Inside Out 2: recensione e conferenza del nuovo film Pixar
Nuove emozioni comportano grandi cambiamenti, e questi vanno affrontati con grande cura
di Olimpea
Così ha inizio Inside Out 2, con una Riley non più piccola che deve affrontare uno dei periodi più difficili e irti di ostacoli che la vita mette di fronte: l'età adolescenziale.
Un'entrata in scena molto brusca, quella della pubertà. Tantissimi cambiamenti così repentini che possono spaventare, perché fa paura andare avanti e sentirsi di colpo piccoli e impotenti. Dall'altra parte, tuttavia, si freme dalla voglia di crescere, farsi nuove amicizie, entrare in un bel liceo grazie ad una borsa di studio sportiva ed essere finalmente "cool". Ma spesso, questo significa dover fingere, comportarsi in un modo diverso dal solito, mascherare le proprie passioni con sarcasmo: cancellare, pezzo a pezzo, la propria convinzione di sé.
Il luminoso germoglio dell'Io nato dai momenti più significativi della propria vita è il punto focale del film, poiché sarà ciò che Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto (le emozioni conosciute con il film precedente) dovranno ritrovare all'interno dell'inconscio di Riley. Il tutto mentre la ragazza prova nuove sensazioni. Desidera, infatti, con Ansia di poter entrare nella squadra di hockey del liceo al quale vorrebbe iscriversi, con Invidia di poter diventare forte e "cool" come le altre giocatrici, e con Imbarazzo ed Ennui di poter nascondere sotto un tappeto con vergogna ed ironia il proprio lato bambinesco. Sebbene siano considerate nell'immaginario comune delle emozioni negative, queste vengono sin da subito presentate come un qualcosa di positivo per Riley, poiché le permettono di farsi strada nel nuovo ambiente e di capire quanto le sue azioni abbiano delle ripercussioni. Responsabilizzarsi.
"Paura protegge Riley dai pericoli che si vedono, io la proteggo dai pericoli che non si vedono", così dice Ansia in una delle sue prime battute introduttive. Fino alla prima metà del film, infatti, nonostante i vari scombussolamenti della mente di Riley sembra che il suo continuo digitare sulla console consenta alla ragazza di rendersi conto di quanto lei tenga a ciò che ha intenzione di costruire. Ansia crea dunque degli scenari grazie a dei disegnatori in un castello di cuscini (setting che potrebbe ricordare il vecchio metodo disneyano di fare animazione), attraverso i quali riflette sui svariati possibili futuri. Fallimenti, timori e angosce dovrebbero, secondo Ansia, spingere Riley ad impegnarsi e fare in modo che le cose si risolvano per il meglio. Purtroppo si renderà conto soltanto alla fine del male che sta facendo, e la sua innocenza iniziale si trasforma in un turbine di saette arancioni.
Il tappo salta via poco prima della così detta "partitaccia", ovvero il match di hockey conclusivo del camp al quale ha partecipato Riley con le sue amiche Bree e Grace. Se già prima si era creata una leggera tensione tra le tre, con la protagonista che frequenta più spesso le ragazze più grandi col timore di rimanere altrimenti da sola, l'ansia accumulata in quei tre giorni sfocia in un fiume di nervosismo e agitazione. Riley vuole entrare nella squadra a tutti i costi e per farlo deve segnare. Con le altre emozioni represse e nessuna possibilità di sfogare il suo malessere, durante i suoi due minuti di penalità soffre di un attacco d'ansia.
Mostrare in un prodotto d'intrattenimento questo tipo di malessere è importante ma al contempo anche pericoloso. Il rischio è quello di cadere nel ridicolo, minimizzando uno degli aspetti più complessi della psicologia umana. Tuttavia, il grande lavoro di studio che è stato svolto da decine di psicologi dietro la produzione di questo film hanno fatto sì che questa scena fosse così toccante, così vivida, da far tenere il fiato sospeso agli stessi spettatori, i cui sguardi rimangono incollati allo schermo con la speranza di vedere Riley tranquillizzarsi il prima possibile. Una stretta al cuore, un nodo alla gola, lacrime che fanno fatica a scendere, respiro affannato, e la convinzione di sé ormai diventata un rovo spinato che trema alle parole: "Non sono all'altezza".
Basta poco, veramente poco, per essere di supporto in contesti simili. Un occhio attento e non indifferente, un semplice abbraccio. Ma ciò che più importa è il rispetto, la comprensione e il dialogo. Riley finalmente riesce ad esternare le sue preoccupazioni con le sue amiche, e si libera di quell'enorme peso rivelatosi fortunatamente infondato. Dall'altra parte, Gioia comprende che non esiste solo un unico aspetto di Riley, ma tante, tantissime sfaccettature, dalle più positive alle più negative. Imporre un'unico tratto caratteristico dell'Io, quel dolce "Sono una brava persona", blocca la coscienza, la crescita e lo sviluppo, poiché anche ciò che brucia e grida a squarciagola "Sono egoista", "Non sono all'altezza", "Sono invidiosa" può rappresentare un modo sano per migliorarsi.
Inside Out 2 non è solo un film d'animazione, così come non lo è stato il primo. È un approfondimento della psiche nelle fasi più importanti della vita. È una raffigurazione intelligente, geniale e colorata di come le emozioni non siano semplicemente positive o negative, poiché solo se fuori controllo possono rivelarsi dannose. È un tributo alla causa della salute mentale nei giovani, perché sensibilizza in maniera mai scontata, né tantomeno offensiva, tematiche sempre più attuali e tristemente non abbastanza prese in considerazione. Tra flussi di coscienza che trasportano broccoli, pizze e cartoni come se fossero imbarcazioni, tempeste di idee che cadono dal cielo come gocce di pioggia fatte di vetro, e misteriosi caveau che celano i segreti più oscuri, in questo film conosciamo sempre di più la tenera Riley e riconosciamo una parte di noi stessi.
È un film che strizza l'occhio anche alla Nostalgia, una dolce nonnina che ricorda con un sorriso eventi avvenuti qualche secondo prima. Le sue simpatiche gag associate alla nonchalance di Ennui riportano il buonumore e spezzano i momenti di tensione con genuinità, permettendo allo spettatore di riprendere fiato. Ma la nostalgia risiede anche in alcuni personaggi che vivono ormai da anni all'interno del caveau dei segreti di Riley. Ed ecco che i ricordi si fanno risentire, momenti vissuti chissà quanto tempo prima, ma che portano tenerezza e serenità. Il cagnolino in 2D Bloofy con il suo marsupio animato Pouchy, il bellissimo e poetico guerriero videoludico Lance Slashblade e un gigante dal mantello nero pece sono personaggi il cui ruolo non è relegato al semplice omaggio, è bensì cruciale per la riuscita della missione di salvataggio di Gioia & company.
I design dei personaggi, i colori e le musiche hanno contribuito alla riuscita del film. Ansia è arancione, un colore vibrante che attira subito l'attenzione, e i suoi capelli frizzolosi rendono il suo carattere frizzante; Imbarazzo è un grande ragazzone rosa chiaro, pallidino, che nonostante la sua stazza si nasconde nella sua felpa grigia e sudaticcia; Invidia è molto più piccola rispetto alle altre emozioni, e con i suoi enormi occhi lucenti ammira il mondo dal basso verso l'alto; Ennui non mostra alcun interesse, maneggia la console con il suo telefono e parla in maniera sofisticata con il suo naso appuntito alla francese. Per quanto riguarda la musica, Andrea Datzman è la compositrice della colonna sonora, subentrata a Michael Giacchino, ma riprende fedelmente quanto fatto nel primo film e aggiunge qualche tocco in più: proprio come la crescita e lo sviluppo di una persona.
Si è avuto modo di conoscere il dietro le quinte sia della produzione che dell'adattamento in italiano durante la conferenza stampa tenutasi a Roma il 16 giugno. Gli ospiti d'eccellenza sono stati il regista Kelsey Mann, il produttore Mark Nielsen, e i doppiatori italiani Pilar Fogliati (Ansia), Federico Cesari (Imbarazzo), Marta Filippi (Invidia), Deva Cassel (Ennui) e Sara Ciocca (Riley, subentrata a Vittoria Bartolomei). Tantissimi gli argomenti trattati, così come tantissime le curiosità rivelate dai due ospiti statunitensi.
Ci sono voluti quattro anni per scrivere una storia che venisse considerata adatta per il secondo film. Il primo aveva aperto un mondo di opportunità, soprattutto per espandersi a nuove emozioni complesse. Mann e Nielsen hanno entrambi espresso la loro convinzione che, nonostante questa complessità, i bambini siano in grado di capire certi dettagli meglio di quanto non lo riescano a fare gli adulti.
Una domanda sorta spontanea è stata la scelta della focalizzazione sullo sport, in particolar modo l'hockey. Già nel primo film Riley era amante di questo sport, ma questo è stato il pretesto migliore per parlare dell'ansia negli adolescenti. "Molti film affrontano argomenti come le prime cotte, i cambiamenti di scuola e città, ma noi volevamo fare qualcosa di diverso", così procede a raccontare Mann: "Ho rivisto le foto di quando avevo 5 anni, stavo festeggiando il mio compleanno. Col passare degli anni ho notato quanto sia diventato sempre più infelice davanti a quella torta, perché odiavo che le persone mi guardassero. Adesso sono una persona diversa, e mi apprezzo. Volevo fare un film che mostrasse la protagonista che col tempo inizia ad amare sé stessa".
Per creare una storia ci vogliono tante idee. Mann si è detto entusiasta nell'aver avuto modo di "giocare con questo mondo", con così tante emozioni che non sono ancora state esplorate. È fiero del lavoro svolto in questo film, ma ciò che potrebbe venire dopo, in un eventuale sequel, si trova al momento a "Procrastination Land, sarà un Coming Soon". Una delle emozioni prese in questione doveva inizialmente apparire proprio in questo film. Infatti, la minuta Invidia doveva avere una sorella gemella: Gelosia. Tuttavia, a seguito di uno studio congiunto con gli psicologi, hanno compreso quanto tra le due ci siano delle grosse differenze, motivo per il quale si è optato di tenere Invidia. "(Gelosia) Potrebbe comparire in un prossimo film...", così hanno lasciato intendere.
Altre curiosità riguardano i segreti di Riley. Bloofy e Pouchy, in particolar modo, hanno attirato l'attenzione poiché sono i primi personaggi animati in 2D della Pixar: chiacchierando con il regista, ci ha personalmente confermato che Dora l'esploratrice, La casa di Topolino (soprattutto quando, per far comparire Pouchy sullo schermo, lo si deve chiamare così come viene fatto per Toodles) e Blue's Clues sono state le loro fonti di ispirazione primarie. I due sono animati in maniera poco raffinata, guardano e parlano costantemente con il pubblico rompendo la quarta parete: il cartone animato che Riley amava tanto quando era una pargola sa accendere una fiammella di nostalgia nel cuore degli spettatori.
Lo stesso accade con l'eroe Lance Slashblade, il quale però riesce a strappare anche qualche risata. Animazione in 3D con UV e textures limitate per dare un effetto di bassa risoluzione, un lip-sync non sempre corretto, i suoi passi e i suoi salti che spesso lo portano ad incastrarsi negli angoli: un omaggio ai videogiochi picchiaduro come Tekken e ai classici come The Legend of Zelda.
Anche nell'adattamento italiano vi è stato uno studio considerevole sulla psicologia, in modo tale da usare il lessico adatto ed esprimere al meglio ciascuna emozione. Lo staff ha voluto menzionare in particolare Stefania Andreoli, psicoterapeuta e scrittrice che ha già lavorato ad altri film Pixar quali Soul, Inside Out e Red: "Si è rivelata di grande aiuto". Il doppiaggio italiano, curato da Massimiliano Manfredi, vede la riconferma di Stella Musy (Gioia), Daniele Giuliani (Paura), Melina Martello (Tristezza), Paolo Marchese (Rabbia) e Veronica Puccio (Disgusto). Nuovi doppiatori per questo film sono Manuel Meli (Bloofy), Gabriele Patriarca (Pouchy), Stash (Lance Slashblade) e Roberto Fidecaro (Atroce Oscuro Segreto).
I doppiatori ospiti della conferenza hanno parlato delle emozioni a cui hanno prestato le voci, commentando il loro ruolo nel lungometraggio e soprattutto il loro compito nella vita di ogni giorno.
Pilar: "In questo film si parla di Ansia all'età 13 anni, e questo lo considero un messaggio importante. Ha reso in maniera così intelligente questa emozione che protegge Riley dai pericoli che non si vedono con il suo eccesso d'amore. Viene vista in chiave positiva".
Deva: "È molto importante annoiarsi, perché ciò ti permette di prendere del tempo per riflettere. Quando ero giovane non capivo il suo fine, ma tutti noi ci annoiamo ed è normale che sia così. Non me ne vogliano i francesi, ma l'accento di Ennui la rende così raffinata oltre che blasé".
Marta: "È stata una sorpresa per me doppiare Invidia. Nell'immaginario collettivo è un personaggio negativo, quando in realtà è piena di ammirazione, lo si vede dagli occhi. Mi sono ritrovata molto nel suo senso di inadeguatezza e nel suo desiderio di cercare un modello".
Federico: "Il nostro è un lavoro fondato sull'Imbarazzo, perché ti fa confrontare con la vera essenza di te e a quello che aspiri a essere. Quando devo andare incontro al personaggio e prendo le distanza da me c'è un po' di imbarazzo, ma compio un grande passo ed esploro la libertà che mi regala".
Anche Sara, la giovane doppiatrice di Riley, ha voluto così commentare il suo ruolo: "Sto attraversando lo stesso periodo di crescita di Riley, doppiarla è stata come una seconda trasformazione per me. Nell'adolescenza i cambi morali sono così repentini che non riesci a capire chi sta pilotando la tua mente. Nel mio caso, il caos che ne deriva sfocia nell'imbarazzo e nel silenzio. Ma se sono riuscita in questa impresa è solamente grazie al mio maestro e direttore di doppiaggio".
Il The Space Cinema Moderno di Roma si è riempito di colori e di festeggiamenti per il debutto italiano del film Pixar. Tra stand montati all'ingresso del cinema, poster e insegne appesi nei corridoi, è stato possibile farsi qualche foto ricordo con delle statue di Ansia e Gioia, girare con la macchina brandizzata e persino inaugurare un treno Intercity anch'esso brandizzato. Vi riportiamo qualche scatto nella nostra galleria.
Il film è uscito nei cinema il 19 giugno e fino ad ora ha raggiunto già la cifra importante di tre milioni di euro. Ringraziamo l'intera organizzazione per averci invitato alla proiezione e la conferenza.