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I cacciatori di draghi appare come una sintesi fra genere fantascientifico, avventuroso e d'azione che attraverso tre racconti affronta il tema dello scontro fra umano e mostruoso.
È davvero affascinante il tratto dell'autore Tatsumi Aogu che diventa parte fondamentale di un'opera che vive principalmente nelle immagini e nel loro potere espressivo. Le trame sono delle tracce volutamente lasciate con ampi spiragli aperti all'immaginazione e al pensiero del lettore che può proseguire la lettura con la propria fantasia andando a fare ipotesi e congetture laddove l'autore ha volutamente lasciato spazio. Forse è proprio grazie a questo mostrare e non mostrare, raccontare e celare che questi racconti ipnotizzano il lettore e lo portano davvero altrove, facendo perdere completamente il senso del tempo. Il primo racconto, quello che da il titolo al volume è forse il più minimalista. L'ultimo "Nine" il più complesso nella concezione per quanto risulti ispirato in parte al filone Evangelion poi omaggiato da Del Toro in Pacifico Rim, ma con rimandi a Ghost in The Shell e altra fantascienza Cyberpunk. Il più lineare racconto è senz'altro quello centrale: "Mari tempestosi" ove c'è comunque spazio per una riuscitissima commistione fra Cyberpunk, e lo spirito d'avventura fra i mari di un Moby Dick. Difficile dire quale dei racconti sia il più riuscito. In apparenza potrebbe sembrare facile dire che si tratti proprio del più lineare al livello narrativo, invece il dubbio resta e con questo la voglia di rileggere questi racconti più avanti nel tempo. Di sicuro resta che l'autore ha un indiscutibile talento nonché una sua peculiare immaginazione. Sarebbe molto interessante leggere un suo fumetto più lungo per vedere se questa capacità di sperimentare possa rendere merito con forza anche ad una trama più articolata.