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"Il bambino di Dio" non è la creazione più originale di questo mondo, e definirlo un capolavoro sarebbe molto ingenuo. Ciononostante, è un'opera di grande valore, e questo è comunque un merito che molti non possano vantare.

Riassumere cosa racconta l'opera non serve a molto.
Sia perché non è tanto la storia ciò che è più notevole di essa, sia perché non c'è molto da aggiungere nel presentarlo oltre quanto detto nella sua sinossi.
"Il bambino di Dio" parla dei momenti più importanti della vita di un serial killer, e lo fa in maniera forse non originale, ma sicuramente ben fatta e congeniata. La narrazione è totalmente dal punto di vista del protagonista, e ogni evento è narrato con la naturalezza con cui li vive, in un modo molto più efficace e verosimile di altre opere che si prodigano di fare lo stesso.
Laddove molti tendono a caricare le componenti più d'impatto per arrivare subito al lettore, anche la stessa calma distaccata del killer in questione, il fumetto del duo Nishioka Kyodai non lo fa quasi mai. Ogni parola e ogni descrizione è tranquilla, naturale, coerente, e potrebbe essere il dire di chiunque; non fosse per i ragionamenti che comunicano, e per gli oggetti di tali ragionamenti, non ci sarebbe nulla di inquietante o anche solo strano.

L'opera, semplicemente, riesce a trasmettere bene come il suo protagonista non sia "alieno" nel suo essere, ma che sia semplicemente una persona con la stessa capacità di ragionare degli altri, ma che si muove da idee distorte attraverso sentieri distorti per maturare ideali ancor più distorti.
Se Hannah Arendt scrisse della "banalità del male", potremmo dire che "Il bambino di Dio" racconti la banalità della follia. Mostra al meglio come la maggior parte dei pazzi non siano demoni, ma neanche superuomini, sono persone uguali a noi ma che, per qualche motivo, non operano nelle regole morali che noi diamo per scontato, anche solo inconsciamente.
Dopotutto, anche queste stesse regole morali, in alcuni casi, non nascono dalla natura umana, ma dai costumi che essa ha sviluppato nel corso della sua evoluzione. Costumi che a volte cambiano, come tutte le cose al mondo.

Detto ciò, è la componente grafica la vera regina di questo fumetto.
Lo stile estetico utilizzato per raccontare questa storia è, oltre che molto ben ragionato e riconoscibile, adatto alle basi e alle modalità con cui si voleva raccontarla. Uno stile semplice, ma che non manca di caratterizzare ogni scena con i dovuti dettagli.
Nella sua bidimensionalità e nel suo dare un aspetto pittorico ad ogni tavola, riesce a rendere l'idea di placida naturalità con cui il protagonista vive ogni cosa, ed ogni parte del disegno sembra un'estensione del suo protagonista. Alcune cose lo sono dichiaratamente, poiché sono presenti determinati eventi che sono chiare reinterpretazioni della realtà, e che differiscono da ciò che è accaduto per davvero, ma mostrando solo come lui ha, appunto, interpretato ogni cosa.

In sostanza, "Il bambino di Dio" è spesso grottesco, spesso scabroso, ma non è mai caricaturale.
Narra un viaggio nella mente di un folle, ma anche la difficile ammissione che tale luogo è sicuramente inquietante, ma non così distante dal nostro essere come vorremmo.

Non ho altro da dire, perché è difficile parlare a lungo delle cose belle.
Auf wiedersehen.