Elden Ring senza l'”effetto wow” Ep. 1 – Vedi Sepolcride e poi muori

Un viaggio diverso dal solito alla ricerca di una o di tante verità

di Marcello Ribuffo

L'idea alla base di questo articolo o questa serie di articoli (dipende da voi), era quella di confutare una mia teoria: i difetti di Elden Ring sono palesi ma nascosti da una glassa di magniloquenza. In poche parole, bellissimo a vedersi e quindi, va bene così.

Eppure sono rimasto comunque meravigliato nuovamente dall'Interregno, da quel maledetto albero dorato e da Malenia. Il tutto, per la sesta volta. Già, perché per chi non lo sapesse, ho approcciato il DLC Shadow of the Erdtree in NG+ 5, un incubo, un suicidio gridato ai quattro venti ma da cui sono riuscito a uscire vincitore. Proprio il giorno prima dell'uscita della prima patch. Grazie From.
Dunque, ho voluto ricominciare il viaggio, una nuova partita con nuovo personaggio e nuova build. Abbandonata Vedovatrice e la sua ammirabile destrezza ecco dunque Demetra, ispirata un po' a Claymore visto che voluto fin da subito armarla di Spadone a due mani.
“Sarà un gioco da ragazzi” dico io. Del resto l'ho già finito cinque volte, compreso il DLC, lo conosco a menadito e mal che vada, c'è sempre la farming zone. Quest'ultima zona è stata il primo obiettivo anche se, riflettendoci, lo scopo di questo nuovo viaggio non era tanto “rompere” Elden Ring quanto, come detto, dimostrarne i suoi limiti, pur riconoscendone una maestosità di base. Inoltre, c'era anche la questione Shadow of the Erdtree, vissuta con valutazioni per forza di cose influenzate dalle bestemmie. Per cui, armati di sana pazienza e curiosità, si parte per un lungo, lungo viaggio.
 
Ecco Demetra, direttamente dal 1800

L'inzio è scoppiettante. Con tutto il pregresso narrativo, la prima cutscene di presentazione assume un valore diverso. Il Mangiasterco però fa sempre ridere. Si parte dunque vestiti di stracci e armati di sola mazza di legno e per immedesimarmi al meglio ho cominciato a improvvisare un certo “uga uga” a ogni colpo inferto. Ha un che di poetico l'idea di trasformare un personaggio di questo tipo in un dio sceso in terra, ma servirà ancora parecchio tempo per arrivarci. Saltando a piè pari la prima tomba dopo la zona tutorial, si va dritti verso l'ascensore e la prima porta che apre alla prima zona.
È incredibile come Sepolcride si apra al giocatore. Una cartolina, un wallpaper , un dipinto, una composizione di zone che vedremo solo successivamente. Ci si approccia ai giochi From Software con una buona dose di masochismo, un po' come quando leggi certi commenti sotto foto di ragazze dal bellissimo aspetto, riunite sotto l'unica dicitura “calpestami”. E calpestami caro Miyazaki, sono tutto tuo!

Siccome è parte integrante del mio piano perfetto, Varré è giusto farselo subito amico. Siamo il suo “pulcino” del resto. Ma subito un'altra cosa attrae la mia attenzione, un gigantesco cavaliere a cavallo e primo biglietto da visita figlio di Sekiro. “Ma sì, ne ho abbattuti decine, che sarà mai”.
Primo tentativo, tutto ok: ho tolto metà salute, sono fiducioso e non vedo l'ora di assaporare le sue rune. Tuttavia, mi accorgo subito che qualcosa non va: sono morto. Forse per una mia disattenzione, forse perché sono stato avventato o forse perché il cavaliere è volato in cielo scagliandosi su di me con il peso sommato di scudo, armatura e cavallo, trasformandomi in un potpourri di organi. Dopo diversi tentativi, mi ricordo di Renna e della sua campana che, per qualche strana ragione ricevetti dopo circa trenta ore di gameplay alla prima run. Bei tempi. Inoltre, mi sono accorto di una curiosa coincidenza: abbiamo il primo mercante vestito da Babbo Natale e “Renna” ci regala la Campana Evoca Spiriti. Coincidenze? Io non credo.
Si prosegue fino alla prima grazia ma non prima di liberarmi per sempre della mazza di legno. Mi accorgo che dire “uga uga” non è esattamente consono a un uomo del ventunesimo secolo, e lo Spadone del Vassallo può soltanto farmi bene.
 
Immaginatelo uguale ma non a fuoco.

Incontro Melina. Mi regala un cavallo o quel che è, ma soprattutto mi permette per la prima volta di livellare. Qui la situazione si fa importante: detesto la magia, proprio come concetto. Anche in Mass Effect non usavo mai i poteri biotici, per dirvi come provo una certa idiosincrasia per qualcosa che si genera dal nulla. Proprio come i finali di Mass Effect.
Però, voglio esplorare nuovi lidi, per cui, Magia sarà uno dei parametri principali da livellare. Voglio inoltre utilizzare la Cometa di Azur anche se, piccolo spoiler, non accadrà mai. L'idea è quella di andare direttamente da Margit ma Sepolcride è così pieno di possibilità che mi riperdo dentro. “Ehi ma c'era un drago qui nei dintor”: neanche il tempo di finire la frase che me lo ritrovo addosso come Sephiroth con Cloud nel remake di Final Fantasy VII. Anche qui, l'arroganza prende il sopravvento e anche qui le prendo di sana ragione. Capisco che non sono io a essere scarso ma è la fretta a fregarmi, l'aver troppa voglia di concludere uno scontro che non mi regalerà alcuna soddisfazione. Perché insomma, i draghi sono orribili da combattere ed è una cosa che From Software si porta dietro ormai con una certa fierezza. Targhettarlo è fuori discussione, pena aver un assaggio della versione VR di Elden Ring. Eppure basterebbe poco: basterebbe allontanare di poco la telecamera per avere un minimo di controllo su quanto stia accadendo. La telecamera di Elden Ring ─ e credetemi, verrà citata parecchio ─ è una pura scelta artistica: l'idea è quella di farci percepire la differenza di scala con il nemico e su questo, il più delle volte, funziona. Ma esiste anche il gameplay: quello che manca è un compromesso tra arte e fruibilità.


Decido di lasciar perdere e di procedere verso sud, incontrando Sellen senza ricordarmi della sua quest, una campana semovente e una fanciulla che somiglia fin troppo alla tizia che trova appetitosi gli occhi umani. Portiamo la sua lettera al padre ma quel che ci interessa è il boss di quell'area. Il feroce leone che affronto non può nulla contro la mia nuova build e i miei lupi inferociti, il che è un bene visto l'arma leggendaria che ci regala: un trono di spade portatile.
Nonostante abbia l'abilità di aumentare tutte le statistiche in mio possesso è inutilizzabile, non solo perché non amo le spade colossali ma soprattutto perché non ho forza sufficiente, a malapena utile per la mia spada da vassallo. In questo percorso non vi ho effettivamente ancora parlato del classico “fashion souls”, che fino a questo momento prevede l'armatura e guanti dei cavalieri di Godrick... e basta. La mia Demetra ormai avrà i calli di un presagio ma questo non la fermerà.
A questo punto l'obiettivo è Margit e dopo aver schivato dei missili posso finalmente cominciare la boss fight.
 
Poveri stolti.

Margit è uno dei boss migliori di Elden Ring. La sua combinazione di colpi rapidi e infinitamente lenti richiede un adattamento continuo, anche per via delle armi che può evocare. Ma ormai lo conosco abbastanza bene e cade al “primo try”. La sconfitta di Margit ci apre finalmente le porte al vero Elden Ring e al primo legacy dungeon . Alla ricerca disperata di pantaloni, vado in giro per il castello conoscendolo a menadito. Eppure questo non mi aiuta contro i lanciamissili a ricerca dell'entrata del dungeon, per cui, faccio il giro lungo. Dopo aver schivato agevolmente cavalieri con l'ultra istinto e rapaci con lame ed esplosivi, mi ricordo di un segreto e di un Cavaliere del Crogiolo, in fondo a una scarpata. Non l'avessi mai fatto: nonostante la mia incredibile bravura, i calli di Demetra spesso non fanno abbastanza presa sul terreno, scivolando e cadendo malamente nel vuoto. Scopro così che i “calli” sono una feature di gameplay. Il primo Cavaliere del Crogiolo è tosto, come gli altri del resto, ma nulla può contro i colpi della mia ormai federe Spada da Vassallo.

Andando in giro, trovo finalmente dei pantaloni ma soprattutto Nepheli Loux, il che può incontrami per la prima volta almeno con un dress code decente. Purtroppo Nepheli ha il destino segnato, ma ne riparleremo più in là.
È il momento di affrontare il primo demigod, Godrick, il genuflesso a Malenia. Essenzialmente è un personaggio ridicolo che vuole solo avere un po' di attenzioni. La sua presentazione è però d'impatto, questo bisogna riconoscerlo. Invoco anche Nepheli e mi accorgo di come in Shadow of the Erdtree le evocazioni siano su un altro livello: niente “Tu sia maledetto, Godrick!” ma solo un timido silenzio di una donna che vuole solo menare.
Godrick si rivela essere tosto, anche per via di alcuni colpi che ricordano per certi versi il meraviglioso Spirito Alboreo. Ogni tanto si fa fatica a seguire e risulta un po' sporco, ma in generale è una bella battaglia. A un certo punto tutto cambia: per via di un'eccessiva manicure, Godrick si amputa una mano, sostituendola con la testa di un Drago. In realtà è una moda che su Instagram ho visto spesso, con unghie a forma di gamberetti, di frutta e persino da servizio da tè. Insomma, non rimango particolarmente sorpreso dalla testa di Drago ma con mia meraviglia avevo completamente rimosso la possibilità che la sua presa trasformi il giocatore in un falò.
Alla fine, anche Godrick perisce e qui entra in scena la prima attivazione della sua Runa, la migliore di tutto il gioco a mani basse. Aumenta di cinque punti tutte le caratteristiche ma qualcosa comincia a solleticarmi sulla schiena. Comincio a capire: la Torre di Radahn. Me la sogno la notte. Ne riparleremo.

La fine di Godrick corrisponde anche alla fine di Sepolcride, la parte migliore di Elden Ring. Il titolo From Software, per quanto di alto livello, non riuscirà mai a replicare nelle successive mappe la maestosità, la concretezza e la densità della prima mappa di gioco. Questo è solo un primo diario di viaggio, un diario che coprirà l'intera esperienza alla ricerca di risposte.
Nonostante sia stata la sesta volta, Sepolcride rimane una gioia da giocare e da esplorare. C'è così tanto e di qualità che fa davvero impressione e alla fine, è il vero capolavoro di From Software. Eppure, riuscirà a fare di meglio nel DLC.
Incontrando Hyetta si chiude il primo capitolo di questo viaggio e voltandomi indietro, vedendo quei panorami, quelle opportunità e quelle ore di sano divertimento e meraviglia non posso far altro che esclamare: “è proprio vero: vedi Sepolcride e poi muori!”. Ma ora tocca a Liurnia e alla mamma di Ranni.
 
Non si vede nulla!


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