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Quando ho terminato la lettura del quarto e ultimo volume di Home, Sweet Home! sul mio volto si è dipinta un'espressione di stupore incredulo e poi una di lieve delusione. La sensazione è stata quella di aver assistito a un'occasione sprecata oppure, usando una metafora scolastica, di trovarmi di fronte al classico esempio di "alunno intelligente ma che non si applica". Così l'ho riletto e, pur confermando in sostanza la prima impressione, ho avuto modo di riflettere meglio su alcune scelte dell'autrice e sebbene i difetti di sceneggiatura restino, il senso di delusione è in parte svanito.

Il manga Home, Sweet Home!, edito da Panini Comics in 4 volumi, racconta in 27 capitoli la storia di un gruppo di studenti che vive ad Aoshima. Su questa piccola isola gli abitanti conoscono a malapena i motivi per cui da cinque anni in Giappone imperversa una guerra disperata contro un nemico ignoto. Poco o nulla si sa di quello che accade sulla terraferma, se non che gli adulti che sono stati richiamati al fronte non sono più tornati.
All'improvviso però la situazione cambia: alle normali lezioni si aggiunge ogni venerdì, alla quinta ora, la guerra come materia. Gli studenti sono chiamati spesso a coppie per andare a combattere direttamente in prima linea. Le reazioni sono le più disparate: c'è chi come Reina, appena fuggita da Tokyo come sfollata, è colta da una crisi nervosa, chi come Kihoku vuole rendersi utile alla causa, chi come Sekizen spera di riuscire a raccogliere informazioni per capire contro chi e perché si sta combattendo.

E poi ci sono Saku Futami e Miyako Aishima, i protagonisti della storia (anche se è comunque un racconto molto corale) che sono subito dichiarati non idonei alla guerra e per questo non saranno mai spediti al fronte. Nonostante le rimostranze, soprattutto di Saku, non viene spiegato assolutamente nulla ai due ragazzi che dovranno fare i conti con questa strana decisione.
E fin qui tutto bene a livello di trama: nei primi tre volumi si creano tensione e pathos, sono gettati qua e là degli indizi, dei semi da cui poter trarre poi le conclusioni negli ultimi capitoli. I personaggi, nonostante siano in molti, sono comunque approfonditi abbastanza bene, considerando anche che sono solo 4 volumi (seppure l'ultimo più corposo dei precedenti). Scopriamo il loro passato, le loro ferite, capiamo i loro comportamenti, ci affezioniamo e soffriamo quando combattono contro i loro demoni o più semplicemente cercano di mettere insieme un pasto decente per i loro cari.

Il problema sorge a metà dell'ultimo volume quando di punto in bianco ci sono fornite tutte le spiegazioni e seppure non facciano proprio acqua da tutte le parti, lasciano perlomeno perplessi. Non ho intenzione di fare spoiler, quindi cercherò di giustificare le mie critiche restando sul vago. Ritengo però che condensare il perché di 5 anni di guerra in una quindicina di pagine non possa essere assolutamente sufficiente a soddisfare il lettore. Quanto meno non ha soddisfatto me, soprattutto dopo la prima lettura.
Così ho deciso di lasciar sedimentare il tutto per una settimana e poi ho ripreso in mano il manga e l'ho riletto tutto di fila. I dubbi e le perplessità restano ma sono stati mitigati dall'impressione che forse la mangaka volesse farci pensare: «Cinque anni di battaglie, morti, feriti, dolore e privazioni e il risultato è questo?». Come se volesse farci capire che qualunque sia la ragione per iniziare un conflitto, in realtà non esiste nessuna vera motivazione valida per scatenare una guerra, perché alla fine tutti perdono, anche quelli che non vi prendono parte.

«Così scoprii che esistevano persone che venivano uccise dalla guerra anche senza andare al fronte.»

Già solo questa frase potrebbe essere un manifesto delle intenzioni dell'autrice, morta circa 3 anni dopo l'inizio della pubblicazione del manga. Non so se la malattia possa aver influenzato alcune scelte di sceneggiatura, ma questa fine un po' "raffazzonata" pesa su una storia che invece era partita molto bene. Non tutto è da buttare, anzi!
Molti passaggi sono davvero belli, carichi di emozione e lo stile grafico non fa che accentuarlo. I disegni puliti, semplici, "pucciosi" in alcuni casi creano un forte contrasto con la drammaticità del racconto e nei numerosi primi piani possiamo leggere sui volti dei ragazzi i loro sentimenti che ci colpiscono al cuore e allo stomaco. Molto belli anche i paesaggi, carichi di particolari, grazie ai quali ci immergiamo in una natura meravigliosa, in quella campagna giapponese che si staglia sul mare, sfondo di tanti anime e manga.

E lo stesso stile semplice ma preciso rende quasi vivi i numerosi piatti cucinati durante la storia. Il cibo infatti è coprotagonista, nutre non solo il corpo ma anche lo spirito. Mentre Saku non riesce ad accettare la sua non idoneità alla guerra, perché vorrebbe proteggere coloro che ama e non può farlo, Miyako, pur sentendosi in colpa con i suoi compagni perché non rischia la vita come faranno loro, decide di usare questo suo "difetto". Lo trasforma in un vantaggio rendendosi utile e facendo quello che sa fare meglio, cioè cucinare pur con gli scarsi mezzi a sua disposizione.
«Mi piace far mangiare bene le persone, così che possano sentirsi meglio» dichiara la ragazza e grazie a questo trova la sua ragion d'essere in un mondo in cui la ragione sembra essere perduta. I piatti di Miyako accompagnano i compagni che devono partire, accolgono coloro che tornano e curano i feriti; pur essendo semplici e cucinati con pochi ingredienti, la fantasia e l'amore che vi sono dentro li rendono buoni e speciali. Le ricette accompagnate dal disegno particolareggiato del piatto sono spesso inserite alla fine del capitolo in cui sono consumate.

Home, Sweet Home! vale perciò la pena? Tirando le somme direi di sì. Non è un manga perfetto e inciampando su un finale non eccelso, lascia un po' l'amaro in bocca a scapito del resto della storia, fino a quel momento molto buona e che sa ben intrattenere. L'aspetto grafico è ottimo e già solo quello potrebbe meritare un vostro investimento nel suo acquisto. L'edizione della Panini Comics è buona, curata, negli standard del prodotto, disponibile anche nelle edicole. Nel complesso una buona opera prima, che poteva far ben sperare sul talento di Yu ma che purtroppo resterà unica a causa della precoce scomparsa dell'autrice.