Il design di Macross: un perfetto mix tra grandi idee e colpi di genio
Vediamo in dettaglio come e perché si è arrivati al VF-1 Valkyrie ideato da Shoji Kawamori
di Marcello Ribuffo
Fortezza Superdimensionale Macross o per gli amici semplicemente Macross, ha avuto un impatto incredibile nella cultura pop, dal mondo del mecha design, a videogiochi e cinema. Persino Top Gun con protagonista Tom Cruise strizza l'occhio ad alcune scene presenti nell'anime, senza contare come Ace Combat ne sia un figlio praticamente diretto.
I meriti di Macross vanno al di là del semplice successo commerciale, uno dei casi in cui il numero di episodi previsti invece di essere tagliato (come avvenne per Mobile Suit Gundam) venne aumentato, passando da 26 a 36. Ovviamente, anche Lynn Minmay ha avuto il suo spazio, una delle prime idol non umane ad aver successo e che rese celebre la sua doppiatrice Mari Iijima, divenuta una star in campo musicale.
Potremmo scrivere pagine e pagine su Macross ma per evitare di tediarvi e approfittando dell'arrivo in quel di Lucca di Shoji Kawamori, soffermiamoci sul mecha design e alle scelte che hanno portato questa serie ad avere non solo un enorme successo ma anche una grossa influenza nel successivo sviluppo di nuovi prodotti.
Ci troviamo agli inizi degli anni ottanta e Mobile Suit Gundam ha appena cambiato le carte in tavola. Dopo decenni di cosiddetti Super Robot, il Gundam dava il via a un nuovo concetto: il robot come macchina, con regole precise su costruzione, fisica e tecnologia contestuale alla narrazione. Quest'ultimo punto è di fondamentale importanza perché prima di arrivare al modello finito occorre creare prima un contesto, una serie di regole in grado di creare un background preciso a ciò che si vuole raccontare: che tipo di tecnologia viene usata? E la fonte di energia? Il mondo raccontato e pacifico o no? Quanto ci si può spingere con l'immaginazione? E così via fino a quando la fase di brainstorming finisce in un cumulo di fogli sparsi qua e là.
È da qui che partono i primi bozzetti, costruiti sulla base di quanto immaginato. Può certamente capitare che uno influenzi l'altro, che magari un'idea avuta su un personaggio o su un mezzo possa in qualche modo cambiare alcuni elementi del contesto attorno a loro e nel caso di Macross, è avvenuto più o meno questo.
Per capire bene il perché si sia arrivato ai Valkyrie, i robot trasformabili della serie, dobbiamo fare un passo indietro e conoscere le prime ambizioni di Kawamori. Sin da piccolo, si è appassionato di ingegneria e aerospazio per cui, quando ebbe l'opportunità di lavorare al mecha design di Capitan Harlock unì l'utile al dilettevole. Shoji Kawamori capì infatti che in questo settore, quello dell'animazione, poteva dare vita a tutte le sue idee, sfociate poi in Macross.
I primi schizzi ideati per puro gioco, sfruttando soprattutto la passione per Gundam (avendo nel frattempo fondato un fan club chiamato Gunsight One) furono utilizzati come base per creare qualcosa di nuovo, un concetto intravisto in Gundam ma che poteva essere ulteriormente esplorato. L'unione delle sue passioni diede vita al VF-1 Valkyrie, uno dei robot più iconici dell'animazione. L'ispirazione è palese: il Grumman F-14 Tomcat, caccia divenuto famoso soprattutto per il film Top Gun, ha la particolarità di avere ali a geometria variabile che gli permette di avere ottime prestazioni a ogni velocità di crociera. Per certi verti, è un aereo trasformabile e chi meglio di lui per fargli fare un salto ulteriore!? Il nome utilizzato invece, deriva da un bombardiere sperimentale: il North American XB-70 Valkyrie in grado di superare la velocità Mach 3, fantascienza per gli anni sessanta.
Il design del VF-1 Valkyrie influenzerà pesantemente quello dello Z Gundam ma mentre nello spazio ci si può prendere delle libertà aerodinamiche, nell'atmosfera la situazione è un po' più complessa. Non basta semplicemente disegnare un aereo che si trasforma: come detto poc'anzi, nella sfera del real robot, il tutto deve essere verosimile e in questo caso, il design del caccia deve sposarsi con le componenti necessarie alla trasformazione in robot. Questi elementi in più non devono ostacolare il flusso d'aria in grado di creare la portanza necessaria per mantenere in aria il caccia ma nello stesso tempo, bisogna realizzare una trasformazione di facile comprensione per gli spettatori e una cabina di pilotaggio adatta in tutte le condizioni. Già solo questo basta per far comprendere la complessità della cosa. Ma per rendere ancora tutto più difficile, c'è un'altra questione: queste creazioni devono essere animate. Per cui, il design originale deve essere ridotto in qualche modo ai minimi termini, per permettere agli animatori di non impazzire e tenere il massimo controllo sulle varie parti singole del soggetto. È per questo che l'avvento della CGI è stato un bene per i designer, perché l'idea originale, ultra dettagliata ha più possibilità di essere messa in campo.
Tutti problemi da superare ma in Macross, si son fatte le cose per bene, perché come raccontato sia nella serie principale sia in Macross Zero (il prequel), la questione aereo trasformabile non era certo di facile costruzione. L'aver recuperato tecnologia aliena da quella che poi sarebbe diventata la SDF-1 Macross aveva sicuramente dato una mano, ma c'erano diversi limiti da superare. Il primo prototipo VF-0 Phoenix seppe dimostrare che tutto ciò era fattibile, superando i problemi aerodinamici citati poc'anzi. Ed è bello vedere come sia nel mondo reale sia nel mondo di fantasia, si cerchi di superare gli stessi identici problemi.
La trasformazione in sé del VF-1 Valkyrie diede infatti parecchi grattacapi a Kawamori. Analizzando un modellino di un F-14, cercava di capire dove e come posizionare le varie parti del robot, arrivando a pensare inizialmente di congiungere le braccia per formare il muso del caccia. Tuttavia, non risultava molto elegante e così cercò nuove soluzioni. Si accorse che tra i due post-bruciatori (che divennero le gambe) c'era un po' di spazio vuoto, il posto perfetto per piegare quegli arti in mondo omogeneo. Si decise anche, fortunatamente per il pilota, di coprire il cockpit con un'armatura, visto che sarebbe diventata una delle parti più esposte del robot.
Un perfetto esempio della massima dell'architetto Louis Henry Sullivan “la forma segue la funzione”, dove lo stile e le esigenze di progettazione (design) si fondono alla perfezione. Il VF-1 Valkyrie è infatti uno dei massimi esponenti del mecha design, una geniale semplicità che si è un po' persa negli anni successivi, in cui spesso lo stile prevale su tutto.
Stranamente però, all'azienda che produceva i giocattoli, Takatoku , non piacque. I caccia non vendevano e non era visto di buon occhio qualcosa in grado di trasformarsi, forse troppo complicato per un bambino. All'epoca, il merchandising aveva un impatto incredibile sui prodotti destinati alla TV e al cinema: in mancanza di internet, di cellulari e di un globalizzazione ancora da concretizzarsi, molto passava dai modellini o dai giocattoli per cui, il rifiuto di Takatoku di investire sul progetto Macross rischiava seriamente di mandare tutto a monte. Anche qui Kawamori mise del suo: il miglior modo di mostrare le capacità di un prodotto è quello di vederlo in funzione ed è così che il designer commissionò la creazione di un prototipo funzionante del modellino VF-1 Valkyrie, trasformabile in tutte e tre le sue fasi. Inutile dire come questa volta, Takatoku se ne innamorò.
Ma come tre fasi? Oltre al caccia e al robot, esisteva un'altra trasformazione? Esatto, ed è la prima che si vede nel primo episodio di Macross: la modalità GERWALK. Acronimo che sta per Ground Effective Reinforcement of Winged Armament with Locomotive Knee-joint, questa trasformazione era una via di mezzo tra le due modalità principali, idea venuta in mente durante una vacanza in montagna di Kawamori. Osservando i vari sciatori e la loro classica posa, immaginò un robot curvato in avanti, simile a un uccello. Di fatti, le articolazioni delle “ginocchia” del Valkyrie sono piegate al contrario ed è da questa modalità che partì tutto il progetto. Il GERWALK è appunto la prima vera idea del VF-1, elaborata poi successivamente in quella che conosciamo, il robot umanoide che subirà tante variazioni nelle serie successive.
Tutto questo parte dalla capacità di Shoji Kawamori nel vedere ciò che ci circonda con una prospettiva diversa, anche se anche in questo caso, la prima versione di questo progetto, venne sonoramente bocciata. In fin dei conti è il destino di tutti coloro che lavorano prima di tutto con la fantasia, una serie infinita di fallimenti fino a trovare la quadra perfetta. E quando la si trova, spesso si cambia il mondo.
Il VF-1 Valkyrie è un capolavoro ma come ben sappiamo, Shoji Kawamori ha ideato ben di più, dal Gundam Zephyranthes al Nirvash di Eureka Seven, senza dimenticare il suo contributo nella realizzazione dell'ASF-X Shinden II, uno dei caccia più iconici della serie Ace Combat, citato per chiudere un po' il cerchio su un percorso impressionante, fatto di idee e colpi di genio.
I meriti di Macross vanno al di là del semplice successo commerciale, uno dei casi in cui il numero di episodi previsti invece di essere tagliato (come avvenne per Mobile Suit Gundam) venne aumentato, passando da 26 a 36. Ovviamente, anche Lynn Minmay ha avuto il suo spazio, una delle prime idol non umane ad aver successo e che rese celebre la sua doppiatrice Mari Iijima, divenuta una star in campo musicale.
Potremmo scrivere pagine e pagine su Macross ma per evitare di tediarvi e approfittando dell'arrivo in quel di Lucca di Shoji Kawamori, soffermiamoci sul mecha design e alle scelte che hanno portato questa serie ad avere non solo un enorme successo ma anche una grossa influenza nel successivo sviluppo di nuovi prodotti.
Ci troviamo agli inizi degli anni ottanta e Mobile Suit Gundam ha appena cambiato le carte in tavola. Dopo decenni di cosiddetti Super Robot, il Gundam dava il via a un nuovo concetto: il robot come macchina, con regole precise su costruzione, fisica e tecnologia contestuale alla narrazione. Quest'ultimo punto è di fondamentale importanza perché prima di arrivare al modello finito occorre creare prima un contesto, una serie di regole in grado di creare un background preciso a ciò che si vuole raccontare: che tipo di tecnologia viene usata? E la fonte di energia? Il mondo raccontato e pacifico o no? Quanto ci si può spingere con l'immaginazione? E così via fino a quando la fase di brainstorming finisce in un cumulo di fogli sparsi qua e là.
È da qui che partono i primi bozzetti, costruiti sulla base di quanto immaginato. Può certamente capitare che uno influenzi l'altro, che magari un'idea avuta su un personaggio o su un mezzo possa in qualche modo cambiare alcuni elementi del contesto attorno a loro e nel caso di Macross, è avvenuto più o meno questo.
Per capire bene il perché si sia arrivato ai Valkyrie, i robot trasformabili della serie, dobbiamo fare un passo indietro e conoscere le prime ambizioni di Kawamori. Sin da piccolo, si è appassionato di ingegneria e aerospazio per cui, quando ebbe l'opportunità di lavorare al mecha design di Capitan Harlock unì l'utile al dilettevole. Shoji Kawamori capì infatti che in questo settore, quello dell'animazione, poteva dare vita a tutte le sue idee, sfociate poi in Macross.
I primi schizzi ideati per puro gioco, sfruttando soprattutto la passione per Gundam (avendo nel frattempo fondato un fan club chiamato Gunsight One) furono utilizzati come base per creare qualcosa di nuovo, un concetto intravisto in Gundam ma che poteva essere ulteriormente esplorato. L'unione delle sue passioni diede vita al VF-1 Valkyrie, uno dei robot più iconici dell'animazione. L'ispirazione è palese: il Grumman F-14 Tomcat, caccia divenuto famoso soprattutto per il film Top Gun, ha la particolarità di avere ali a geometria variabile che gli permette di avere ottime prestazioni a ogni velocità di crociera. Per certi verti, è un aereo trasformabile e chi meglio di lui per fargli fare un salto ulteriore!? Il nome utilizzato invece, deriva da un bombardiere sperimentale: il North American XB-70 Valkyrie in grado di superare la velocità Mach 3, fantascienza per gli anni sessanta.
Il design del VF-1 Valkyrie influenzerà pesantemente quello dello Z Gundam ma mentre nello spazio ci si può prendere delle libertà aerodinamiche, nell'atmosfera la situazione è un po' più complessa. Non basta semplicemente disegnare un aereo che si trasforma: come detto poc'anzi, nella sfera del real robot, il tutto deve essere verosimile e in questo caso, il design del caccia deve sposarsi con le componenti necessarie alla trasformazione in robot. Questi elementi in più non devono ostacolare il flusso d'aria in grado di creare la portanza necessaria per mantenere in aria il caccia ma nello stesso tempo, bisogna realizzare una trasformazione di facile comprensione per gli spettatori e una cabina di pilotaggio adatta in tutte le condizioni. Già solo questo basta per far comprendere la complessità della cosa. Ma per rendere ancora tutto più difficile, c'è un'altra questione: queste creazioni devono essere animate. Per cui, il design originale deve essere ridotto in qualche modo ai minimi termini, per permettere agli animatori di non impazzire e tenere il massimo controllo sulle varie parti singole del soggetto. È per questo che l'avvento della CGI è stato un bene per i designer, perché l'idea originale, ultra dettagliata ha più possibilità di essere messa in campo.
Tutti problemi da superare ma in Macross, si son fatte le cose per bene, perché come raccontato sia nella serie principale sia in Macross Zero (il prequel), la questione aereo trasformabile non era certo di facile costruzione. L'aver recuperato tecnologia aliena da quella che poi sarebbe diventata la SDF-1 Macross aveva sicuramente dato una mano, ma c'erano diversi limiti da superare. Il primo prototipo VF-0 Phoenix seppe dimostrare che tutto ciò era fattibile, superando i problemi aerodinamici citati poc'anzi. Ed è bello vedere come sia nel mondo reale sia nel mondo di fantasia, si cerchi di superare gli stessi identici problemi.
La trasformazione in sé del VF-1 Valkyrie diede infatti parecchi grattacapi a Kawamori. Analizzando un modellino di un F-14, cercava di capire dove e come posizionare le varie parti del robot, arrivando a pensare inizialmente di congiungere le braccia per formare il muso del caccia. Tuttavia, non risultava molto elegante e così cercò nuove soluzioni. Si accorse che tra i due post-bruciatori (che divennero le gambe) c'era un po' di spazio vuoto, il posto perfetto per piegare quegli arti in mondo omogeneo. Si decise anche, fortunatamente per il pilota, di coprire il cockpit con un'armatura, visto che sarebbe diventata una delle parti più esposte del robot.
Un perfetto esempio della massima dell'architetto Louis Henry Sullivan “la forma segue la funzione”, dove lo stile e le esigenze di progettazione (design) si fondono alla perfezione. Il VF-1 Valkyrie è infatti uno dei massimi esponenti del mecha design, una geniale semplicità che si è un po' persa negli anni successivi, in cui spesso lo stile prevale su tutto.
Stranamente però, all'azienda che produceva i giocattoli, Takatoku , non piacque. I caccia non vendevano e non era visto di buon occhio qualcosa in grado di trasformarsi, forse troppo complicato per un bambino. All'epoca, il merchandising aveva un impatto incredibile sui prodotti destinati alla TV e al cinema: in mancanza di internet, di cellulari e di un globalizzazione ancora da concretizzarsi, molto passava dai modellini o dai giocattoli per cui, il rifiuto di Takatoku di investire sul progetto Macross rischiava seriamente di mandare tutto a monte. Anche qui Kawamori mise del suo: il miglior modo di mostrare le capacità di un prodotto è quello di vederlo in funzione ed è così che il designer commissionò la creazione di un prototipo funzionante del modellino VF-1 Valkyrie, trasformabile in tutte e tre le sue fasi. Inutile dire come questa volta, Takatoku se ne innamorò.
Ma come tre fasi? Oltre al caccia e al robot, esisteva un'altra trasformazione? Esatto, ed è la prima che si vede nel primo episodio di Macross: la modalità GERWALK. Acronimo che sta per Ground Effective Reinforcement of Winged Armament with Locomotive Knee-joint, questa trasformazione era una via di mezzo tra le due modalità principali, idea venuta in mente durante una vacanza in montagna di Kawamori. Osservando i vari sciatori e la loro classica posa, immaginò un robot curvato in avanti, simile a un uccello. Di fatti, le articolazioni delle “ginocchia” del Valkyrie sono piegate al contrario ed è da questa modalità che partì tutto il progetto. Il GERWALK è appunto la prima vera idea del VF-1, elaborata poi successivamente in quella che conosciamo, il robot umanoide che subirà tante variazioni nelle serie successive.
Tutto questo parte dalla capacità di Shoji Kawamori nel vedere ciò che ci circonda con una prospettiva diversa, anche se anche in questo caso, la prima versione di questo progetto, venne sonoramente bocciata. In fin dei conti è il destino di tutti coloro che lavorano prima di tutto con la fantasia, una serie infinita di fallimenti fino a trovare la quadra perfetta. E quando la si trova, spesso si cambia il mondo.
Il VF-1 Valkyrie è un capolavoro ma come ben sappiamo, Shoji Kawamori ha ideato ben di più, dal Gundam Zephyranthes al Nirvash di Eureka Seven, senza dimenticare il suo contributo nella realizzazione dell'ASF-X Shinden II, uno dei caccia più iconici della serie Ace Combat, citato per chiudere un po' il cerchio su un percorso impressionante, fatto di idee e colpi di genio.