Le migliori serie OAV secondo gli utenti di AnimeClick.it

Non mancano capolavori tra le serie animate concepite per l'home video

di Metaldevilgear

In questo appuntamento della rubrica dedicata ai migliori titoli (per media di voto) presenti nel database di AnimeClick, ci dedichiamo ad un formato specifico di anime, i cosiddetti OAV, acronimo di original anime video (indicati anche come OVA in base all'area linguistica), vale a dire quelle produzioni pubblicate direttamente per il mercato home-video senza un precedente passaggio televisivo o cinematografico. L'utilizzo di tale formato esplose negli anni '80, consentendo maggiori libertà tanto per i creatori di anime, meno sottoposti alle esigenze commerciali, quanto per gli appassionati, meno dipendenti dai tradizionali metodi di fruizione. Nel ventunesimo secolo gli OAV hanno conosciuto un progressivo declino (se escludiamo la fascia per soli adulti), dipeso da un aumento della qualità e dei ritmi produttivi televisivi nonché dall'ascesa di internet come canale di distribuzione. 
Ecco i primi 25 piazzamenti secondo le valutazioni e recensioni di tutti noi iscritti.

Siete d'accordo con la classifica?
E ricordate: le graduatorie dipendono da voi e le vostre valutazioni, quindi recensite sempre i vostri titoli preferiti!

N.B.
Nella lista NON sono considerati episodi singoli ed OAD.
 
 
 
1 Legend of the Galactic Heroes 9.02
2 Kenshin samurai vagabondo - Memorie del passato  8.93
3 Mobile Suit Gundam 0080: War in the Pocket 8.64
4 Mobile Suit Gundam Unicorn 8.43
5 Devilman 8.395
6 Black Jack - Dieci indagini nel buio 8.390
7 Mobile Suit Gundam: 08th MS Team 8.34
8 Star Blazers 2199 8.273
9 Punta al top! Gunbuster 8.254
10 Giant Robo 8.12
11 Hellsing Ultimate 8.11
12 Due come noi 8.08
13 Maria-sama ga Miteru 3rd Season 8.755
14 Detroit Metal City 7.93
15 Macross Zero 7.923
= Il pazzo mondo di Go Nagai 7.923
17 Iriya no Sora - UFO no Natsu 7.905
= Carnival Phantasm 7.905
19 I Cavalieri dello zodiaco - Hades Chapter: Sanctuary 7.884
20 ReLIFE Final Chapter 7.883
21 Capitan Herlock - The Endless Odissey 7.87
22 Mobile Suit Gundam MS IGLOO: Apocalypse 0079 7.851
= Freedom 7.851
24 Le bizzarre avventure di JoJo - Prequel 7.813
25 Bible Black 7.812


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Sono lurker in questo sito da un po’ e ho deciso di registrarmi quando ho visto che la valutazione media di quest’opera era inferiore a 9. Seriamente, non si può proprio vedere un voto inferiore a 9 per "Legend of the Galactic Heroes". È una serie bellissima, che incanta, fa riflettere e ti trasporta nel suo mondo per 110 episodi che non annoiano mai, anzi, alla fine ti dispiace che sia finita e vorresti vederne ancora.
Altri si sono espressi con più competenza e profondità di quanto potrei fare io e non starò qui a ripetere cose già dette, ma davvero, se solo masticate un po’ di inglese, datele una possibilità. L’unico problema di questa serie, infatti, è che non è disponibile per intero in sub ita. Forse, leggendo le altre recensioni, vi siete intimiditi e avete pensato che è una serie pesante, fatta solo per un certo tipo di spettatori, ma vi assicuro che non è così. È vero che tratta di argomenti seri, come la filosofia politica, la storia e l’etica in generale, ma il modo in cui si approccia a queste tematiche è accessibile a tutti, non richiede affatto uno sforzo immane da parte dello spettatore. Al contrario, il coinvolgimento è naturale, perché ci viene dall’empatia con i personaggi: sono loro a farsi tutte le domande sulla politica, su cosa sia giusto o sbagliato, e noi ce le facciamo insieme a loro, perché non sono domande campate in aria, messe lì giusto per fare i fighi, ma sono profondamente legate alle situazioni che i personaggi si trovano a vivere.
E i personaggi sono la cosa più bella di quest’anime. Ammetto di essere una spettatrice immatura (nonostante l’età che avanza) e di preferire un approccio “bovariano” di immedesimazione a uno più distaccato, di analisi razionale. Quindi lo dico chiaro e tondo: sono una fangirl (vabbe’, più fan che girl) di Yang Wen Li, che è diventato all’istante il mio personaggio anime preferito (surclassando persino Capitan Harlock) e uno dei personaggi preferiti in assoluto, contando anche romanzi, opere teatrali e via dicendo: intelligente, umano, anarchico e con un senso dell’umorismo presente anche (anzi, soprattutto) nelle situazioni più disperate. Come se l’autore avesse mischiato Ulisse ed Ettore insieme, mettendoci anche un pizzico di autoironia e una visione politica radicale. Insomma, una meraviglia. E anche se è vero, come altri hanno detto, che l’autore non prende le parti di nessuno dei due principali contendenti, non vi nascondo che io ho fatto un tifo sfegatato per Yang e il suo gruppo. Come vedete, quindi, ci si può godere quest’anime in molti modi, non solo quello “giusto” dell’analisi razionale e del restare al di sopra delle parti.
Ma mettendo da parte il fangirlismo (o forse sarebbe meglio dire fangrannismo), cercherò di metterci un minimo di analisi razionale in questa mia recensione. È indubbio che il tema centrale sia la “rivalità” fra i due principali eroi della galassia: Reinhardt von Lohengramm dell’Impero Galattico e Yang Wen Li dell’Alleanza dei Pianeti Liberi. Una rivalità perfetta, a mio modo di vedere. Infatti, i nostri due protagonisti non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro, avendo in comune solo la straordinaria intelligenza e il talento per la strategia e la tattica militare. Reinhardt è un visionario, ambizioso e idealista, con uno scopo nella vita e determinato a raggiungerlo con ogni mezzo; Yang, invece, sembra trovarsi lì quasi per caso e l’unica cosa che vorrebbe è andare in pensione, per potersi godere il suo tè col brandy (sempre più brandy, man mano che la storia prosegue e i morti aumentano) mentre scrive libri di storia. I due rappresentano la parte migliore dei sistemi di governo per cui combattono: Reinhardt, un’autocrazia illuminata e rivoluzionaria, Yang, una democrazia pura, dove i diritti dell’individuo contano più del “bene della nazione”. Non pensate però che siano dei meri simulacri di idee astratte, perché niente potrebbe essere più lontano dalla verità: sono personaggi vivi e pieni di sfumature ed entrambi vanno incontro a dei cambiamenti (non necessariamente positivi) nel corso della serie, cambiamenti graduali e non lineari, con alti e bassi, proprio come nella vita. Reinhardt inizia forte e sicuro di sé e sembra che niente possa scalfire la sua certezza di essere nel giusto, ma lo aspettano decisioni tremende e avvenimenti tragici, che non mancheranno di avere un impatto su di lui, rischiando persino di abbatterlo del tutto. Yang è un pigrone, che per alzarsi dal letto ha bisogno del figlioccio che lo venga a chiamare, ed è restio a farsi coinvolgere in una guerra, ai suoi occhi, stupida, ma le circostanze lo spingeranno a prendersi sempre di più le sue responsabilità. Nessuno dei due è esente da difetti: Reinhardt è fin troppo deciso a raggiungere i suoi scopi e questo lo porta ad avere una moralità, diciamo, “flessibile”, mentre Yang è fin troppo aderente ai suoi principi e, qualche volta, sorge il sospetto che questo suo idealismo estremo sia un po’ una scusa per evitare di prendere decisioni difficili e assumersene la responsabilità (sospetto che non viene solo a me, ma anche ad altri personaggi e persino allo stesso Yang). Del resto, neanche i due sistemi di cui sono simbolo sono esenti da difetti: entrambe costruzioni umane, persino nella loro incarnazione migliore, l’autocrazia e la democrazia hanno entrambe dei limiti e Reinhardt e Yang incarnano alla perfezione anche questi limiti.
Mi piacerebbe parlare degli altri personaggi (Reuenthal, Oberstein, Shenkopp e mille altri), tutti carismatici e affascinanti, ma farei notte e poi sono anche più pigra di Yang, quindi lascio perdere. Guardatevi l’anime, così li conoscerete tutti. Tra l’altro, i personaggi non sono l’unico buon motivo per guardare quest’anime: la storia è bellissima e articolata, la recitazione dei doppiatori giapponesi è magnifica (tra l’altro, c’è un cast incredibile; praticamente, se eri maschio e facevi il doppiatore in quegli anni, di sicuro ti capitava di dare voce a un personaggio di LOGH), le musiche meravigliose, le domande che la serie ti porta a farti sulla società e sul nostro modo di vivere la politica sono stimolanti e quanto mai attuali e urgenti, alcune delle strategie militari le ho trovate geniali (ho adorato quella del buco nero, ma ammetto di non essere un’esperta di strategia militare, anche se la trovo interessante). Per gli amanti della spettacolarità, ci sono scontri corpo a corpo a colpi di ascia da guerra e persino una battaglia in cui si scontrano due fortezze spaziali: come se in "Star Wars" ci fosse stata un’altra Morte Nera e si fossero scontrate fra di loro! Una figata pazzesca! Ci sono matrimoni, nascite, morti, balli di corte, persone che vengono giustiziate costringendole a bere vino avvelenato, intrighi, sette segrete, lealtà e tradimenti. È una storia che vi farà esaltare, riflettere e commuovere, tutto alle dosi giuste e senza mai esagerare. Soprattutto, è una storia che vi stupirà sempre, perché non è affatto prevedibile. Insomma, non avete scuse, è impossibile che non ci troviate qualcosa che vi piaccia!
Qualche piccolo difettuccio ce l’ha: il narratore parla troppo ed essendo stata animata da studi diversi, ci sono episodi con una grafica bellissima e altri un po’ meno. Ma sono davvero inezie, che non intaccano minimamente la bellezza dell’opera.
Concludo con qualche consiglio sulla modalità di visione. Personalmente, ho visto prima il film "My conquest is the sea of stars", il prologo della serie, poi "Ouverture to a new battle", rifacimento più approfondito e con migliore grafica dei primi due episodi, poi ho cominciato la serie partendo dal terzo episodio (i primi due li ho poi visti in seguito, per curiosità). Mi sono trovata bene in questo modo, ma il secondo film non è strettamente necessario (anche se a me è piaciuto molto), quindi va bene anche se vi guardate solo "My conquest is the sea of stars" e poi cominciate dal primo episodio. Il prologo però guardatelo, perché è un’ottima introduzione alla serie, ai personaggi e all’atmosfera che si respirerà per tutto l’anime. Ma, soprattutto, la cosa più importante che dovete ricordarvi è di NON guardare MAI, per nessun motivo, le anticipazioni a fine episodio: sono spoilerose a bestia, una cosa assurda. Saltatevi proprio tutta la sigla finale, così andate sul sicuro.
Insomma, quest’anime è un vero capolavoro, che vi appassionerà e vi farà riflettere, mettendo in discussione tutte le vostre certezze sulla democrazia come unica forma di governo possibile e presentando tutte le ideologie e visioni del mondo come degne di rispetto, così come le persone che credono in esse e lottano per realizzarle.


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Memorie di sangue

Nato sotto forma di manga nel 1996 dalla matita di Nobuhiro Watsuki, il samurai vagabondo (rurouni) Kenshin conosce una grande fortuna di pubblico sia in Giappone che in Occidente, grazie anche a una corposa serie TV, un lungometraggio per il cinema e due O.A.V., uno dei quali, diviso in quattro atti, è intitolato "Tsuioku Hen" (Memorie dal passato), 1999.

L'anime è ambientato sullo sfondo dei tumulti che decretarono la fine dello shogunato Tokugawa e l'inizio del periodo Meiji (1868), l'epoca illuminata che segnò un repentino progresso tecnologico e sociale e che emancipò il Giappone dal passato feudale proiettandolo verso la modernità. In questo scenario di violenti scontri fra clan e intrighi politici avviene l'incontro tra il protagonista Kenshin Himura e la misteriosa Tomoe Yukishiro, fra i quali nascerà una disperata e struggente passione.

I toni leggeri che caratterizzano il manga qui lasciano il posto a una pacata e severa malinconia che sottolinea con un velo di nostalgia il passato tormentato del samurai redento, dall'infanzia trascorsa con il maestro Hiko Seijiro, che lo istruisce all'arte della spada, fino all'affiliazione con il clan filo-imperiale di Kogoro Katsura.
La regia 'vecchia maniera' di Katsuhiro Furuhashi è rigorosa, senza fronzoli o invenzioni sceniche spettacolari, i movimenti di camera si limitano alle lente zoomate e agli scorrimenti in carrellata, ma si concede svariati flashback avanti e indietro nel tempo per scavare nella psicologia e nella 'memoria' dei personaggi. In compenso le splendide tavole scenografiche sono di per sé un raro spettacolo per gli occhi, autentici dipinti che calano lo spettatore nell'atmosfera fosca e lunare del paesaggio invernale piuttosto che nella magia della luce primaverile, in quei pochi momenti di bucolica felicità dei due protagonisti. Il ritmo è lento e riflessivo, con sparute accelerazioni nelle fasi di combattimento, in cui, fra 'slash' e affondi di katana, il sangue scorre copioso.
La ricostruzione filologica dell'epoca storica è ineccepibile e denota un'attenzione millimetrica ai particolari: i costumi, le architetture e persino l'inserimento di avvenimenti e personaggi realmente esistiti, fanno di questo O.A.V. una testimonianza abbastanza fedele del periodo in questione: il crepuscolo del Giappone feudale.
Le suggestive musiche di Taku Iwasaki danno un ulteriore tono drammatico agli episodi e completano l'impianto triste e malinconico su cui si impernia il titolo.

Il personaggio di Kenshin è ricalcato sull'impronta di un samurai realmente esistito: Gensai Kawakami, un 'hitokiri' (tagliatore di uomini) di massimo grado che si era particolarmente distinto per coraggio e ferocia sanguinaria. La leggenda vuole che la finezza e l'eleganza delle sue fattezze, dalla bellezza efebica e quasi effeminata, fosse in netto contrasto con la sua personalità di glaciale e spietato assassino. Questa particolarità non è sfuggita al creatore di Kenshin e tanto meno al chara-designer di questi episodi, Masahide Yanasigawa. E' interessante notare come il famoso regista Nagisa Oshima si sia ispirato allo stesso personaggio storico nel delineare il protagonista della sua pellicola "Tabù-Ghoatto", 1999, solo che in quel caso il samurai dai lineamenti dolci e gentili è un affiliato agli Shinsengumi, corpo speciale della fazione legata allo shogun, quindi opposta a quella filo-imperiale di Kenshin.

"Memorie dal passato" è un suggestivo squarcio nel passato del Giappone a cavallo fra due epoche fondamentali di grande rilevanza storica, e ci regala due ritratti intensi e tragici destinati a celebrare degnamente la leggenda di Kenshin.


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"Non odiarmi, ma sopratutto non odiare il mio nemico: egli è come me, e come me è convinto di fare la cosa giusta"

Nel grande marasma di titoli gundamici esistenti, brilla una piccola e struggente gemma dalla grande semplicità e bellezza. Un anime che potrebbe anche non chiamarsi "Gundam 0080" ma solamente "War in pocket". Newtype, fantapolitica, epicità da space opera, psicopoteri e tutti gli altri cliché a cui ci ha abituato Yoshiyuki Tomino vengono meno; lo sguardo innocente e felice di un bambino alla scoperta del mondo - e della guerra - ci cattura e commuove fin dal primo istante, in quanto i nostri occhi da adulti ci rendono palese la brutalità dei conflitti, che sono ben lungi dall'essere un gioco.

Questa serie di 6 OAV, abbellita dal soffice character design di Haruiko Mikimoto ("Macross", "Gunbuster", "Orguss", "Megazone 23") non solo riesce a trattare con molto tatto il tema della guerra vissuta dal punto di vista dei bambini, ma anche da quello degli adulti. Infatti è stupenda la caratterizzazione di Bernie, giovane soldato di Zeon, e Christine, soldatessa della federazione terrestre. Questi due personaggi vorrebbero comunicare, magari amarsi, ma il colore della loro divisa lo impedisce. Quale migliore metafora dell'incomunicabilità e della desolazione che lascia dietro di sé la guerra?

Le poche scene di combattimento tra i mecha lasciano spazio allo sviluppo dei rapporti tra i personaggi e a momenti di grande phatos, conditi da un'ottima colonna sonora dal magico "mood" anni '80. Dopo una partenza abbastanza ordinaria, la miniserie sfocia in un finale perfetto e dal grande significato che rimarrà ben impresso nella mente dello spettatore.

Qualsiasi persona, anche se non interessata all'universo di Gundam, dovrebbe vedere "War in pocket" e crescere insieme ad Alfred, il nostro indiscusso protagonista, provando le sue stesse sensazioni e rendendosi conto con lui che i Gundam non sono giochi ma armi, e che le armi uccidono.
 


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