti con il protagonista vittima, seppur ad onor del vero mostrate in maniera sempre piuttosto discreta, di ripetute sevizie fisiche e sessuali ad opera degli uomini più disparati, tutti indiscriminatamente e irrimediabilmente da lui attratti.
Non può essere in tal senso la venatura shounen ai a giustificare un accanimento privo certamente di voyeurismo, ma che talora fa comunque inarcare qualche sopracciglio.
Avvincente, ingarbugliato, adrenalinico ed emozionante, capace di mettere d'accordo il pubblico più disparato intrattenendo a lungo e con efficacia: "Banana Fish" è un viaggio non facile all'interno di un mondo greve ed oscuro, eppure reso quanto mai piacevole da animazioni fluide, fondali azzeccati, cast e musiche di livello e personaggi che lasciano un segno indelebile.
Nel suo libro "Dreamland Japan" l'americano Frederik L. Schodt definiva il manga originale come "uno dei pochi shōjo manga che un uomo può leggere senza vergognarsi"; potremmo rovesciare la citazione a specchio sull'anime, perché "Banana Fish" potrebbe essere "quell'anime che in tanti possono guardare e apprezzare senza farsi troppi riguardi", e difficilmente cadremmo in errore.
"Banana Fish" è una serie su cui si può raccontare tanto, e non sarebbe comunque tutto, o nemmeno abbastanza.
E' una storia che, nel suo far discutere dei tanti spinosi temi che affronta, attira meritatamente l'attenzione su di sé. E non ci lascerà andare se non dopo averci spiazzati e fatti a pezzi, letteralmente, a più riprese.