We Rent Tsukumogami, noleggio di oggetti tra folklore e kawaii: recensione
Un po' detective, un po' pettegole, cinque creature e i loro proprietari ci portano alla curiosa scoperta dei piccoli grandi segreti degli abitanti di Edo
di zettaiLara
I due giovani che incontriamo nell'anime We Rent Tsukumogami si considerano fratelli pur non avendo legami di sangue, e all'interno del negozio Izumoya essi possiedono un piccolo grande tesoro, ovvero una serie di ornamenti ed utensili che affittano ai clienti: giunti loro fra le mani dopo essere passati di proprietario in proprietario e di secolo in secolo, alcuni di questi oggetti sono accomunati dal fatto di essere degli Tsukumogami, che prendono vita ed hanno piena capacità di parola e di giudizio.
Dal pettinino Usagi alla bambola Ohime, dal rotolo da appendere Tsukuyomi al netsuke decorativo Notetsu, fino alla pipa tradizionale giapponese kiseru Goi: nel retrobottega, prima o dopo essere stati prestati, gli Tsukumogami si ritrovano puntualmente a "spettegolare" su ciò che hanno visto nelle dimore e nei negozi presso cui hanno recato diletto alle persone che li hanno presi a noleggio.
Proprio tale chiacchiericcio torna piuttosto utile a Okō e Seiji: è fatto divieto allo Tsukumogami di entrare in relazione diretta con gli esseri umani, e né gli oggetti né i due fratelli violano tale regola. Tuttavia i due giovani sanno che i loro oggetti più cari possono udirli, e proprio così facendo riescono a coniugare tali informazioni con la loro abilità di commercianti, nel riuscire ad individuare di volta in volta l'oggetto che più si adatta alle esigenze dei clienti. Perché chi si rivolge all'Izumoya non vi giunge per affidare Okō e Seiji soltanto una richiesta di noleggio, bensì per chiedere di fatto aiuto volto alla risoluzione di un problema.
Ed ecco che da una confidenza del pettinino Usagi a un passaparola del rotolo Tsukuyomi, si dipanano le soluzioni a piccoli casi "gialli" miscelati a storie più o meno romantiche: di episodio in episodio ci si ritrova a scoprire qualcosa di più sul passato di ciascuno degli Tsukumogami, sulle vicende che hanno portato Okō e Seiji ad aprire un tale tipo di negozio e sul mistero legato ai retroscena, ed infine sui vari personaggi secondari che ruotano attorno alla vita quotidiana dei fratelli.
Tsukumogami Kashimasu è l'adattamento animato in 12 episodi della novel di Megumi Hatakenaka pubblicata in Giappone nel 2007 da Kadokawa.
La serie animata ha fatto invece il suo debutto il 22 luglio 2018 in Giappone per NHK, quindi resa disponibile anche nel nostro Paese grazie a Crunchyroll Italia con il titolo tradotto We Rent Tsukumogami.
Il vero cuore dell'opera che si sviluppa tra il genere soprannaturale e quello del mistero, senza dimenticare una sotto trama romantica, è costituito per l'appunto dagli Tsukumogami.
We Rent Tsukumogami attinge pienamente dalle credenze popolari di un tempo e ripesca dal folklore nipponico un tipo di yokai, ovvero di spirito, che si origina da qualunque utensile che abbia compiuto i cento anni d'età e sia divenuto quindi uno spirito vivo e senziente. "Tsukumogami" significa letteralmente spiriti degli oggetti, delle cose.
Il loro aspetto può variare, ma in genere mantiene una familiarità con l'oggetto da cui sono stati generati; se l'oggetto è stato trattato male, probabilmente una volta divenuto uno Tsukumogami cercherà vendetta, diversamente sarà di bell'aspetto e perlopiù inoffensivo.
Si tratta di oggetti che hanno acquisito un'anima, e ciò è ben diverso dal caso in cui un oggetto qualunque venga posseduto da uno spirito, come si avrà modo di apprendere in uno specifico episodio della serie.
Gli Tsukumogami ci mostrano al tempo stesso l'essenza di una Edo -ovvero Tokyo- che non abbiamo mai conosciuto, vista attraverso gli occhi della quotidianità più pura e semplice.
Anziché infatti utilizzare lo sfondo storico unicamente come ambientazione di storie che poi prendono vita in maniera autonoma e non approfondiscono più di tanto il contesto di fondo, We Rent Tsukumogami ci fa invece entrare nella vita di tutti i giorni nella città di Edo, e diventa in un certo senso anche una serie tutto sommato didattica sotto diversi aspetti.
Ci fa capire cosa fossero i netsuke (piccole sculture usate come fermagli) o il kiseru (pipa tradizionale giapponese) e a cosa servissero, talora rivestite di importanti funzioni sociali: perché un incensiere poteva costituire un pegno di fidanzamento, un porta-sigilli divenire motivo di grande agitazione economica e una preziosa pipa finemente intagliata gettare scompiglio in una relazione proibita.
E poi c'è Edo, il nome che Tokyo ha sempre avuto sin dalle sue origini e fino alla Restaurazione Meiji del 1868. Per tramite delle storie ambientate in uno dei suoi quartieri più antichi, We Rent Tsukumogami ha il pregio di offrirne uno spaccato affascinante e non privo di tanti rimandi storici: Edo era una città fatta di canali d'acqua su cui si specchiano salici piangenti e abitazioni di legno, e piagata per questa ragione da continui incendi nei suoi diversi quartieri. E' fatta di commercianti che dopo il lavoro si dedicano ai piaceri delle geisha o delle sale d'intrattenimento, di templi in ogni dove e di impressionanti ponti di legno ad arco, rimossi da sostituti in ferro e pietra quand'è sorta -a fine '800- la necessità di farvi transitare sopra veicoli a cavallo o motorizzati.
Vediamo persino la pratica del funayado, una sorta di "piccola crociera di piacere" dell'epoca, di quando venivano affittate per un breve periodo di tempo delle imbarcazioni per consentire a ricchi proprietari o commercianti benestanti di fare una gita sul fiume assieme ai propri amici e a cortigiane, godendo al tempo stesso di uno splendido panorama fluviale.
Difficile quindi non farsi ammaliare da Edo e dalla sua brulicante frenesia, ed è difficile non sorridere di fronte ai patemi degli Tsukumogami che pur avendo già attraversato i secoli, recano con sé ancora qualche piccola insoddisfazione e complesso personale, che il buon cuore e le abilità di Okō e Seiji cercano prontamente di risolvere in un atto di gratitudine sempre ricambiato.
E' bello infine vedere come in questa serie siano molte le figure femminili, dalla protagonista alle comprimarie, che affiancano ad un aspetto dolce anche un certo grado di severità e soprattutto di forte volontà personale.
We Rent Tsukumogami non è una serie che possa rivaleggiare con altre in termini di innovazione, ritmo o di tematiche presentate, tuttavia sa farsi ben apprezzare per ciò che offre ed è inoltre un'opera validamente costruita grazie all'ottimo comparto tecnico alle spalle e un cast di doppiaggio di tutto rispetto.
Ricordiamo dunque la produzione di TMS Entertainment per lo Studio d'animazione Telecom Animation Film, con la regia di Masahiko Murata (Baby Steps), le belle palette di colori pastello grazie al color design di Ryoko Oka e all'Art Director Natsue Muramoto, e soprattutto il contributo grafico ai personaggi offerto dalla mangaka Lily Hoshino.
Il character design è invero di Miho Yano (Phantasy Star Online 2: The Animation) e Hiromi Yoshinuma (direttore delle animazioni per Naruto Shippuden), ma la mano preliminare della Hoshino fornisce l'impronta grafica dei personaggi e ci regala inoltre bellissime illustrazioni 'end card' in chiusura di ciascun episodio. Episodi che peraltro sono tutti intitolati a sfumature di colori od oggetti di cui apprendiamo il significato durante l'episodio di pertinenza.
Anche la colonna sonora strumentale, curata da Gō Satō e Yasunori Ebina, ci rimanda a suoni tipici del folklore e del teatro giapponese, mentre in chiusura della serie possiamo invece udire la vellutata voce di Mai Kuraki (Detective Conan) in "Koyoi wa Yume wo Misasete" ("Consentimi di fare un sogno stanotte"), che accompagna suggestive vedute di Edo nelle quattro diverse stagioni.
Un netto contrasto tra musica e immagini lo ritroviamo invece nella scelta operata per l'accattivante sigla di apertura: "Get into my Heart" del poliedrico artista Miyavi e cantata dalla batterista e vocalist Kavka Shishido (Too Young to Die, Hiyokko, Kanna-san) è un mix di sonorità tecno-pop ben accostate alle immagini della vita di Edo.
Il fascino degli Tsukumogami è poi merito anche delle voci attribuite a ciascuno: senza nulla togliere dunque al lavoro svolto da Jun'ya Enoki (Keisuke Tsuji di Tsuredure Children), Mikako Komatsu (Seishirou Tsugumi di Nisekoi) e Takahiro Sakurai (Griamore di The Seven Dealy Sins) rispettivamente su Seiji, Okō e Satarō, ben più impressi rimangono toni e sfumature dei cinque Tsukumogami, un gruppetto molto ben assortito.
Dolcissima e infantile Yuka Iguchi (Hinata Miyake di A Place Further Than the Universe) su Usagi, chiassoso e dialettale Tooru Nara (Rikidō Satō di My Hero Academia) per la figura di Notetsu, profondo e pacato il ruolo di Daisuke Hirakawa (Rei Ryuugazaki di Free! Dive to the Future) su Goi, senza dimenticare Yutaka Nakano (Yukinori Shinohara di Tokyo Ghoul) su Tsukuyomi e Satomi Akesaka (Karuha di Noragami) per la bella Ohime.
We Rent Tsukumogami è in buona sostanza una serie non esuberante ma sufficientemente fresca, non rocambolesca ma nemmeno priva di adeguati momenti di pathos.
E' una serie carina e leggera, da vedere senza farsi aspettative seppur accorgendosi che aspettative è facile cumularne proprio proseguendo nella visione, e non si rimarrà affatto delusi.
Un po' per il loro aspetto "da cartone animato nel cartone animato", un po' per le missioni sulla falsariga di detective cui sono talvolta chiamati, e di certo anche per le loro riunioni che mescolano pettegolezzi e ricordi, gli Tsukumogami fanno breccia con destrezza nello spettatore; a fine serie è difficile quindi non essersi affezionati al loro movimentato tran tran quotidiano. Difficile non desiderare di volerci trasportare, anche se solo per poco tempo, in quella lontana, misteriosa ed affascinante Tokyo che fu.
E' una serie carina e leggera, da vedere senza farsi aspettative seppur accorgendosi che aspettative è facile cumularne proprio proseguendo nella visione, e non si rimarrà affatto delusi.
Un po' per il loro aspetto "da cartone animato nel cartone animato", un po' per le missioni sulla falsariga di detective cui sono talvolta chiamati, e di certo anche per le loro riunioni che mescolano pettegolezzi e ricordi, gli Tsukumogami fanno breccia con destrezza nello spettatore; a fine serie è difficile quindi non essersi affezionati al loro movimentato tran tran quotidiano. Difficile non desiderare di volerci trasportare, anche se solo per poco tempo, in quella lontana, misteriosa ed affascinante Tokyo che fu.