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"Rainbow" è un’opera che mi sono portato dietro per anni, dapprima con la serie animata, per poi acquistare la serie manga talmente mi sono fatto affascinare dalla storia di questi sette ragazzi, non raccontata per intero sul piccolo schermo. È una storia di amicizia, di valori, di fratellanza, di legami, di ‘esserci l’un per l’altro’, di famiglia, di promesse, di sfide, sogni e desideri, di crescita, di maturazione e di molto altro, in poche parole, una storia di vita e di insegnamenti. Ma oltre al filone principale di questa storia in cui accompagneremo i nostri protagonisti nel loro percorso di maturazione personale e di crescita tra le molteplici sfide che la vita gli porrà davanti, vivremo faccia a faccia una realtà differente alla nostra: la realtà del Giappone del dopoguerra, i sentimenti che fomentavano all’interno degli animi delle persone di quei tempi, la situazione sociale, la situazione geopolitica, la vita di allora, di uno stato appena uscito sconfitto da una guerra mondiale e piombato in una crisi senza precedenti, e questa situazione veniva riflessa su tutto, su ogni modo di agire, di pensare, di rapportarsi, di dialogare di ogni persona, su ogni rapporto interpersonale, su ogni reato, su ogni ingiustizia, su ogni sopruso, ed è bene tenersi a mente questa situazione, questa ambientazione che potrebbe passare in secondo piano rispetto alla narrazione della storia, ma che in realtà è il filone principale di ogni avvenimento, e questo, grazie alle capacità narrative di George Abe, che sono ciò che mi ha affascinato di più dell’intero racconto.
Come possiamo leggere dalla sua biografia difatti conobbe momenti difficili durante la fine della seconda guerra mondiale trascorrendo diverso tempo in carcere da dove trasse ispirazione per la sceneggiatura di questa storia, compresi anche i suoi personaggi: questo racconto quindi non è un semplice racconto, una semplice storia di sette ragazzi uniti da un forte legame che gli ha accompagnati e li accompagnerà per tutto il resto della loro vita, tra mille avventure e disavventure, difficoltà e avversità, momenti tristi e momenti più felici, lotte all’ingiustizia e sorrisi per i propri trionfi sulla vita, ma è anche uno sguardo al passato, un insegnamento di storia, di una civiltà che ha visto momenti tremendi e atroci, di com’era la vita di allora, di quei tempi bui in cui tutto era considerato la realtà quotidiana e come tale dovevi affrontarla, combatterla, combattere contro la morte, la malavita, le truffe e gli inganni celati, la macchia di essere un nipponico su suolo giapponese assediato dagli americani, un vinto tra i vincitori nel tuo paese, lo stupro nella tua abitazione, la violenza nelle strade, la prostituzione, il traffico di minori in luoghi e nel luogo che meno ti aspetteresti come un orfanotrofio, simbolo di accoglienza e di protezione dei nostri giorni, ma non in quelli dove leggi non ve ne erano più, cancellate e dimenticate, o per meglio dire, ignorate.

Questa la mia personale recensione, con l’aggiunta di un piccolo consiglio: leggete a termine di ogni volumetto le parole di Abe: sono ricordi dei tempi che furono, di cosa stava succedendo durante quelle giornate, di com’erano i sentimenti delle persone o della direzione che stava intraprendendo la vita di quegli anni: personalmente mi è servito per immergermi di più all’interno di questo racconto e di comprendere di più una realtà che spesso si legge di sfuggita in qualche riga dei libri di storia, ma che qui assistiamo faccia a faccia con le testimonianze di chi quei giorni li ha vissuti veramente e da cui si è ispirato per trarne una storia più vera di quanto si potrebbe credere.

Avrei dato il punteggio massimo se non per una lieve pecca del finale, che forse avrei voluto vedere più sviluppato anziché espresso quasi di fretta negli ultimi due volumetti scarsi della storia. Ma anche qui, si tratta di una semplice opinione personale.