Recensione
Il viaggio di Shuna
6.5/10
Recensione di DarkSoulRead
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“C'era una volta, sul fondo di un'antica valle scavata da un ghiacciaio, un minuscolo Regno dimenticato dal tempo”
Prima di diventare il massimo esponente dell’animazione giapponese ed uno dei cineasti più influenti degli ultimi cinquant’anni, Hayao Miyazaki è stato anche un mangaka di tutto rispetto. Esattamente nel 1982, appena prima di cimentarsi nel suo magnum opus cartaceo (“Nausicaa della valle del vento”), Miyazaki sperimentava il suo estro creativo attraverso una fiaba illustrata: “Il Viaggio di Shuna”.
In un regno lontano, flagellato da una terribile carestia, Shuna, un principe dal cuore puro, abdica mettendosi in viaggio verso occidente per la Terra degli Esseri Divini, alla ricerca dei leggendari semi d’oro che potrebbero sfamare il suo popolo.
La storia, liberamente ispirata alla leggenda tibetana “Il principe che divenne cane”, si dipana con un incedere narrativo semplice e lineare che ci conduce placidamente al lieto fine annunciato. L’esiguità dei balloon, coadiuvati da alcune note didascaliche al margine, oltre a fornire un’esperienza piuttosto singolare, aiuta il lettore ad immergersi a pieno in tavole ricche di dettagli che si ergono sovente ad autentiche opere d’arte. Più che dalla narrativa in terza persona, che non sempre risulta efficace, si è trasportati nella lettura dalla consecutio immagini mozzafiato.
Il manga si presenta con una vesta grafica dissolvente ed ispirata, confacente alle atmosfere sognanti del racconto. Il delicato tratto pittorico di Miyazaki, esaltato dall’utilizzo degli acquerelli, esplode in tavole visionarie dall’incommensurabile potenza visiva, tutte a colori, da cui già risaltano nitidi i germogli creativi del grande regista che sarebbe diventato.
Forte dell’esperienza consolidata con le serie animate “Anna dai capelli rossi”, “Heidi”, “Marco dagli Appennini alle Ande” e “Conan il ragazzo del futuro”, e dopo essersi già approcciato alla settima arte con il suo primo lungometraggio animato “Lupin III - Il castello di Cagliostro”,
con “Il viaggio di Shuna” il sensei traccia le linee di quella che diventerà la sua semantica autoriale definitiva, destreggiandosi con virtuosa naturalezza tra vallate sconfinate e città in rovina. Si distinguono tracce di “Nausicaa della Valle del vento”, e “Laputa - Castello nel cielo”, anche se le principali analogie sono riscontrabili con “Mononoke-hime”. Il viaggio verso occidente del principe, rimanda a quello che intraprenderà Ashitaka in “Principessa Mononoke”, anche il character design di Ashitaka è ripreso da Shuna, e lo stesso cervo, Yakul, è condiviso dai due principi.
Compaiono inoltre alcuni dei temi che diventeranno dei mantra del corpus opere miyazakiano e dello Studio Ghibli in toto, tra cui: la denuncia contro la guerra e
l’iniquità umana, l’amore per la natura, e l’importanza della salvaguardia del pianeta.
Inizialmente, il sensei avrebbe voluto fare di questa storia un film, poi scartò l’idea in quanto si convinse che in Giappone un incipit così semplice non avrebbe funzionato. Ricordiamoci che all’epoca, fallire in un’impresa impegnativa e dispendiosa come quella di un lungometraggio animato, avrebbe significato rischiare di appendere le proprie velleità artistiche al chiodo.
Presa come opera assestante, “Il viaggio di Shuna” è una fiaba fantasy con una storia d’amore a far da sfondo, che non si distingue per colpi di scena o spessore narrativo; piuttosto funge da tassello fondamentale per i completisti del maestro Miyazaki e per tutti coloro che desiderano avere una visione d’insieme di uno degli artisti più influenti mai usciti dal Sol levante.
A livello tecnico “Il viaggio di Shuna” è cinema su carta, e si colloca in perfetta continuità artistica nel percorso evolutivo di un autore straordinario; tuttavia chi si aspetta di ritrovare l’impatto “morale” o il sottotesto stratificato di alcuni dei massimi capolavori del sensei rischia di rimanere deluso da una storia fin troppo semplice senza arzigogoli né pretese.
“Il viaggio di Shuna” è una fotografia dai colori tenui, un po’ sbiadita, una fiaba classica nei contenuti ed unica nella forma chiusa in un libro impolverato che profuma di nostalgia.
Prima di diventare il massimo esponente dell’animazione giapponese ed uno dei cineasti più influenti degli ultimi cinquant’anni, Hayao Miyazaki è stato anche un mangaka di tutto rispetto. Esattamente nel 1982, appena prima di cimentarsi nel suo magnum opus cartaceo (“Nausicaa della valle del vento”), Miyazaki sperimentava il suo estro creativo attraverso una fiaba illustrata: “Il Viaggio di Shuna”.
In un regno lontano, flagellato da una terribile carestia, Shuna, un principe dal cuore puro, abdica mettendosi in viaggio verso occidente per la Terra degli Esseri Divini, alla ricerca dei leggendari semi d’oro che potrebbero sfamare il suo popolo.
La storia, liberamente ispirata alla leggenda tibetana “Il principe che divenne cane”, si dipana con un incedere narrativo semplice e lineare che ci conduce placidamente al lieto fine annunciato. L’esiguità dei balloon, coadiuvati da alcune note didascaliche al margine, oltre a fornire un’esperienza piuttosto singolare, aiuta il lettore ad immergersi a pieno in tavole ricche di dettagli che si ergono sovente ad autentiche opere d’arte. Più che dalla narrativa in terza persona, che non sempre risulta efficace, si è trasportati nella lettura dalla consecutio immagini mozzafiato.
Il manga si presenta con una vesta grafica dissolvente ed ispirata, confacente alle atmosfere sognanti del racconto. Il delicato tratto pittorico di Miyazaki, esaltato dall’utilizzo degli acquerelli, esplode in tavole visionarie dall’incommensurabile potenza visiva, tutte a colori, da cui già risaltano nitidi i germogli creativi del grande regista che sarebbe diventato.
Forte dell’esperienza consolidata con le serie animate “Anna dai capelli rossi”, “Heidi”, “Marco dagli Appennini alle Ande” e “Conan il ragazzo del futuro”, e dopo essersi già approcciato alla settima arte con il suo primo lungometraggio animato “Lupin III - Il castello di Cagliostro”,
con “Il viaggio di Shuna” il sensei traccia le linee di quella che diventerà la sua semantica autoriale definitiva, destreggiandosi con virtuosa naturalezza tra vallate sconfinate e città in rovina. Si distinguono tracce di “Nausicaa della Valle del vento”, e “Laputa - Castello nel cielo”, anche se le principali analogie sono riscontrabili con “Mononoke-hime”. Il viaggio verso occidente del principe, rimanda a quello che intraprenderà Ashitaka in “Principessa Mononoke”, anche il character design di Ashitaka è ripreso da Shuna, e lo stesso cervo, Yakul, è condiviso dai due principi.
Compaiono inoltre alcuni dei temi che diventeranno dei mantra del corpus opere miyazakiano e dello Studio Ghibli in toto, tra cui: la denuncia contro la guerra e
l’iniquità umana, l’amore per la natura, e l’importanza della salvaguardia del pianeta.
Inizialmente, il sensei avrebbe voluto fare di questa storia un film, poi scartò l’idea in quanto si convinse che in Giappone un incipit così semplice non avrebbe funzionato. Ricordiamoci che all’epoca, fallire in un’impresa impegnativa e dispendiosa come quella di un lungometraggio animato, avrebbe significato rischiare di appendere le proprie velleità artistiche al chiodo.
Presa come opera assestante, “Il viaggio di Shuna” è una fiaba fantasy con una storia d’amore a far da sfondo, che non si distingue per colpi di scena o spessore narrativo; piuttosto funge da tassello fondamentale per i completisti del maestro Miyazaki e per tutti coloro che desiderano avere una visione d’insieme di uno degli artisti più influenti mai usciti dal Sol levante.
A livello tecnico “Il viaggio di Shuna” è cinema su carta, e si colloca in perfetta continuità artistica nel percorso evolutivo di un autore straordinario; tuttavia chi si aspetta di ritrovare l’impatto “morale” o il sottotesto stratificato di alcuni dei massimi capolavori del sensei rischia di rimanere deluso da una storia fin troppo semplice senza arzigogoli né pretese.
“Il viaggio di Shuna” è una fotografia dai colori tenui, un po’ sbiadita, una fiaba classica nei contenuti ed unica nella forma chiusa in un libro impolverato che profuma di nostalgia.