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La serie narra la vita quotidiana di quattro fratelli rimasti orfani e cresciuti dal maggiore, Hayato.
Il punto di forza di questo slice of life è la narrazione che riesce ad essere intensa, senza sfociare nel melodrammatico. I vari episodi, pur raccontando diversi aspetti del quotidiano, hanno un filo conduttore: gran parte dei personaggi, con il timore di causare disturbi al prossimo, tardano a chiedere aiuto, complicando poi ulteriormente la situazione. Potrei liquidare questo concetto con "Ah, questi Giapponesi che non comunicano mai", ma sappiamo bene che accade anche qui da noi.
Di tutte le vicende narrate, due mi sono rimaste particolarmente impresse: la prima è la puntata in cui Hayato si reca alla rimpatriata delle superiori e viene messo da parte, perché parla costantemente dei suoi fratelli minori come fossero figli, mentre la seconda tratta il rapporto tra Minato, il più fastidioso della famiglia, e la sua amica d'infanzia Uta. Pur andando alle medie, i due vivono il loro rapporto senza malizia, fino a quando la ragazza accetta una dichiarazione e la loro amicizia sembra andare in crisi. Entrambe le situazioni sono narrate con realismo e mi hanno sinceramente emozionato.
Un altro tratto distintivo è la regia, che sperimenta diverse tecniche, come ad esempio l'uso di foto vere e inquadrature suggestive. Spero vivamente che la serie venga riconfermata a breve, perché i quattro fratelli secondo me hanno ancora tante esperienze da vivere e raccontare.