Recensione
Paripi Kōmei
8.0/10
Cosa ci fa un militare cinese dell'epoca dei Tre Regni (220 - 280) nella Shibuya dei giorni nostri?
Ma il manager di una cantante emergente, ovvio!
Questo è quanto ci narra "Paripi Koumei" ("Koumei il festaiolo"), serie di P.A. Works in dodici episodi andata in onda tra aprile e giugno 2022 e tratta dall'omonimo manga di Yuuto Yotsuba e Makoto Ogawa pubblicato da Kodansha dal 2019, che è tuttora in corso con nove volumi all'attivo.
Il famosissimo stratega Koumei (o Zhuge Liang, o Kongming che dir si voglia; noi useremo il nome giapponese Koumei, utilizzato nei dialoghi dell'anime, per motivi di praticità), dopo la sua dipartita si reincarna, così com'era al momento della morte... nella Shibuya dei giorni nostri!
Qui incontra per caso Eiko, giovane barista col sogno di sfondare come cantante e, rimanendo estasiato dalla sua voce, decide di aiutarla, applicando antichissime strategie belliche al moderno mondo dello show business, a cui Koumei si è abituato con una velocità impressionante.
Vi sembra una storia stramba? Lo è. Ma ormai dovremmo essere abituati al fatto che i Giapponesi non guardano in faccia a nessuno, quando si tratta di utilizzare personaggi storici, mitologici o letterari in opere di intrattenimento. Dopo Gesù e Buddha in Giappone, Oda Nobunaga reincarnato ai giorni nostri come shiba inu domestico, Ryoma Sakamoto che va in giro per il Giappone dell'epoca Bakumatsu a fare concerti di musica rock per opporsi allo shogunato e il commodoro Perry vestito da donna con le calze a rete, Zeus a metà tra l'eremita della tartaruga e un wrestler della WWE e innumerevoli personaggi storici o divinità varie rivisitati come bishounen, bellone tettone o ragazzine moe, un militare dei Tre Regni che fa da manager a una cantante emergente che volete che sia?
Lo spaesamento di Koumei nel mondo moderno ci offre diverse belle gag nel primo episodio, ma dura il tempo di scroccare per un pomeriggio lo smartphone di Eiko, poi con un rapido giro su Internet ha già capito tutto della vita e la storia può quindi entrare nel vivo, con Koumei che attua diverse "strategie" (è proprio il caso di dirlo) affinché Eiko possa farsi notare da vari discografici e da un pubblico ben più vasto dei quattro gatti del bar a cui è abituata. Si segue, dunque, un po' tutto l'iter delle commedie musicali di questo tipo, con la differenza che la nostra protagonista qui non deve necessariamente farcela con le sue sole forze, ma ha dalla sua un alleato che ne sa una più del diavolo e le darà ben più di una mano, restando nell'ombra e sorridendo sornione.
Koumei è un personaggio molto imponente come carisma e insieme spassoso nel modo in cui viene caratterizzato: un soldato cinese vestito con un abito tradizionale che va in discoteca a ballare indossando occhiali da sole o va in lavanderia a fare il bucato. Ma non è l'unico personaggio della serie e non è il punto di vista dello spettatore, che è quello, ben più modesto, di Eiko, ragazza come tante che deve acquisire fiducia in sé stessa e far fruttare il suo talento. Koumei la aiuterà in questo, così come aiuterà anche il rapper Kabe, archetipo del giovane giapponese che manca totalmente di fiducia, si sente un fallito e viene bullizzato da chiunque, a ritrovare la retta via a suon di battaglie rap. Questi due sono personaggi molto semplici, già visti molte altre volte in anime e manga, ma non mancheranno di fare centro, così come noi non mancheremo di ritrovarci in loro e apprezzare il loro percorso di crescita, mentre Koumei, che lo ha orchestrato, se la ride di nascosto.
L'universo narrativo di "Paripi Koumei" è la Shibuya dei grattacieli, delle strade sempre piene di persone, del 109, della festa di Halloween e dei locali trendy dove si organizzano concerti ed eventi. Il tutto è ritratto con un ottimo realismo: il berretto e le felpone indossate da Eiko sono proprio il tipo di abiti alla moda che spesso si vedono indossati dalle ragazze nei locali e nei concerti di Shibuya, e un fondamentale episodio della serie è stato ambientato sul tetto del nuovissimo Shibuya Scramble Square, uno dei più recenti simboli del quartiere che non dorme mai. È una Shibuya viva e popolata da personaggi molto particolari, ognuno con le sue caratteristiche e le sue fisse: dal padrone del bar dove lavora Eiko, super fanboy delle "Cronache dei Tre Regni" e di conseguenza anche di Koumei, al produttore in fissa coi budini, passando per tutta una serie di assurdi rapper, cantanti, manager, produttori discografici.
La scalata verso il successo di Eiko si scontra immediatamente con una visione un po' gretta del mondo dello show business giapponese, fatta di produttori senza cuore e di cantanti a cui il successo ha dato un po' alla testa. In questo, spicca la figura di Nanami, che viene presentata a Eiko come una sfortunata cantante di strada, per poi rivelarsi invece la leader di una famosa girl band in incognito. A lei e alle sue compagne è dedicato un ampio flashback che aiuta a riflettere sulla condizione del mondo della musica in Giappone e su quello che forse potrebbe essere anche il futuro di Eiko. Fortunatamente, la nostra biondina dalla bella voce è ancora padrona di sé stessa e ha una visione della musica molto più spensierata, che le permette immediatamente di far breccia nel cuore di Nanami e di tante altre persone, spettatori compresi.
I disegni della serie sono semplici ma funzionali alla storia e la serie offre diverse soluzioni grafiche interessanti, ad esempio nel rappresentare i vari flashback dell'antica Cina di Koumei, raffigurati in uno stile che più "tradizionale" non si può. È molto gradevole, dopo tante serie musicali con balletti in CGI, averne una come "Paripi Koumei", che, una volta tanto, anima i momenti musicali in maniera tradizionale (la CGI c'è, anche un po' bruttina negli ultimi episodi, ma non si nota molto fortunatamente), aiutando di molto il coinvolgimento dello spettatore, che trova sul palco delle persone invece che delle bambole di plastica, ed è più portato ad affezionarsi a loro.
La parte musicale, ovviamente, è straordinariamente curata, anche grazie al fatto che se ne occupa la Avex, storica casa discografica da sempre vicina al mondo dell'eurobeat (sua, infatti, la colonna sonora di "Initial D"). Le canzoni cantate da Eiko sono tutte estremamente orecchiabili, spaziano tra vari generi come il pop, il rap e la dance, spesso sono anche cantate in un buon inglese, con un effetto molto simile a quello visto qualche anno fa in "Carole & Tuesday". Non ci sono, dunque, né vocette stridule forzatamente kawaii, né sfondi astratti in CGI nelle esibizioni canore, che risultano così sobrie, realistiche e interessanti.
Eiko è doppiata da Kaede Hondo (Sakura in "Zombieland Saga") nel parlato e, nel cantato, da 96Neko, youtuber/cantante che si è fatta conoscere con cover di sigle anime e qui offre la sua voce ai bei brani della nostra bionda e giovane cantante in erba. Koumei è il veterano Ryotaro Okiayu (Yu in "Marmalade Boy"), qui sornione ed esperto come non mai, ma nel cast ci sono anche Shoya Chiba, Jun Fukuyama, Hibiku Yamamura (sostituita dalla cantante Lezel nelle parti musicali), Subaru Kimura, Hochu Ohtsuka, tra gli altri.
Non si può, tuttavia, parlare di "Paripi Koumei" senza parlare di lei, "Chiki Chiki Ban Ban", la sigla iniziale, nonché motivo principale per cui la serie è esplosa sul web in maniera irrefrenabile, arrivando alle orecchie di chiunque, al contrario di altre serie simili che hanno riscosso un successo ben più modesto.
La canzone è una cover in giapponese, ad opera delle Queendom, dell'omonimo brano del 2013 del cantante ungherese Jolly, ed è un pezzo dalle sonorità festaiole, allegro, trascinante, inevitabilmente debitore dell'eurodance di qualche decennio fa, un po' sullo stile di "Dragostea Din Tei" (vi ho sbloccato un ricordo?), che però, nella versione full, prende e si trasforma in brano rap assolutamente impossibile da cantare al karaoke, un po' come l'effetto che Koumei nella serie ha voluto dare ai concerti di Eiko e Kabe, che mescolano diversi generi musicali per creare un connubio irresistibile. Il video, realizzato a regola d'arte, è psichedelico come nel miglior "JoJo" e ci porta in un viaggio tra l'antica Cina di Koumei e la moderna Shibuya di Eiko, tra antichi rotoli, luci stroboscopiche, sfondi psichedelici, personaggi che ballano e l'epica narrazione in stile tradizionale di Yasunori Masutani. Impossibile non fissarcisi, una volta che la senti, impossibile resisterle... e infatti nessuno lo ha fatto, il popolo del web si è subito scatenato in condivisioni e parodie: in versione più eurobeat, in versione a 8 bit, in live action, con Kazuma Kiryu di "Yakuza" al posto di Koumei, coi personaggi di "Spy x Family" e chi più ne ha più ne metta!
La ending, "Kibun Joujou", è un bel brano, ma contro alla virale popolarità di "Chiki Chiki Ban Ban" non ha potuto nulla. In qualche modo, siamo contenti che i fan l'abbiano presa e spinta all'eccesso con parodie e rielaborazioni sempre più folli, perché lo staff della serie non ha osato tanto, addirittura nell'ultimo episodio, dove avrebbero dovuto mandarla in versione full o remixandola in maniera esageratissima, "Chiki Chiki Ban Ban" non c'è nemmeno.
"Paripi Koumei" è una serie che è tante cose insieme: parte con una premessa assurda, ti incanta con una sigla che non ti esce più dalla testa, ma poi diventa anche una sorta di "Doraemon" con Koumei che deve tirare Eiko fuori dai guai con strategie bizzarre, un racconto di formazione, una commedia ambientata nel mondo della musica che viene analizzato (e criticato) in maniera interessante e più seria di quanto si pensi. È un anime davvero piacevole da seguire, che diverte, esalta, emoziona, a volte anche commuove, senza dubbio ti fa affezionare ai personaggi, ti lascia qualcosa dentro (anche solo una canzone con cui fissarti per settimane!) e arriva a un finale che ovviamente non è definitivo, ma un po' può andar bene anche così... e un po' no, perché ne vorremmo ancora e perché il formato di soli dodici episodi sta un po' stretto a una serie come questa, che alla fine lascia a livello superficiale la caratterizzazione di diversi personaggi di cui avremmo voluto sapere di più. Purtroppo, il finale, per come è costruito, non lascia molto spazio a una eventuale, futura, seconda stagione (che, nel caso miracoloso in cui dovesse arrivare, ovviamente accoglieremo con giubilo), ma tutto sommato il viaggio a suon di musica in questa assurda ma realistica Shibuya ci è piaciuto tantissimo e non ce lo scorderemo tanto facilmente. "Paripi Koumei" è una delle serie più particolari e interessanti dell'ultimo periodo, che merita senza dubbio un'occhiata e a cui senza dubbio finiremo per affezionarci, dispiacendoci che la parte rap della versione full di "Chiki Chiki Ban Ban" ci impedirà di cantarla al karaoke la prossima volta che a Shibuya potremo mettere piede dal vivo, come invece avevamo preventivato. E possiamo solo immaginare quanto la canzone sia risuonata, in questi tre mesi, alle radio della vera Shibuya...
Ma il manager di una cantante emergente, ovvio!
Questo è quanto ci narra "Paripi Koumei" ("Koumei il festaiolo"), serie di P.A. Works in dodici episodi andata in onda tra aprile e giugno 2022 e tratta dall'omonimo manga di Yuuto Yotsuba e Makoto Ogawa pubblicato da Kodansha dal 2019, che è tuttora in corso con nove volumi all'attivo.
Il famosissimo stratega Koumei (o Zhuge Liang, o Kongming che dir si voglia; noi useremo il nome giapponese Koumei, utilizzato nei dialoghi dell'anime, per motivi di praticità), dopo la sua dipartita si reincarna, così com'era al momento della morte... nella Shibuya dei giorni nostri!
Qui incontra per caso Eiko, giovane barista col sogno di sfondare come cantante e, rimanendo estasiato dalla sua voce, decide di aiutarla, applicando antichissime strategie belliche al moderno mondo dello show business, a cui Koumei si è abituato con una velocità impressionante.
Vi sembra una storia stramba? Lo è. Ma ormai dovremmo essere abituati al fatto che i Giapponesi non guardano in faccia a nessuno, quando si tratta di utilizzare personaggi storici, mitologici o letterari in opere di intrattenimento. Dopo Gesù e Buddha in Giappone, Oda Nobunaga reincarnato ai giorni nostri come shiba inu domestico, Ryoma Sakamoto che va in giro per il Giappone dell'epoca Bakumatsu a fare concerti di musica rock per opporsi allo shogunato e il commodoro Perry vestito da donna con le calze a rete, Zeus a metà tra l'eremita della tartaruga e un wrestler della WWE e innumerevoli personaggi storici o divinità varie rivisitati come bishounen, bellone tettone o ragazzine moe, un militare dei Tre Regni che fa da manager a una cantante emergente che volete che sia?
Lo spaesamento di Koumei nel mondo moderno ci offre diverse belle gag nel primo episodio, ma dura il tempo di scroccare per un pomeriggio lo smartphone di Eiko, poi con un rapido giro su Internet ha già capito tutto della vita e la storia può quindi entrare nel vivo, con Koumei che attua diverse "strategie" (è proprio il caso di dirlo) affinché Eiko possa farsi notare da vari discografici e da un pubblico ben più vasto dei quattro gatti del bar a cui è abituata. Si segue, dunque, un po' tutto l'iter delle commedie musicali di questo tipo, con la differenza che la nostra protagonista qui non deve necessariamente farcela con le sue sole forze, ma ha dalla sua un alleato che ne sa una più del diavolo e le darà ben più di una mano, restando nell'ombra e sorridendo sornione.
Koumei è un personaggio molto imponente come carisma e insieme spassoso nel modo in cui viene caratterizzato: un soldato cinese vestito con un abito tradizionale che va in discoteca a ballare indossando occhiali da sole o va in lavanderia a fare il bucato. Ma non è l'unico personaggio della serie e non è il punto di vista dello spettatore, che è quello, ben più modesto, di Eiko, ragazza come tante che deve acquisire fiducia in sé stessa e far fruttare il suo talento. Koumei la aiuterà in questo, così come aiuterà anche il rapper Kabe, archetipo del giovane giapponese che manca totalmente di fiducia, si sente un fallito e viene bullizzato da chiunque, a ritrovare la retta via a suon di battaglie rap. Questi due sono personaggi molto semplici, già visti molte altre volte in anime e manga, ma non mancheranno di fare centro, così come noi non mancheremo di ritrovarci in loro e apprezzare il loro percorso di crescita, mentre Koumei, che lo ha orchestrato, se la ride di nascosto.
L'universo narrativo di "Paripi Koumei" è la Shibuya dei grattacieli, delle strade sempre piene di persone, del 109, della festa di Halloween e dei locali trendy dove si organizzano concerti ed eventi. Il tutto è ritratto con un ottimo realismo: il berretto e le felpone indossate da Eiko sono proprio il tipo di abiti alla moda che spesso si vedono indossati dalle ragazze nei locali e nei concerti di Shibuya, e un fondamentale episodio della serie è stato ambientato sul tetto del nuovissimo Shibuya Scramble Square, uno dei più recenti simboli del quartiere che non dorme mai. È una Shibuya viva e popolata da personaggi molto particolari, ognuno con le sue caratteristiche e le sue fisse: dal padrone del bar dove lavora Eiko, super fanboy delle "Cronache dei Tre Regni" e di conseguenza anche di Koumei, al produttore in fissa coi budini, passando per tutta una serie di assurdi rapper, cantanti, manager, produttori discografici.
La scalata verso il successo di Eiko si scontra immediatamente con una visione un po' gretta del mondo dello show business giapponese, fatta di produttori senza cuore e di cantanti a cui il successo ha dato un po' alla testa. In questo, spicca la figura di Nanami, che viene presentata a Eiko come una sfortunata cantante di strada, per poi rivelarsi invece la leader di una famosa girl band in incognito. A lei e alle sue compagne è dedicato un ampio flashback che aiuta a riflettere sulla condizione del mondo della musica in Giappone e su quello che forse potrebbe essere anche il futuro di Eiko. Fortunatamente, la nostra biondina dalla bella voce è ancora padrona di sé stessa e ha una visione della musica molto più spensierata, che le permette immediatamente di far breccia nel cuore di Nanami e di tante altre persone, spettatori compresi.
I disegni della serie sono semplici ma funzionali alla storia e la serie offre diverse soluzioni grafiche interessanti, ad esempio nel rappresentare i vari flashback dell'antica Cina di Koumei, raffigurati in uno stile che più "tradizionale" non si può. È molto gradevole, dopo tante serie musicali con balletti in CGI, averne una come "Paripi Koumei", che, una volta tanto, anima i momenti musicali in maniera tradizionale (la CGI c'è, anche un po' bruttina negli ultimi episodi, ma non si nota molto fortunatamente), aiutando di molto il coinvolgimento dello spettatore, che trova sul palco delle persone invece che delle bambole di plastica, ed è più portato ad affezionarsi a loro.
La parte musicale, ovviamente, è straordinariamente curata, anche grazie al fatto che se ne occupa la Avex, storica casa discografica da sempre vicina al mondo dell'eurobeat (sua, infatti, la colonna sonora di "Initial D"). Le canzoni cantate da Eiko sono tutte estremamente orecchiabili, spaziano tra vari generi come il pop, il rap e la dance, spesso sono anche cantate in un buon inglese, con un effetto molto simile a quello visto qualche anno fa in "Carole & Tuesday". Non ci sono, dunque, né vocette stridule forzatamente kawaii, né sfondi astratti in CGI nelle esibizioni canore, che risultano così sobrie, realistiche e interessanti.
Eiko è doppiata da Kaede Hondo (Sakura in "Zombieland Saga") nel parlato e, nel cantato, da 96Neko, youtuber/cantante che si è fatta conoscere con cover di sigle anime e qui offre la sua voce ai bei brani della nostra bionda e giovane cantante in erba. Koumei è il veterano Ryotaro Okiayu (Yu in "Marmalade Boy"), qui sornione ed esperto come non mai, ma nel cast ci sono anche Shoya Chiba, Jun Fukuyama, Hibiku Yamamura (sostituita dalla cantante Lezel nelle parti musicali), Subaru Kimura, Hochu Ohtsuka, tra gli altri.
Non si può, tuttavia, parlare di "Paripi Koumei" senza parlare di lei, "Chiki Chiki Ban Ban", la sigla iniziale, nonché motivo principale per cui la serie è esplosa sul web in maniera irrefrenabile, arrivando alle orecchie di chiunque, al contrario di altre serie simili che hanno riscosso un successo ben più modesto.
La canzone è una cover in giapponese, ad opera delle Queendom, dell'omonimo brano del 2013 del cantante ungherese Jolly, ed è un pezzo dalle sonorità festaiole, allegro, trascinante, inevitabilmente debitore dell'eurodance di qualche decennio fa, un po' sullo stile di "Dragostea Din Tei" (vi ho sbloccato un ricordo?), che però, nella versione full, prende e si trasforma in brano rap assolutamente impossibile da cantare al karaoke, un po' come l'effetto che Koumei nella serie ha voluto dare ai concerti di Eiko e Kabe, che mescolano diversi generi musicali per creare un connubio irresistibile. Il video, realizzato a regola d'arte, è psichedelico come nel miglior "JoJo" e ci porta in un viaggio tra l'antica Cina di Koumei e la moderna Shibuya di Eiko, tra antichi rotoli, luci stroboscopiche, sfondi psichedelici, personaggi che ballano e l'epica narrazione in stile tradizionale di Yasunori Masutani. Impossibile non fissarcisi, una volta che la senti, impossibile resisterle... e infatti nessuno lo ha fatto, il popolo del web si è subito scatenato in condivisioni e parodie: in versione più eurobeat, in versione a 8 bit, in live action, con Kazuma Kiryu di "Yakuza" al posto di Koumei, coi personaggi di "Spy x Family" e chi più ne ha più ne metta!
La ending, "Kibun Joujou", è un bel brano, ma contro alla virale popolarità di "Chiki Chiki Ban Ban" non ha potuto nulla. In qualche modo, siamo contenti che i fan l'abbiano presa e spinta all'eccesso con parodie e rielaborazioni sempre più folli, perché lo staff della serie non ha osato tanto, addirittura nell'ultimo episodio, dove avrebbero dovuto mandarla in versione full o remixandola in maniera esageratissima, "Chiki Chiki Ban Ban" non c'è nemmeno.
"Paripi Koumei" è una serie che è tante cose insieme: parte con una premessa assurda, ti incanta con una sigla che non ti esce più dalla testa, ma poi diventa anche una sorta di "Doraemon" con Koumei che deve tirare Eiko fuori dai guai con strategie bizzarre, un racconto di formazione, una commedia ambientata nel mondo della musica che viene analizzato (e criticato) in maniera interessante e più seria di quanto si pensi. È un anime davvero piacevole da seguire, che diverte, esalta, emoziona, a volte anche commuove, senza dubbio ti fa affezionare ai personaggi, ti lascia qualcosa dentro (anche solo una canzone con cui fissarti per settimane!) e arriva a un finale che ovviamente non è definitivo, ma un po' può andar bene anche così... e un po' no, perché ne vorremmo ancora e perché il formato di soli dodici episodi sta un po' stretto a una serie come questa, che alla fine lascia a livello superficiale la caratterizzazione di diversi personaggi di cui avremmo voluto sapere di più. Purtroppo, il finale, per come è costruito, non lascia molto spazio a una eventuale, futura, seconda stagione (che, nel caso miracoloso in cui dovesse arrivare, ovviamente accoglieremo con giubilo), ma tutto sommato il viaggio a suon di musica in questa assurda ma realistica Shibuya ci è piaciuto tantissimo e non ce lo scorderemo tanto facilmente. "Paripi Koumei" è una delle serie più particolari e interessanti dell'ultimo periodo, che merita senza dubbio un'occhiata e a cui senza dubbio finiremo per affezionarci, dispiacendoci che la parte rap della versione full di "Chiki Chiki Ban Ban" ci impedirà di cantarla al karaoke la prossima volta che a Shibuya potremo mettere piede dal vivo, come invece avevamo preventivato. E possiamo solo immaginare quanto la canzone sia risuonata, in questi tre mesi, alle radio della vera Shibuya...