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8.0/10
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Quando si parla di anime o manga vittime di un circolo vizioso composto da odio e amore, non possiamo che pensare subito a “Tokyo Ghoul”.

Il manga “Tokyo Ghoul” nasce dalla matita di Sui Ishida nel 2011, anno in cui il manga viene anche distribuito da Shūeisha attraverso la rivista Weekly Young Jump. Mentre nel 2014 viene annunciata anche la serie animata a cura dello Studio Pierrot, ed è proprio l’anime composto in tutto da tre stagioni ad essere oggetto della nostra recensione.
L’opera è stata accolta dal pubblico con grande entusiasmo, anche se la serie animata ha ricevuto numerose critiche a causa di quello che sembrerebbe un brusco calo di qualità che si percepisce dalla terza stagione in poi.

La trama

Il protagonista della storia è il giovane Ken Kaneki, uno studente universitario dall’animo gentile e con un triste passato alle spalle, che vive a Tokyo. Le avventure di Ken Kaneki hanno luogo in una Tokyo che a primo impatto sembrerebbe quella nostra e contemporanea. Tuttavia, così non è, poiché la città viene avvolta dall’elemento fantastico costituito dalla presenza dei ghoul. I ghoul sono creature antropofaghe dalle sembianze umane, che seminano terrore in città, ma che nonostante tutto riescono ad inserirsi perfettamente nella società e in alcuni casi riescono a convivere perfettamente con gli altri esseri umani.
Un giorno, Kaneki si reca in bar dove conosce Rize, una splendida ragazza sua coetanea che sembra perfetta per il nostro eroe. Come Kaneki anche Rize presenta un notevole interesse per lo studio, e in particolare nella lettura, questo spinge Kaneki a restare ben presto coinvolto anche da un punto di vista sentimentale. Rize però in realtà è un ghoul che ha scelto Kaneki come sua prossima preda e, con la scusa di un primo appuntamento, attira il giovane studente in una trappola presso un cantiere isolato, solo per potersi cibare di lui. I piani della ghoul però falliscono, visto che i due rimangono coinvolti in un incidente in cui la stessa Rize perde la vita. Kaneki, dilaniato dalle ferite dovute all’attacco di Rize, viene portato d’urgenza in ospedale, dove, nel tentativo di salvargli la vita, subisce un intervento di trapianto di organi estratti proprio dal corpo della ghoul. L’operazione trasformerà il nostro giovane Kaneki in un ghoul, ed è proprio da lì che ha inizio questa incredibile storia.

I principali dettagli dell’anime

Nonostante le numerose critiche mosse dalla stessa fanbase di “Tokyo Ghoul”, l’anime si è contraddistinto grazie ad alcuni elementi che hanno reso l’opera unica.
Uno di questi è sicuramente l’animazione stessa, non a caso la serie è stata animata da uno degli studi più importanti del settore. Lo Studio Pierrot ha infatti rappresentato e animato al meglio quelli che sono gli scenari quotidiani di una Tokyo immensa e cosmopolita. Tuttavia, le strade grigie e gremite di gente che passeggia nell’indifferenza si contrappongono ai colori vivaci che caratterizzano l’aspetto dei principali personaggi.
Anche il doppiaggio dimostra di essere all’altezza di quello originale. A dimostrazione di ciò il fatto che, durante una delle tante scene crude, basta chiudere gli occhi per sentire la pelle accapponarsi da sola.

Per comprendere meglio tutti i dettagli di questo anime, occorre focalizzarsi un attimo anche su un ulteriore elemento, ovvero la colonna sonora. La colonna sonora si sposa perfettamente con qualsiasi scena. Per esempio, le scene più sadiche sono accompagnate sempre da un sound cupo e classicista che scuote lo spettatore e lo coglie di sorpresa. Fino ad arrivare al brano “Unravel”, opening iconica dell’anime, scritta e prodotta nel 2014 da Toru Kitajima dei Ling Tosite Sigure. Il brano è riuscito a rappresentare tutto il dolore e la passione che prova il protagonista, ma anche i ghoul stessi, nel corso degli eventi che accadono.

Perché a mio avviso è davvero così speciale

L’anime di “Tokyo Ghoul” è comunque un’opera avvincente per cui vale la pena sedersi davanti allo schermo. Occorre precisare però che l’ultima stagione si distanzia quasi completamente dalle precedenti, con un cambiamento che riguarda anche i disegnatori dell’anime.
I nuovi disegni, al momento dell’uscita, hanno deluso un po’ tutti. E non perché siano di dubbia qualità, ma perché ci eravamo affezionati alla prima caratterizzazione dei personaggi.

Ma il disegno non è stato l’unico “problema”. La seconda stagione si conclude in un tempo ben preciso che non è lo stesso da cui parte poi la terza stagione. Quest’ultima è ambientata sempre a Tokyo, ma in un futuro prossimo un po’ lontano da dove ci eravamo lasciati con la seconda stagione. Cambiano così molti personaggi, e lo stesso Kaneki è avvolto da un velo di mistero.

In conclusione, crediamo che chiunque debba guardare almeno una volta “Tokyo Ghoul”.
Questo perché, a differenza di ciò che pensano in molti, non si tratta di una semplice opera cruda e splatter, anzi. L’incredibile dolcezza e la sensibilità di Kaneki ci riportano un po’ tutti davanti allo specchio, soprattutto nel momento in cui siamo costretti a effettuare delle scelte che non sempre ci rendono felici, ma che è giusto fare.
Inoltre, sono molto importanti e ben strutturati anche i legami sentimentali che si vanno a sviluppare tra i ghoul. Al punto che in alcuni episodi sembrano più sensibili queste creature che gli umani stessi.
Effettivamente, “Tokyo Ghoul” è un anime speciale proprio per questo. Perché viene portato all’attenzione del pubblico il fatto stesso che a volte sono gli umani i veri mostri.