Speciale - Assassin's Creed: uno storico franchise che non impara dalla propria storia

Ripercorriamo la storia di Assassin's Creed, un percorso fatto di colpi di genio ma anche di terribili sbagli

di Marcello Ribuffo

L'Assassin's Creed più controverso sta per arrivare. Shadows è forse il capitolo su cui si sono gettate più “ombre”, oltre ad avere la grossa responsabilità di tenere a galla una Ubisoft che rischia seriamente di colare a picco. Eppure, c'è stato un momento in cui andava tutto bene, dove ogni capitolo era un successo garantito e in cui si dava sfoggio della creatività e della qualità degli sviluppatori tutti.
 
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Oggi ripercorriamo – seppur brevemente – la storia di Assassin's Creed, dagli albori sino all'imminente capitolo ambientato in Giappone. Storie di sviluppo più o meno travagliate, di scelte sbagliate ma anche di lampi di genio che hanno fatto sì che Assassin's Creed sia divenuto uno dei brand più importanti e influenti della storia dei videogiochi. E il tutto parte... con una sonora presa in giro.
È ormai ampiamente risaputo che il progetto Assassin's Creed nasce da una costola di Prince of Persia, brand di spessore acquisito da Ubisoft e su cui la società francese puntava forte, soprattutto per aprire la settima generazione di console col botto. In quegli anni, un certo Patrice Désilets si era conquistato una certa fama all'interno del team, soprattutto per aver ideato una delle feature più famose de Le Sabbie del Tempo, il primo capitolo del nuovo corso di Prince of Persia: il rewind. Questa caratteristica permetteva al giocatore di riscattarsi da un errore in combattimento o durante una fase platform, cosa ne decretò un successo di assoluto livello. È anche per questo che il nuovo capitolo destinato alle console di nuova generazione venne affidato a Désilets, ma lui aveva tutt'altri piani.

Interessato nel frattempo alla Setta degli Assassini, grazie anche al romanzo Alamut, i lavori procedevano all'insaputa di tutti. La gran maggioranza dei membri del team e ai piani alti erano convinti che gli investimenti e tutto il lavoro era propedeutico alla realizzazione del nuovo Prince of Persia, di cui venne realizzata una “finta” demo con le prime idee sul gioco (che potrete vedere qui sotto). Ma era un inganno; persino il titolo: Prince of Persia: Assassins, in realtà non esisteva. Esisteva un'idea più ampia, un nuovo brand, un nuovo concetto di free roaming e un'iconografia che sarebbe diventata simbolo di Ubisoft sin dai primi momenti. Grazie all'ingresso di Jade Raymond nel team si completarono i lavori, non senza difficoltà. Ed inutile dire come il primo capitolo sia stato un successo senza precedenti, entrando immediatamente nell'immaginario collettivo grazie a idee assolutamente geniali. Assassin's Creed ha sempre viaggiato su un doppio filo narrativo, con una storia ambientata nel passato e una contemporanea grazie a un espediente narrativo su cui Désilets si imbatté per caso, davanti un documentario. Rivivere i ricordi dei propri antenati attraverso lo studio del DNA fu quella scintilla che diede al brand un fascino unico, arricchito da una realizzazione certosina delle ambientazioni storiche e una sceneggiatura arricchita di molti elementi filosofici e umanistici. Il famoso motto “Nulla è reale. Tutto è lecito” racchiude parecchio della società contemporanea, in cui finzione, percezione del libero arbitrio e la reale essenza della parola “libertà” si mescolano, traghettando il giocatore attraverso una strana scala di grigi della sceneggiatura. Assassini e Templari di fatti non sono molto dissimili: è solo il modo in cui arrivare a quella famosa “libertà” e pace a cambiare. Se per i primi è fondamentale una presa di coscienza del mondo che ci circonda (da lì il motto), per i Templari la visione è un po' più pessimistica, con libertà e pace che andrebbero imposte dall'alto, forzate appunto perché l'umanità brama di esser controllata. Insomma, Assassin's Creed è un po' più di quello che appare e nonostante i limiti di un gamplay poco soddisfacente, è riuscito a ritagliarsi un grosso spazio nell'intricato mercato videoludico.



Con Assassin's Creed II comincia l'età d'oro del franchise ma per certi versi, si intravedono anche i segni della sua caduta. Il brand diventa popolare a tal punto che in ogni dove si vedono riferimenti ad Assassin's Creed, persino in un trailer di Metal Gear Solid 4. L'ascesa della nuova IP Ubisoft ricorda quello che accadde a un altro brand di una potenza spaventosa, quello di Tomb Raider (qui potrete trovare l'approfondimento) molto simile per genesi e apocalisse. Ma Ubisoft non se ne preoccupo', puntando forte su un protagonista incredibilmente carismatico come Ezio Auditore, un'Italia Rinascimentale magniloquente e un deciso ampliamento della lore, con l'introduzione degli Isu e di quello che rappresentano. Se il primo capitolo diede un assaggio delle potenzialità narrative del nuovo franchise, Assassin's Creed II le eleva, anche se si è assistito a una certa semplificazione e standardizzazione di alcune tematiche. Ma da qui, le cose cominceranno a prendere una piega diversa da quanto preventivato, a cominciare dall'addio di Désilets, forse insoddisfatto di come la sua creatura stava venendo gestita. La pesante serializzazione del franchise, infatti, tocca vette altissime con Brotherood, sequel delle vicende di Ezio Auditore che addirittura si concludeva con un cliffhanger, mentre con Revelation assistevamo al concludersi delle sue vicende e una presa di coscienza in grado persino di infrangere la quarta parete. Tuttavia, qualcosa cominciava a non essere apprezzato come dovuto. La produzione di un capitolo all'anno, per forza di cose, limitava pesantemente l'introduzione di novità spesso richieste, come un combat system più soddisfacente e un'esplorazione in grado di regalare qualche novità. L'attesa su Assassin's Creed III era infatti spasmodica, visto anche il passaggio a un nuovo motore grafico chiamato AnvilNext. Questo motore prometteva faville, a cominciare da una resa dei fluidi unica nel suo genere una veste grafica di assoluto livello. Con il protagonista Connor Kenway, si cercò di replicare quanto fatto con Ezio, mancando però completamente il bersaglio. Il poco carisma di Connor, unito al mancato sfruttamento delle sue dualità (nativo americano/Gran Bretagna – Assassino/Templare), ha trascinato il giocatore in vicende poco interessanti e con il poco sfruttamento della Rivoluzione Americana. Ma tutti gli occhi erano su Desmond Miles. Fin qui non è stato citato, ma è proprio intorno a lui che finora hanno ruotato tutte le vicende del franchise. Un barista che si è ritrovato costretto a rivivere i ricordi dei propri avi e coinvolto in qualcosa ben più grande di lui, ora ha in mano il potere di salvare il mondo.

La conclusione delle sue vicende era un evento attesissimo e tutti gli appassionati non vedevano l'ora di conoscere il suo destino, dei suoi compagni e degli Isu. Purtroppo il finale non si è rivelato all'altezza, lasciando nel dubbio i fan allo spuntare della prima scena mid-credit. Già, perché Ubisoft non aveva assolutamente intenzione di abbandonare il brand: una gallina dalle uova d'oro come Assassin's Creed andava spremuta fin quando si poteva e anche di più, segnando così un vetusto destino.
Si prosegue dunque con il quarto capitolo denominato Black Flag, basato su un elemento secondario del terzo capitolo: le battaglie navali. Ambientato durante il periodo d'oro della pirateria, questo capitolo risulta ancora oggi uno dei più apprezzati (anche per questo è in arrivo un rebuild non ancora annunciato), anche se di “Assassin's Creed”, c'è veramente poco. Ma nulla poteva prepararci a quello che stava per arrivare, un capitolo che avrebbe messo fine all'amore incondizionato per il brand.
L'attesa per l'ottava generazione di console era legata anche al nuovo Assassin's Creed che avrebbe vantato grosse novità in termini di gameplay e resa visiva. Il risultato: un disastro in piena regola. Grossi problemi di sviluppo hanno portato Ubisoft a saltare piè pari il controllo qualità, portando sugli schermi qualcosa paragonabile a Tomb Raider: The Angel of Darkness e superato soltanto da Cyberpunk 2077 (qui un approfondimento). Ma come accaduto per il titolo CD Projekt RED, i vari bug e glitch distolsero l'attenzione da quelli che erano i veri problemi di Assassin's Creed Unity, non solo lato struttura ma anche narrativi, non riuscendo mai a sfruttare davvero l'ambientazione della Rivoluzione Francese. Eppure, tra quei problemi si intravedeva un po' di luce: per quanto ancora macchinoso, il sistema di parkour venne rielaborato, separando i comandi di salita e discesa ma soprattutto, tornava l'assassinio vecchio stampo, dove era necessario svolgere delle indagini e decide il modo con cui concludere la missione. Ma un altro capitolo ebbe il sapore di occasione mancata, Rogue che per la prima volta metteva il giocatore nei panni di un Assassino in grado di rinnegare la causa e passare ai Templari. Anche qui, una scrittura poco incisiva non ha dato merito a un'ottima idea, in grado di contrapporre al meglio i due schieramenti che in fondo, si somigliano parecchio.
 
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Questo però non bastò e il successivo Assassin's Creed Syndicate, per quanto si trattasse di un ottimo capitolo della serie sotto molti aspetti, pagò tutti i peccati di Unity. Il pubblico cominciò a disaffezionarsi e questo costrinse Ubisoft a prendere l'irrevocabile decisione di mettere in pausa la serie e rielaborarla, sfruttando il maggior tempo a disposizione. Syndicate però nasconde altri dietro le quinte dello sviluppo, situazioni poi sfociate in indagini e accuse poco edificanti. Come raccontato da Jason Schreier su Bloomberg nel 2020, il rapporto tra le protagoniste femmili e la casa francese era tutt'altro che idilliaco. Già nel capitolo ambientato nella Londra Vittoriana, Evie Frye, venne messa da parte in favore di suo fratello Jacob, cosa accaduta con Aya nel successivo Origin di cui parleremo tra poco e Kassandra. Dal reparto marketing arrivava solo e soltanto una comunicazione: “le donne non vendono”. Questa imposizione dall'alto (e non è la sola) cambiò drasticamente il percorso dei titoli di nuovo corso, a cominciare proprio da Assassin's Creed Origins. L'idea di questo capitolo, era quella di mettere solo inizialmente il giocatore nei panni di Bayek, passando lo scettro a sua moglie Aya per il resto dell'avventura. Come sappiamo, avvenne tutto l'opposto, e ora sappiamo perché. Questo ha creato alcuni problemi narrativi nel capitolo egizio, incentrando la storia di Bayek in un percorso di vendetta che però si intersecava solo in parte con la creazione della Setta degli Assassini (qui Occulti). Di fatto, è proprio Aya ad aver reale importanza all'interno del gioco, dalla fondazione vera e propria della setta, alla congiura finale, persino nella scelta dello stemma. Ma Origin fece serpeggiare alcuni malumori dovuti principalmente a un disguido creato da Ubisoft stessa. “Qual è il senso di ambientare un Assassin's Creed senza la setta degli Assassini?”. Un dubbio più che lecito ma che deriva soprattutto dalla standardizzazione degli elementi narrativi chiave della serie, sino a divenire del tutto ininfluenti. La concezione di setta va al di là del nome: Occulti o Assassini, sono solo etichette con cui raffigurare il credo, le propensioni e le modalità con cui un gruppo di uomini decide di far valere la propria causa, alla stessa maniera dei Templari. Anche qui, Setta di Cosmos, Ordine degli Antichi, Templari e Abstergo raffigurano solo e soltanto una cosa, ordine e controllo. E questi capitoli, Origins, Odyssey e Valhalla, non fanno altro che approfondire questo aspetto – volente o nolente. La nuova trilogia porta con sé enormi cambiamenti, ampliando a dismisura la componente RPG dei capitoli precedenti, trasformandola in focus su cui ruota attorno tutto il design. La scommessa è stata vinta, visto che tutti e tre risultano molto apprezzati, raggiungendo grandi traguardi di vendite. Ma è altresì vero che si è definitivamente abbandonato quanto di buono e significativo svolto dai capitoli precedenti, con Assassin's Creed passato da benchmark e modello da imitare a modello da evitare. La mercificazione totale del franchise, trasformato in piattaforma live service ha finito con lo svilire la poetica e l'autorialità che ne hanno spinto la creazione. Si passa così dall'influenzare le mode al cavalcarle, senza però una direzione precisa. Origins aveva grossi problemi di bilanciamento, Odyssey dialoghi a scelta multipla e confusionaria scelta dei protagonisti, Valhalla (il più equilibrato dei tre) un cambio di genere del protagonista in-game. Queste sono solo alcune delle scelte del tutto in antitesi con quanto raccontato prima ma almeno, questi capitoli hanno avuto il merito di aver riportato a una certa rilevanza la narrazione contemporanea, con l'introduzione di una nuova protagonista: Layla Hassan. In questo caso si è deciso di puntare su un personaggio femminile (probabilmente sempre per questioni di minutaggio), in grado di traghettare i giocatori attraverso i tre capitoli. Ma i piani di Ubisoft erano cambiati. Persino un DLC di Valhalla venne promosso a gioco a sé, confermando una certa confusione di fondo nello sviluppo del franchise. Per quanto la trilogia “antica” fosse andata bene, i vecchi fan della saga mal vedevano l'estrema apertura alle nuove meccaniche, preferendo un approccio vecchio stampo, seppur evoluto. Quello che Ubisoft ha capito invece è quello di prendere le meccaniche dei titoli precedenti e riproporle nel 2024 senza alcun miglioramento di sorta, trasformando Mirage in una strana macchina del tempo.
 
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Ma il peggio doveva ancora arrivare. Arriviamo alla presentazione della piattaforma Infinity, così poco chiara che nemmeno il publisher stesso sapeva come presentarla, a Shadows. Finalmente, Assassin's Creed approda nel Giappone Feudale, location da sempre richiesta dai fan. Conosciamo un po' tutti le polemiche: dall'introduzione di Yasuke come co-protagonista alla sua figura di samurai, da ricostruzioni storiche poco precise al merchandising poco “attento”. Esiste un articolo dedicato a queste vicende, ma per riassumere, ci si trova sempre in mezzo a una bolla di Internet. Improvvisamente, elementi di poco conto in un titolo come Assassin's Creed sono divenuti capisaldi su cui imbastire una crociata, contornata dalla retorica contro la cultura woke, il ruolo di Sweet Baby Inc., ricostruzioni storiche e così via, trasformando Shadows in una polveriera. La poca sicurezza sul prodotto ha creato diversi cortocircuiti comunicativi, sino a sfociare al doppio posticipo della sua uscita, ora prevista per il 20 marzo. Siamo probabilmente nel punto più basso di tutto il franchise, con un pubblico che ormai difficilmente si aspetta grandi cose da un lavoro come questo.
Eppure, come abbiamo visto, non è sempre stato così. Assassin's Creed ha influenzato il mondo, persino nelle università, dove diversi capitoli venivano usati per mostrare diverse peculiarità di alcuni periodi storici (sfociati poi nell'ottimo Discovery Tour). Persino la Cattedrale di Notre-Dame è stata ricostruita anche grazie ai dati e alla sua fedele ricostruzione in Assassin's Creed Unity, che ha finito, dopo tutte le polemiche, per fare qualcosa di buono.
 
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Dopo innumerevoli videogiochi, libri, un film con un cast d'eccezione, vari spin-off e una serie TV in cantiere, Assassin's Creed è uno dei brand più inflazionati della storia videoludica. È interessante come in un franchise incentrato sulla nostra storia non si sia preso la briga di studiare la propria, seguendo per filo e per segno quanto accaduto con Tomb Raider. Molti errori si sarebbero potuti evitare, ma parecchio di quello di cui abbiamo discusso oggi parte dall'alto, da un management che fatica a comprendere il contesto che gli sta attorno, trasformando lo sviluppo di un videogioco in una catena di montaggio senza alcun guizzo, alcun'anima. Eppure, i talenti ci sono: Nomada Studio, fondata da due ex Ubisoft, ha portato avanti progetti come Gris e Neva e persino Clair Obscur: Expedition 33 è in gran parte sviluppato da ex dipendenti della casa francese. Insomma, si spera vivamente che Ubisoft possa imparare da un'altra storia, magari quella di Capcom, risorta dalle sue ceneri dopo una sequela enorme di fallimenti. E sappiamo benissimo cos'è Capcom oggi.


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