Recensione
Il bruco
7.5/10
Recensione di DarkSoulRead
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“In preda a un terribile incubo Tokiko si svegliò, madida di sudore, pensando di aver lanciato un urlo. All’inizio Toriko provò una vaga paura, quasi un senso di ripugnanza. Col tempo, però, si trasformò ella stessa in un mostro affamato di desideri carnali”.
“Il bruco” è la declinazione a fumetti dell’omonimo racconto del 1929 di Edogawa Ranpo (traslitterazione di Edgar Allan Poe).
Suehiro Maruo, noto in Italia per “Midori - La ragazza delle camelie” e “Il vampiro che ride” (editi anch’essi da Coconino), si cimenta in una rivisitazione estrema e disturbante, infarcendola di pura depravazione che sfocia in sadismo e oscenità sessuali, confezionandola in una nuova veste perfettamente confacente alla sua nota cifra stilistica.
La storia racconta del tenente Sunaga, un uomo ritornato gravemente menomato dalla spedizione in Siberia. Sunaga ha perso tutti e quattro gli arti, e a causa delle lesioni riportate alle orecchie e alle corde vocali non è più in grado né di sentire né di parlare.
Quando ha bisogno di qualcosa l’uomo chiama la moglie battendo la testa sul tatami, per comunicare con lei invece utilizza una matita che stringe tra i denti.
Sunaga è ridotto ad un bruco strisciante e sofferente, la medaglia al valore assegnatagli per le sue eroiche gesta belliche lo erge a soldato insigne, onorificenza che però non può neanche lontanamente restituirgli quanto perso in guerra.
L’unica valvola di sfogo per l’uomo è l’attiva vita sessuale con sua moglie Tokiko, inizialmente sprezzante e schifata dalle condizioni del marito, saprà poi trovare in quella repulsione un’intensa carica erotica, scoprendo annidato nel suo cuore il demone del desiderio carnale, trasformando sempre più Sunaga, ridotto a un blocco di carne enfiata, in una sorta di strumento sessuale utile a sfamare la sua insaziabile cupidigia.
Maruo si conferma maestro dell’eros con un racconto perverso e raccapricciante, trascinando il lettore, con il suo classico tratto raffinato, in un maelstrom di immoralità perverse e istinti libidinosi.
Ai lettori più suscettibili e meno smaliziati lo stile del sensei potrebbe risultare indigesto, ma gli amanti dell’autore troveranno in quest’opera il pinnacolo espressivo di un mangaka che ha fatto scuola.
“Il bruco” è un manga polarizzante e divisivo, come la poetica di Maruo.
Un grido sordo nella nenia della notte, un’eco distorta che riecheggia stride dal più profondo dei baratri. L’esaltazione dell’ero-guro che non teme censure e non necessita la benché minima edulcorazione nel rivelare la sua essenza brutale.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Il tragico finale si rivela catartico: il bruco ormai libero da ogni peso morale si prepara all’ascensione, senza mutare in farfalla, senza volare, ma sondando gli abissi del più buio degli inferni.
“Potrà di certo sembrare un fatto strano… ma in quel confuso frangente Tokiko ebbe un’improvvisa allucinazione. Le parve di vedere la sagoma di un bruco che, in quella notte buia, strisciava pian piano sul ramo secco di un qualche albero. Arrivato poi all’estremità di quello stesso ramo… si era d’improvviso lasciato cadere, con il peso del proprio corpo inerme, in un abisso di tenebre senza fondo”.
“Il bruco” è la declinazione a fumetti dell’omonimo racconto del 1929 di Edogawa Ranpo (traslitterazione di Edgar Allan Poe).
Suehiro Maruo, noto in Italia per “Midori - La ragazza delle camelie” e “Il vampiro che ride” (editi anch’essi da Coconino), si cimenta in una rivisitazione estrema e disturbante, infarcendola di pura depravazione che sfocia in sadismo e oscenità sessuali, confezionandola in una nuova veste perfettamente confacente alla sua nota cifra stilistica.
La storia racconta del tenente Sunaga, un uomo ritornato gravemente menomato dalla spedizione in Siberia. Sunaga ha perso tutti e quattro gli arti, e a causa delle lesioni riportate alle orecchie e alle corde vocali non è più in grado né di sentire né di parlare.
Quando ha bisogno di qualcosa l’uomo chiama la moglie battendo la testa sul tatami, per comunicare con lei invece utilizza una matita che stringe tra i denti.
Sunaga è ridotto ad un bruco strisciante e sofferente, la medaglia al valore assegnatagli per le sue eroiche gesta belliche lo erge a soldato insigne, onorificenza che però non può neanche lontanamente restituirgli quanto perso in guerra.
L’unica valvola di sfogo per l’uomo è l’attiva vita sessuale con sua moglie Tokiko, inizialmente sprezzante e schifata dalle condizioni del marito, saprà poi trovare in quella repulsione un’intensa carica erotica, scoprendo annidato nel suo cuore il demone del desiderio carnale, trasformando sempre più Sunaga, ridotto a un blocco di carne enfiata, in una sorta di strumento sessuale utile a sfamare la sua insaziabile cupidigia.
Maruo si conferma maestro dell’eros con un racconto perverso e raccapricciante, trascinando il lettore, con il suo classico tratto raffinato, in un maelstrom di immoralità perverse e istinti libidinosi.
Ai lettori più suscettibili e meno smaliziati lo stile del sensei potrebbe risultare indigesto, ma gli amanti dell’autore troveranno in quest’opera il pinnacolo espressivo di un mangaka che ha fatto scuola.
“Il bruco” è un manga polarizzante e divisivo, come la poetica di Maruo.
Un grido sordo nella nenia della notte, un’eco distorta che riecheggia stride dal più profondo dei baratri. L’esaltazione dell’ero-guro che non teme censure e non necessita la benché minima edulcorazione nel rivelare la sua essenza brutale.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Il tragico finale si rivela catartico: il bruco ormai libero da ogni peso morale si prepara all’ascensione, senza mutare in farfalla, senza volare, ma sondando gli abissi del più buio degli inferni.
“Potrà di certo sembrare un fatto strano… ma in quel confuso frangente Tokiko ebbe un’improvvisa allucinazione. Le parve di vedere la sagoma di un bruco che, in quella notte buia, strisciava pian piano sul ramo secco di un qualche albero. Arrivato poi all’estremità di quello stesso ramo… si era d’improvviso lasciato cadere, con il peso del proprio corpo inerme, in un abisso di tenebre senza fondo”.