Recensione
Liz e l'uccellino azzurro
9.5/10
Spin-off della celebre serie "Hibike! Euphonium" della Kyoto Animation, ambientato temporalmente sempre durante le vicende del primo anno di Oumae Kumiko e Kosaka Reina, "Liz and the Blue Bird" inserisce un altro tassello importante per la risoluzione del rapporto tra le due studentesse dell'orchestra del liceo Kitaiju e coprotagoniste della seconda stagione, Yoroizuka Mizore e Kasaki Nozomi.
Pur azzardando una scelta singolare per quanto riguarda il charachter design dei personaggi, discostandosi dallo stile della serie televisiva e vincendo, tra l'atro, a mio parere, la scommessa, il comparto tecnico nel suo insieme e la fine sceneggiatura ne fanno uno dei prodotti meglio riusciti nel suo genere. Personalmente, non ho problemi a considerarlo un capolavoro.
Le musiche, a tratti evocative, creano (e supportano) una sinergia tematica con la regia, che costituisce la punta di diamante e colonna portante dell'opera, valorizzandola enormemente.
Oltre a una sufficiente componente dialogica, la maggiore espressività delle vicende risiede nel linguaggio visivo offerto dalle inequivocabili inquadrature, che sembrano quasi urlare allo spettatore tutto il sommerso del non detto e, soprattutto, integrato con le precedenti, il linguaggio del corpo, al quale viene prestata molta attenzione (soprattutto per quanto riguarda Nozomi).
Da non trascurare, inoltre, la buonissima qualità delle animazioni, le quali contornano il nucleo qualitativo dell'opera, nella loro piacevolissima fluidità, soprattutto per quanto riguarda le affascinanti e trasfiguranti scene iniziali e finali del film, che nella loro speculare dicotomia racchiudono tutto il significato del lungometraggio.
In virtù di queste considerazioni quanto più tecniche possibili, oltre a un inevitabile e personale coinvolgimento di cuore, il mio voto non può che rasentare il massimo consentito: 9,5.
Pur azzardando una scelta singolare per quanto riguarda il charachter design dei personaggi, discostandosi dallo stile della serie televisiva e vincendo, tra l'atro, a mio parere, la scommessa, il comparto tecnico nel suo insieme e la fine sceneggiatura ne fanno uno dei prodotti meglio riusciti nel suo genere. Personalmente, non ho problemi a considerarlo un capolavoro.
Le musiche, a tratti evocative, creano (e supportano) una sinergia tematica con la regia, che costituisce la punta di diamante e colonna portante dell'opera, valorizzandola enormemente.
Oltre a una sufficiente componente dialogica, la maggiore espressività delle vicende risiede nel linguaggio visivo offerto dalle inequivocabili inquadrature, che sembrano quasi urlare allo spettatore tutto il sommerso del non detto e, soprattutto, integrato con le precedenti, il linguaggio del corpo, al quale viene prestata molta attenzione (soprattutto per quanto riguarda Nozomi).
Da non trascurare, inoltre, la buonissima qualità delle animazioni, le quali contornano il nucleo qualitativo dell'opera, nella loro piacevolissima fluidità, soprattutto per quanto riguarda le affascinanti e trasfiguranti scene iniziali e finali del film, che nella loro speculare dicotomia racchiudono tutto il significato del lungometraggio.
In virtù di queste considerazioni quanto più tecniche possibili, oltre a un inevitabile e personale coinvolgimento di cuore, il mio voto non può che rasentare il massimo consentito: 9,5.