Midnight Swan: diventare il cigno che si sogna di essere - Recensione
Vincitore del Gelso d'Oro, primo premio al Far East Film Festival 2021, il film racconta l'incontro di due anime in trasformazione
di Hachi194
Midnight Swan, pellicola diretta e scritta da Eiji Uchida e interpretata da Tsuyoshi Kusanagi e da Misaki Hattori, appartiene a pieno diritto a questa categoria.
Sapendo poi che il regista e sceneggiatore è nato e cresciuto in Brasile prima di trasferirsi in Giappone all'età di 11 anni e che ha faticato molto per adattarsi alla società giapponese da bambino, il risultato non stupisce poi più di tanto. A volte per capire la sofferenza e l'isolamento serve averli provati sulla propria pelle.
Uscito nel 2020, Midnight Swan nel solo primo mese di programmazione ha incassato 500 milioni di yen e ha fatto incetta di premi. Ha ricevuto nove nomination al 44° Japan Academy Film Prize, vincendo per Miglior Film, Miglior attore protagonista e Esordiente dell'anno. Si è guadagnato il Gelso d'oro al Far East Film Festival di quest'anno e ha ottenuto fra il 2020 e il 2021 diversi riconoscimenti e nomination al 45° Hochi Film Award, al Nikkan Sports Film Award, al 63° Blue Ribbon Awards, al 30° Japanese Movie Critics Awards e al 75° Mainichi Film Awards.
Una pellicola quindi amata sia dal pubblico che dalla critica e che racconta la storia di due anime ferite, in lotta per affermare se stesse in una società che non ha posto per coloro che non corrispondono agli standard. Sono due persone in transito, o per meglio dire in trasformazione. Nagisa all'anagrafe si chiama Kenji, ma non si è mai sentito maschio, fin da piccolo. Sta risparmiando per potersi operare e diventare finalmente quel che desidera da sempre.
Ichika è un'adolescente con una madre alcolista, da recuperare alla sera nei bar della zona e per questo viene spedita a Tokyo, da Nagisa, suo lontano parente. L'iniziale scontro fra le due, diventerà poi unione e forza grazie alla danza e alla sensazione condivisa da entrambe di non appartenere a nessun posto. Perché tutti hanno diritto ad avere un posto da chiamare casa e persone che siano famiglia. In fondo la famiglia può essere trovata dove meno te lo aspetteresti.
Midnight Swan non è un film facile. C'è tanto dentro, forse anche troppo. Straborda di emozioni che nascono principalmente dai silenzi di Ichika e dai gesti di Nagisa. Si potrebbe dire che sono le due facce della stessa medaglia. Sono accomunate da una profonda solitudine e allo stesso tempo dalla volontà di trovare la loro collocazione in questo mondo.
Un affresco a volte crudo ma sempre molto umano di due realtà che spesso la società nipponica preferisce ignorare: la comunità transgender e le difficoltà dell'essere adolescenti.
Non credo che la parola "swan", ovvero cigno, del titolo sia stata scelta a caso: dalla fiaba de "Il brutto anatroccolo", il quale crescendo si trasforma in cigno, sino al celeberrimo balletto di Čajkovskij, in cui le fanciulle poste sotto l’incantesimo del mago Rothbart assumono forma umana solo durante la notte, il cigno è spesso usato come simbolo di cambiamento e rinascita.
Così da un lato abbiamo Nagisa che è scappato a Tokyo da una famiglia che non può o non vuole comprendere il suo sentirsi donna intrappolato in un corpo di uomo. Assistiamo ai suoi sforzi per mettere da parte i soldi necessari per l'operazione che lo trasformerà in ciò che sa di essere. Vediamo quanto dolore fisico provochino le cure ormonali a cui si deve sottoporre regolarmente.
La sua solitudine e la corazza con cui si difende dagli sguardi curiosi, perplessi o più spesso inorriditi delle persone che incrocia per strada verrà però scalfita da un'altra solitudine e un'altra armatura: quella di Ichika. Se essere adolescenti è già difficile quando tutto va bene, immaginiamo cosa succede quando chi ci dovrebbe accompagnare lungo questo percorso è assente o, quando presente, procura un tale disagio da provocare atti di autolesionismo.
Dopo giorni di scontri, silenzi, curiosità mascherata da indifferenza, arriverà il momento in cui le difese di entrambe crolleranno, dando vita ad uno dei momenti più struggenti del film. Un abbraccio in mezzo alla strada varrà più di mille parole e permetterà alle due anime in perenne fuga dal mondo di trovare un senso e uno scopo a cui puntare.
La bellezza di questo film è racchiusa proprio nel raccontare sentimenti profondissimi con scene perfette sia nel montaggio che nella sceneggiatura. Vedendo la pellicola si resta sbalorditi dall'amore, dalla cura e dalla passione con cui il regista ci ha lavorato. Non stupisce quindi apprendere dalle varie interviste quanta ricerca e quanto tempo Eiji Uchida ha dedicato a questo progetto.
Il regista infatti si è documentato approfonditamente sulle condizioni della comunità transgender, dedicandovi cinque anni di lavoro. Uchida ha intervistato una ventina di donne trans ed è rimasto scioccato da ciò che ha appreso. Sebbene in termini di riconoscimento legale e opportunità di lavoro, la vita delle persone transgender in Giappone sembri essere migliorata negli ultimi anni, il regista si è reso conto che basterebbe un graffio in superficie per scoprire che la situazione è tutt'altro che rosea.
Interessato da tempo a scrivere una storia incentrata sui problemi affrontati dalle persone transgender, Uchida allo stesso tempo voleva fare un film che arrivasse a più persone possibili. Per questo ha deciso di aggiungere il personaggio di Ichika: una giovane ragazza che aspira a diventare una ballerina professionista avrebbe potuto incuriosire maggiormente gli spettatori giapponesi.
Chi sarebbe riuscito a portare però sullo schermo due ruoli tanto intensi? Dopo anni di tentativi, uno dei produttori ha inviato la sceneggiatura a Tsuyoshi Kusanagi che ha accettato subito la parte. Se l'essere un ex membro degli SMAP, band j-pop famosissima in Giappone, ha dato lustro e popolarità alla pellicola ancora prima di essere nelle sale, dall'altro la scelta di non affidare a una donna trans il ruolo di Nagisa è stata fortemente criticata, poiché avrebbe rappresentato un’occasione importante per dare visibilità a chi, ancora oggi, è costretto a nascondersi.
Critiche che però a mio avviso non hanno ragione di essere, perché Kusanagi è semplicemente perfetto. Sempre misurato sia nella sofferenza che nella gioia, rende giustizia ad un personaggio che sarebbe potuto diventare facilmente una macchietta. Lavorando soprattutto di sguardi e gestualità, come il vezzo di attorcigliarsi una ciocca di capelli mentre parla, egli imprime al personaggio di Nagisa un'umanità dolente che resta a lungo impressa nel cuore dello spettatore.
Tanto è famoso Kusanagi, quanto invece alla prima esperienza di recitazione è Misaki Hattori, ballerina professionista che ha battuto circa 1.000 ragazze per ottenere il ruolo da protagonista. Ichika è un'adolescente che non parla ma sa farsi capire benissimo: nella nuova scuola, per zittire i suoi compagni di classe che deridono Nagisa dopo averla vista all'ingresso dell'edificio, scaglia loro una sedia.
Ichika all'inizio è tutta fisicità e andando avanti nella storia assisteremo alla sua straordinaria crescita, grazie alla danza e alla strana famiglia che si forma. Oltre a Nagisa infatti, Ichika può contare su Rin, sua compagna di scuola e di ballo che diventerà amica e complice. Attraverso queste due figure il regista tocca l'altro tema fondamentale di questo film: la difficoltà di essere adolescenti, la fatica di non corrispondere alle aspettative dei genitori, il non essere accettati o l'essere considerati un accessorio, come una borsa di Chanel o un quadro nella villa di famiglia.
La bellezza di quest'opera infatti è anche la cura dedicata ai personaggi minori come Rin, come le amiche trans di Nagisa o come la maestra della scuola di ballo. Seppur occupino meno spazio, lasciano il segno con piccole ma sorprendenti interpretazioni.
Ballare in mezzo ad una festa perché è l'unica cosa che resta per sentirsi vivi, per essere notati da chi ci ha messo al mondo.
Negare quello che indica la carta d'identità e rischiare così l'arresto per affermare ciò che si è davvero e non ciò che qualcun'altro si ostina a dichiarare al posto nostro.
Trattare qualcuno con naturalezza, senza giudizi, senza chiedersi se sia uomo o donna, ma parlarci per la persona che è di fronte a noi, perché è un essere vivente con sentimenti come tutti gli altri e tanto basta. Tutte queste magnifiche lezioni di vita sono veicolate proprio dai personaggi minori, in brevi momenti che spezzano il cuore.
Midnight Swan è un film intenso, pieno di dolore ma anche di riscatto. Il regista racconta una storia complessa e lo fa con estrema delicatezza, senza alcun intento pietistico ma con lucida chiarezza. Tutto è mostrato, perché non c'è vergogna dove c'è affetto. Ci dimostra così che i sentimenti sono universali: l'amore, l'odio, la solitudine, la caparbietà, la disperazione e la speranza possono trovarsi sia all'interno di un monolocale disordinato che dietro alla facciata perbenista di una famiglia apparentemente perfetta. Quello che si ottiene non è solo un film a tema transgender, ma piuttosto la storia di una madre e una figlia. Da vedere. Se ne esce migliori.