Luca: la recensione del nostalgico film Pixar ambientato in Italia

La riviera ligure fa da sfondo ad una storia nostalgica ed emozionante

di Nightcore-X

Ognuno di noi porta con sé ricordi importanti della propria infanzia: tesori preziosi e indelebili che custodiamo gelosamente e che a volte tornano a galla facendo provare nostalgia e un pizzico di malinconia. Per esempio ricordo le parole di mio nonno durante una delle nostre infinite passeggiate per il centro storico di Genova.
 
"Noi liguri viviamo in una sottile linea tra le montagne e le scogliere, una terra meravigliosa quanto ostile. Non abbiamo tempo di pensare a cosa si trovi al di là dell'Appenino, i nostri volti sono sempre rivolti verso il mare, fonte della nostra ricchezza. Tutti i grandi liguri della storia hanno seguito il richiamo del mare partendo alla ricerca della gloria, e noi li ricordiamo per la loro grandezza."

Di questi liguri illustri la storia ce ne ha regalato a decine: Guglielmo Embriaco, Cristoforo Colombo, Giuseppe Garibaldi e da oggi in questa lista entra di diritto anche il regista genovese Enrico Casarosa (classe 1971, da 30 anni residente in USA), che come vuole la tradizione dopo aver preso il mare è tornato in patria ricoperto di gloria.
Questo è Luca: un ritorno a casa e una dichiarazione d'amore alla propria terra attraverso la purezza dei ricordi d'infanzia. La nuova pellicola di casa Pixar da poco disponibile su Disney+, è un opera estremamente autoriale con un'atmosfera nostalgica ed evocativa che affonda nel passato del regista. Ciò permette al film di vantare molteplici chiavi di lettura e quindi di adattarsi a qualsiasi tipo di pubblico con una naturalezza disarmante, rendendo però difficoltoso tracciare un'analisi esaustiva di tutto il suo insieme.
 
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La trama di Luca segue un canovaccio piuttosto classico e prevedibile nella sua esecuzione: Luca è un giovane mostro marino che vive con la sua famiglia in una comunità subacquea del mar Ligure tenuta nascosta agli abitanti della superficie, ritenuti un pericolo per la loro incolumità. Luca al contrario prova fascino nei confronti del mondo umano e vive oppresso dalle restrizioni imposte dai genitori. La svolta si avrà il giorno in cui incontrerà Alberto, un suo coetaneo, con il quale stringerà amicizia e che  lo spingerà ad avventurarsi in superficie presso il borgo costiero di Porto Rosso alla scoperta del mondo e di se stesso. Li farà la conoscenza dell'allegra Giulia Marcovaldo e di suo padre Massimo scontrandosi contro l'arroganza del pomposo e stereotipato Ercole Visconti, a dirla tutta probabilmente uno degli antagonisti meno incisivi mai usciti dallo studio di Emeryville. 


Preferisco non addentrarmi più di tanto nei risvolti della trama ma risulta fin da subito evidente come questa sia di poche pretese, abbandonando qualsiasi ricerca di spessore tematico preferendo invece raccontare una piacevole fiaba unita al più classico racconto di formazione. Scordatevi i concetti esistenziali di Soul e Inside Out o l'affronto della condizione umana di Up e Coco. Luca è una pellicola essenziale che vuole veicolare messaggi semplici quanto efficaci: è un inno alla curiosità e alla scoperta tipiche del periodo infantile quando tutto affascina, e al contempo una storia che tratta dell'amicizia, della crescita e della paura dell'ignoto. Da questo punto non aspettatevi impegnate deviazioni sul tema come critiche al razzismo o inni all'inclusività, lo stesso regista durante le interviste ha abbondantemente negato queste chiavi di lettura inizialmente ipotizzate dai trailer. 
 
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Fin qui tutto bene per il comparto narrativo, ma la realtà è che quest'ultimo presta il fianco ad un pesantissimo rovesciamento della medaglia: l'essenzialità della trama porta quest'ultima a non avere alcun tipo di costruzione del mondo nella quale la vicenda ruota. Fin dai primi minuti lo spettatore viene letteralmente bombardato da concetti e riferimenti che non vengono in alcun modo analizzati o espansi all'interno della narrazione. Il mondo sottomarino di Luca lascia intendere essere una società complessa con relazioni, regole e tradizioni: tutti spunti che vengono unicamente citati per poi essere lasciati morire sul nascere. Le stesse creature marine hanno un magico potere che gli permette di ottenere una fisionomia umana quando asciutti, è un particolare importantissimo e centrale per tutto il film ma mai sviluppato adeguatamente. Stessa cosa riguardo la tradizione marinaresca legata ai mostri marini di Porto Rosso mostrata unicamente attraverso statue e decorazioni. In poche parole Luca è un film che richiede ad uno spettatore maturo di essere accettato con quella sospensione della realtà tipica della fiaba per concentrarsi unicamente sulla vicenda, dando per scontato il mondo immaginario in cui è ambientato: perché in fondo nessuno ha mai chiesto in quale regno si svolga Cenerentola o la storia familiare di Cappuccetto rosso.
Comprendo come tali affermazioni possano essere giustamente criticabili ma credo che questi difetti siano riscontrabili unicamente in base alla personale sospensione d'incredulità dello spettatore. Devo ammettere onestamente di essere rimasto deluso da queste mancanze, conoscendo soprattutto la storia stessa della Pixar, studio che negli anni ci ha regato pellicole con un wordbuilding perfettamente sviluppato ed inserito con eleganza nella struttura narrativa (vedi la vibrante Mostropoli di Monsters. Inc o il colorato Regno dei morti di Coco)
 
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C'è però un elemento in cui il film eccelle in maniera incredibile, quasi miracolosa, ovvero il trasmettere appieno il senso di tenera nostalgia che pervade tutti e 95 i minuti di durata. É difficile da spiegare (non è riuscito a farcela nemmeno la critica estera) ma l'ambientazione e il contesto sono gestiti con una cura e una maestria tale da far comprendere allo spettatore che ciò che sta vedendo è in parte ispirato ai ricordi reali di una persona, in questo caso il regista. Non è mistero infatti che Enrico Casarosa si sia ispirato al suo passato personale nello scrivere la storia, più precisamente alla sua infanzia durante le estati in mare in compagnia del suo migliore amico Alberto (il quale fa un cameo vocale ad inizio film). Come sottolineato ad inizio recensione, Luca è una pellicola estremamente autoriale e ciò è evidente anche grazie ad una messa in scena ricca di particolari nascosti che esaltano la cura e la passione riposta in ogni singolo fotogramma: citazioni e omaggi che il regista semina per tutta la pellicola in bella vista come segno di rispetto verso le sue ispirazioni principali, Miyazaki su tutti. Inutile non citare i rimandi palesi a Porco Rosso (storica pellicola dello studio Ghibli ambientata in Italia) o all'outfit di Alberto ripreso pari da quello di Conan dalla serie culto Conan il ragazzo del futuro. Non mancano poi riferimenti di stampo intellettuale e letterario come Piazza Calvino, Via De Amicis o Vicolo De Sica. Persino i nomi di alcuni personaggi sono omaggi come ad esempio Giulia Marcovaldo (riferimento all'antologia "Marcovaldo ovvero Le stagioni in città" di Italo Calvino e che si lega perfettamente al background del personaggio) e l'antagonista Ercole Visconti (come Luchino Visconti, il leggendario regista e sceneggiatore nonché uno dei padri del neorealismo). 
 
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Arrivati a questo punto non giriamoci più intorno, bisogna affrontare il proverbiale elefante nella stanza: l'Italia e gli italiani in Luca. Molti erano i timori di vedere l'ambientazione sfruttata come palcoscenico dei classici stereotipi italiani made in USA,  retaggio dell'ormai monopolio culturale italoamericano capace di trasformare il caratteristico paesaggio della riviera ligure in mero litorale siciliano di fine 800' (non me ne vogliano gli amici siculi) ma fortunatamente possiamo tirare tutti un sospiro di sollievo. L'Italia di Luca è più fedele che mai, e per quanto comunque idealizzata nelle dinamiche, riesce a rappresentare al meglio le due anime in cui la nostra cultura è sviluppata. Come ben sappiamo il bel paese è un mosaico incredibile di regionalismi e tradizioni tutte diverse tra di loro che vanno ad affiancare una cultura nazionale, frutto di secoli d'influenze tra i diversi stati preunitari: la pasta, il caffè, il calcio, la cultura cinematografica e quella musicale. Sembrano tutte piccole cose eppure fondamentali nella nostra unione come popolo. Enrico Casarosa questo lo sa bene e con estrema maestria racconta pienamente la cultura italiana senza dimenticarsi di essere in Liguria: quindi Luca e Alberto mangiano la pasta, ma non un tipo classico ma le caratteristiche trenette al pesto genovese persino nella loro ricetta originale con i fagiolini e le patate. Porto Rosso non è Roma o Venezia, ma un borgo della riviera ispirato alle Cinque Terre, come tale la sua popolazione è formata per lo più da pescatori, anziani, pochi bambini che giocano scalzi nella piazzetta del paese, un parroco e una poliziotta. Si tratta quindi di una comunità più chiusa che guarda inizialmente con diffidenza gli estranei per poi aprirsi a loro, che a discapito di stereotipi è una dinamica sociale tipica di quegli ambienti, soprattutto in Liguria.
 
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Anziani che guardano male i forestieri? La tipica accoglienza ligure. 

Ciò che più sorprende però è la libertà creativa concessa al regista per quel che riguarda le citazioni e i riferimenti, si passa a strizzate d'occhio al pubblico americano come la presenza delle locandine di Vacanze Romane e La strada di Federico Fellini (che fu proprio il film che fece conoscere il regista riminese oltreoceano) a italianissimi camei come la foto del buon Marcello Mastroianni nel ruolo del conte Celfalù da Divorzio all'italiana di Pietro Germi, la leggendaria scena della pasta e ceci dai Soliti Ignoti di Mario Monicelli fino ad una sequenza finale che ricalca la scena del treno da I vitelloni di Fellini. Ma i riferimenti non si fermano qui e anzi la sceneggiatura sfrutta le numerose sequenza oniriche presenti (marchio di fabbrica del regista giù utilizzate nel suo precedente cortometraggio del 2011 La Luna) per compiere un excursus su tutta la cultura italiana, mostrando il Colosseo, le macchine volanti di Leonardo, Pinocchio, il cannocchiale di Galileo e ovviamente la Vespa Piaggio, elemento narrativo onnipresente ed è uno dei motori trainanti di tutto il film.
A tratti sembra quasi che il film sia un effettiva produzione italiana invece che del maggiore colosso dell'intrattenimento statunitense e tutti i nomi italiani coinvolti presenti nei titoli di coda come consulenti culturali sono l'ennesima dimostrazione della cura e il rispetto che la Pixar dimostra in ogni suo prodotto.
 
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Sul piano tecnico le parole si sprecano: il film è infintamente colorato e presenta ambientazioni vibranti e vive (da applausi le scene a pelo d'acqua). Il character design degli umani decide di adottare uno stile più super deformed rispetto alle ultime pellicole abbracciando forme più tondeggianti e caricaturali. La regia di Casarosa è certosina mantenendo un ritmo compassato per quasi tutta la durata del film seguendo pari passo la tranquillità della narrazione che si prende i suoi tempi e riduce al minimo le scene d'azione.
Riguardo l'aspetto musicale, la colonna sonora di Dan Romer non è niente di eccezionale ma svolge bene il compito di far immergere lo spettatore nella cultura mediterranea attraverso l'utilizzo di strumenti a corda come la chitarra e il mandolino. Inoltre il repertorio musicale è ricco di brani italiani storici passando da Morandi a Bennato e che lasciamo a voi il piacere di scoprire.
Il doppiaggio è di ottima qualità: la versione originale in inglese risulta spassosa grazie all'utilizzo di termini italiani e i diversi accenti che gli interpreti cercano di ricreare con risvolti esilaranti, mentre quella italiana è il classico buon lavoro svolto con competenza. Plauso in particolare va a Saverio Raimondo che brilla nel ruolo dell'antagonista Ercole Visconti in entrambe le versioni.
 
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Come già scritto ad inizio recensione Luca è un ritorno a casa. Enrico Casarosa è un figlio della Superba che ormai ha preso l'accento californiano ma che comunque dimostra di non aver mai perso l'amore per la propria terra d'origine, che fa rivivere attraverso i ricordi della sua infanzia. Un ligure che ha preso il mare alla ricerca della gloria e che infine l'ha trovata. Perché in fondo la storia della crescita di Luca e Alberto racconta proprio questo: di essere curiosi e partire per l'ignoto alla ricerca di se stessi e di ciò che si vuole essere ma al contempo ricordarsi che ciò che lasciamo indietro per noi ci sarà sempre e potremo sempre farci ritorno. La commovente scena finale del saluto in stazione rappresenta proprio questo: Luca è triste di partire e abbandonare coloro che gli vogliono bene ma al contempo sa che ciò è inevitabile ed è a quel punto che capisce di essere finalmente libero e può mostrarsi alla luce del sole per quello che è senza nascondersi.
Probabilmente non sarà mai ricordato come uno dei migliori film della Pixar, anzi sicuramente sarà relegato come una pellicola minore, ma resta una visione che lascerà qualcosa indipendentemente dal tipo di spettatore.
Un bambino verrà incantato dal racconto di una bella favola.
L'adulto rimarrà ammaliato dai paesaggi, dalla musica e dall'atmosfera.
Un italiano si troverà davanti un inno d'amore verso il proprio paese e la proprio cultura, fiero che questa sarà goduta e apprezzata da tutti gli spettatori del mondo.
Un ligure invece esclamerà: "Belin! Ma quello è pesto al mortaio. Ed è persino la ricetta originale!"


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