Recensione
"Lupin III - Ritorno alle origini" (o "Parte 5") è un prodotto abbastanza anomalo. Se all’apparenza sembra il seguito diretto dell’ottima "Avventura italiana", l’esposizione rivela invece un prodotto slegato oltre che meno riuscito (forse per via di un cambio negli autori).
Questa volta siamo in Francia (senza alcun reale tributo oltre la sigla, a differenza della "Parte 4" in Italia) e l’argomento ricorrente è la tecnologia (anziché l’arte). La serie è strutturata in quattro archi narrativi da quattro/cinque episodi ciascuno, con il nuovo personaggio dell’hacker Ami Enan a fare da filo conduttore. Ogni arco narrativo è separato dall’altro da uno o più episodi d’intermezzo/filler, dove Lupin vive un’avventura autoconclusiva nel passato vestendo una giacca storica (pur mantenendo l’attuale design dei personaggi).
La scrittura degli episodi principali è discreta, ma le vicende sono poco coinvolgenti e allungate eccessivamente con espedienti vari (tanto che ci si ritrova a inserire regolari cliffhanger e spargimenti di sangue per mantenere l’attenzione). L’idea di Lupin alle prese con un mondo iper-tecnologico (che non gli permette di nascondersi e limita la sua innata imprevedibilità) di principio non è male, ma gli autori non riescono a costruirci sopra una storia sufficientemente valida. Anzi, per quanto in apparenza tutto fili, gli autori si prendono varie libertà senza ragionarci più di tanto, generando talvolta situazioni surreali o gratuite: lo si vede nella violenza, esplicita rispetto alla serie precedente, che porta la banda a prendersela addirittura con le forze dell’ordine; come lo si vede anche nell’ambientazione, all’occorrenza mischiata col Giappone, facendo finta di nulla. Gli episodi d’intermezzo, gli unici nella serie a reggere il tema celebrativo del ‘ritorno alle origini’, sono divertissement di qualità molto variabile, ma comunque quasi sempre troppo verbosi: manca decisamente quel qualcosa in più che sarebbe stato necessario (nella precedente "Parte 4" ho ravvisato un senso di tributo al passato che, per quanto velato, era comunque maggiore, tanto per dire). Oltretutto, tali episodi saltano di palo in frasca nel passato di Lupin e quindi van visti con molta attenzione, per dedurre da mezze parole dei personaggi in quale periodo vadano a collocarsi.
In definitiva, la serie fallisce come tributo storico e rappresenta purtroppo un passo indietro rispetto alla precedente, pur rimanendo un prodotto d’intrattenimento valido.
Questa volta siamo in Francia (senza alcun reale tributo oltre la sigla, a differenza della "Parte 4" in Italia) e l’argomento ricorrente è la tecnologia (anziché l’arte). La serie è strutturata in quattro archi narrativi da quattro/cinque episodi ciascuno, con il nuovo personaggio dell’hacker Ami Enan a fare da filo conduttore. Ogni arco narrativo è separato dall’altro da uno o più episodi d’intermezzo/filler, dove Lupin vive un’avventura autoconclusiva nel passato vestendo una giacca storica (pur mantenendo l’attuale design dei personaggi).
La scrittura degli episodi principali è discreta, ma le vicende sono poco coinvolgenti e allungate eccessivamente con espedienti vari (tanto che ci si ritrova a inserire regolari cliffhanger e spargimenti di sangue per mantenere l’attenzione). L’idea di Lupin alle prese con un mondo iper-tecnologico (che non gli permette di nascondersi e limita la sua innata imprevedibilità) di principio non è male, ma gli autori non riescono a costruirci sopra una storia sufficientemente valida. Anzi, per quanto in apparenza tutto fili, gli autori si prendono varie libertà senza ragionarci più di tanto, generando talvolta situazioni surreali o gratuite: lo si vede nella violenza, esplicita rispetto alla serie precedente, che porta la banda a prendersela addirittura con le forze dell’ordine; come lo si vede anche nell’ambientazione, all’occorrenza mischiata col Giappone, facendo finta di nulla. Gli episodi d’intermezzo, gli unici nella serie a reggere il tema celebrativo del ‘ritorno alle origini’, sono divertissement di qualità molto variabile, ma comunque quasi sempre troppo verbosi: manca decisamente quel qualcosa in più che sarebbe stato necessario (nella precedente "Parte 4" ho ravvisato un senso di tributo al passato che, per quanto velato, era comunque maggiore, tanto per dire). Oltretutto, tali episodi saltano di palo in frasca nel passato di Lupin e quindi van visti con molta attenzione, per dedurre da mezze parole dei personaggi in quale periodo vadano a collocarsi.
In definitiva, la serie fallisce come tributo storico e rappresenta purtroppo un passo indietro rispetto alla precedente, pur rimanendo un prodotto d’intrattenimento valido.