Recensione
The 8 Show
6.0/10
"The 8 Show" è un drama coreano del 2024, presente su Netflix, sia sottotitolato che doppiato in italiano.
La storia parla di otto persone diverse che, a causa di debiti e mancanza di soldi, decidono di partecipare a un gioco: dovranno rimanere rinchiusi all’interno di uno studio televisivo, in cui tutto è finto, e alloggiare in stanze posizionate in otto diversi piani.
Dietro a ogni telecamera si nasconde un pubblico di cui non sappiamo niente.
Più tempo resisteranno, più soldi potranno portare a casa, ma ben presto si scoprirà che non è così semplice come sembra.
La trama, per l’incipit, può ricordare molto altri drama o manga, primo fra tutti il suo connazionale "Squid Game".
In realtà, sono due storie che prendono strade completamente diverse e che hanno pochissimi punti in comune.
La prima cosa che destabilizza i giocatori è che, per comprare qualsiasi bene di prima necessità, dovranno spendere molto di più di quanto spenderebbero per un oggetto nel mondo reale, o pagare con il tempo rimanente nel gioco. Ma meno tempo residuo significa meno guadagno. E già questo fattore porta a discussioni all’interno del gruppo.
Ma il fatto che incrina del tutto l’equilibrio è un altro: i piani superiori hanno una stanza più grande e guadagnano di più.
Viene, infatti, semplicemente ricreata una piccola società, dove chi sta in alto detiene più potere.
Il messaggio arriva forte e chiaro: altro non è che una critica alla società capitalista, ovvero, chi ha i soldi detiene anche il potere e spesso ha in mano la vita degli altri.
"The 8 Show" conta otto episodi in un crescendo di ansia e agonia.
Ammetto di averlo finito più per curiosità riguardo al finale, che per altro, perché non ho ancora ben capito se mi è piaciuto o meno.
Ho apprezzato molto la prima parte, più psicologica, dove le scelte rispecchiano il piano in cui un giocatore vive e gli aspetti diversi del carattere di ogni personaggio; molto meno la seconda parte, troppo truce e violenta per i miei gusti, sicuramente non adatta a tutti.
Nella seconda metà del drama, infatti, si instaura un gioco di potere e supremazia per cui una parte dei giocatori vuole predominare sugli altri, ricorrendo a punizioni corporali, aggressioni e violenze.
Anche l'episodio n. 7, che è una chiara celebrazione al rinomato film “Arancia Meccanica”, l'ho trovato troppo truculento, anche perché venivamo da puntate già belle zeppe di torture; avrei sicuramente preferito vederne meno negli episodi prima e lasciare più spazio a questa parte, senza appesantirla con la violenza vista in precedenza: avrebbe avuto anche maggior risalto.
Avrei apprezzato, inoltre, maggior approfondimento della parte psicologica; è vero, psicologia dei personaggi e torture vanno a braccetto, ma sono dell'idea che se si fosse indagato di più sul passato dei giocatori, con più scene riguardanti il loro carattere prima di arrivare nel gioco, e sul perché sono giunti fin lì, avrebbe aiutato anche il messaggio che vuol lanciare questa serie.
Principalmente perché avrebbe alleggerito la visione, che sarebbe risultata più scorrevole da vedere anche per chi, come me, non regge bene certe scene.
In secondo luogo, perché avrebbe rafforzato e aiutato maggiormente il messaggio, che sarebbe arrivato forse in maggior misura, grazie ad un’escalation di tensione, e non di violenza.
Messaggio che comunque rimane realista e crudo, non lasciando nessun spazio alla speranza (contrariamente a quanto avviene in altri drama).
Per quanto riguarda la recitazione, niente da eccepire: gli attori sono entrati talmente tanto nella parte che alcuni ho stentato a riconoscerli, nonostante li avessi visti già in altre serie.
Il doppiaggio è buono, ma forse non all’altezza degli attori originali.
Bello il finale, forse troppo scenografico, ma dopotutto è in linea con il resto del drama.
Mi è piaciuta molto la scena finale, dopo i titoli di coda, che instaura un piccolo dubbio nello spettatore.
La storia parla di otto persone diverse che, a causa di debiti e mancanza di soldi, decidono di partecipare a un gioco: dovranno rimanere rinchiusi all’interno di uno studio televisivo, in cui tutto è finto, e alloggiare in stanze posizionate in otto diversi piani.
Dietro a ogni telecamera si nasconde un pubblico di cui non sappiamo niente.
Più tempo resisteranno, più soldi potranno portare a casa, ma ben presto si scoprirà che non è così semplice come sembra.
La trama, per l’incipit, può ricordare molto altri drama o manga, primo fra tutti il suo connazionale "Squid Game".
In realtà, sono due storie che prendono strade completamente diverse e che hanno pochissimi punti in comune.
La prima cosa che destabilizza i giocatori è che, per comprare qualsiasi bene di prima necessità, dovranno spendere molto di più di quanto spenderebbero per un oggetto nel mondo reale, o pagare con il tempo rimanente nel gioco. Ma meno tempo residuo significa meno guadagno. E già questo fattore porta a discussioni all’interno del gruppo.
Ma il fatto che incrina del tutto l’equilibrio è un altro: i piani superiori hanno una stanza più grande e guadagnano di più.
Viene, infatti, semplicemente ricreata una piccola società, dove chi sta in alto detiene più potere.
Il messaggio arriva forte e chiaro: altro non è che una critica alla società capitalista, ovvero, chi ha i soldi detiene anche il potere e spesso ha in mano la vita degli altri.
"The 8 Show" conta otto episodi in un crescendo di ansia e agonia.
Ammetto di averlo finito più per curiosità riguardo al finale, che per altro, perché non ho ancora ben capito se mi è piaciuto o meno.
Ho apprezzato molto la prima parte, più psicologica, dove le scelte rispecchiano il piano in cui un giocatore vive e gli aspetti diversi del carattere di ogni personaggio; molto meno la seconda parte, troppo truce e violenta per i miei gusti, sicuramente non adatta a tutti.
Nella seconda metà del drama, infatti, si instaura un gioco di potere e supremazia per cui una parte dei giocatori vuole predominare sugli altri, ricorrendo a punizioni corporali, aggressioni e violenze.
Anche l'episodio n. 7, che è una chiara celebrazione al rinomato film “Arancia Meccanica”, l'ho trovato troppo truculento, anche perché venivamo da puntate già belle zeppe di torture; avrei sicuramente preferito vederne meno negli episodi prima e lasciare più spazio a questa parte, senza appesantirla con la violenza vista in precedenza: avrebbe avuto anche maggior risalto.
Avrei apprezzato, inoltre, maggior approfondimento della parte psicologica; è vero, psicologia dei personaggi e torture vanno a braccetto, ma sono dell'idea che se si fosse indagato di più sul passato dei giocatori, con più scene riguardanti il loro carattere prima di arrivare nel gioco, e sul perché sono giunti fin lì, avrebbe aiutato anche il messaggio che vuol lanciare questa serie.
Principalmente perché avrebbe alleggerito la visione, che sarebbe risultata più scorrevole da vedere anche per chi, come me, non regge bene certe scene.
In secondo luogo, perché avrebbe rafforzato e aiutato maggiormente il messaggio, che sarebbe arrivato forse in maggior misura, grazie ad un’escalation di tensione, e non di violenza.
Messaggio che comunque rimane realista e crudo, non lasciando nessun spazio alla speranza (contrariamente a quanto avviene in altri drama).
Per quanto riguarda la recitazione, niente da eccepire: gli attori sono entrati talmente tanto nella parte che alcuni ho stentato a riconoscerli, nonostante li avessi visti già in altre serie.
Il doppiaggio è buono, ma forse non all’altezza degli attori originali.
Bello il finale, forse troppo scenografico, ma dopotutto è in linea con il resto del drama.
Mi è piaciuta molto la scena finale, dopo i titoli di coda, che instaura un piccolo dubbio nello spettatore.