Atsushi Ohkubo: interviste e incontri a Lucca Comics 2022
Ripercorriamo i momenti fieristici salienti di uno dei mangaka più amati della scuderia Planet Manga
di elisil
Noi di AnimeClick lo abbiamo seguito in due delle sue apparizioni pubbliche e ne abbiamo riportato le parole:
Press Cafè
Q: Come ha avuto l’idea di fare uno shonen sui pompieri?
A: Ci sono tanti manga di tipo shonen e ovviamente cercavo di fare qualcosa di diverso. Essendo l’eroe una figura centrale ho cercato un personaggio che potesse essere sia vicino alla figura dell’eroe che a noi. Quindi dato che non c’erano stati manga che parlassero dei vigili del fuoco ho deciso di utilizzare questa figura come protagonista della serie…e poi mi piacciono le uniformi.
Q: È stato ispirato dalla situazione attuale dei disastri ecologi e degli incendi per Fire Force?
A: Ovviamente i problemi ambientali come il riscaldamento globale e gli incendi sono qualcosa di diffuso e misterioso, qualcosa che fa paura. Quando ho pensato al concetto di “incendiari” utilizzo questo lato negativo e spaventoso del fuoco, ma contemporaneamente utilizzo le fiamme anche come un potere che diventa anche positivo, quindi sì, un riferimento ci può essere.
Q: Sia in Soul Eater che in Fire Force riesce a combinare atmosfere dark, elementi sexy e ironia, cosa che si riflette bene nei personaggi, come riesce a creare e immaginare i visivi così ricchi e variegati e da dove viene la sua ispirazione?
A: Ho diversi punti di riferimento come ad esempio Dragon Ball e Dr. Slump del maestro Akira Toriyama, ma il mio punto di partenza è l’intento di divertire il pubblico e per fare ciò mi servo della parte dark, di quella sexy e di quella ironica, l’unione di questi tre aspetti.
Q: In Fire Force il fuoco consuma ma allo stesso tempo salva: potrebbe essere una metafora sulla professione del mangaka, che può creare mondi che però a volte possono arrivare a consumarlo? Ci può parlare del suo lavoro, con tutti i lati positivi e negativi, e ci può dire com’è cambiato dal suo debutto fino ad oggi?
A: Non è cambiato moltissimo, di fatto io lavoro, torno a casa e dormo. Ovviamente ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di non farcela più, anche molto recentemente, ma per lo più la mia routine è quella. So che sono molti i colleghi che si distruggono per il lavoro, io però conosco i miei limiti e so che non potrei farcela, per cui so che ho bisogno di riposo.
Q: La domanda sorge spontanea, Lucca contribuisce a questo riposo o lo ritiene parte del suo duro lavoro?
A: Sicuramente fa parte del riposo, anzi, mi sto divertendo molto.
Q: Nelle sue opere vediamo spesso la follia al centro dell’universo narrativo, potrebbe dirci qual è la sua definizione di follia?
A: Principalmente ritengo che la follia sia insicurezza. È vero che tratto di shonen manga ma ormai questo pubblico non è più fatto solo di adolescenti ma anche di donne e uomini più maturi, per cui questo tema può riguardare l’animo agitato di un bambino ma principalmente per me la follia nasce dall’insicurezza che c’è nelle persone.
Q: Qualche anno fa aveva dichiarato tra le pagine di un suo volume che Fire Force sarebbe stata la sua ultima opera come mangaka, ci conferma il suo ritiro? Ha già qualche piano per il futuro?
A: È vero, lo avevo detto, anche durante la pubblicazione di Soul Eater avevo pensato di aver dato il massimo e di volermi ritirare. Adesso sono un po’ indeciso su cosa fare, penso di poter fare altre cose ma ora che ci sono delle macchine in grado di disegnare automaticamente vorrei aspettare quelle.
Q: Nel corso della scrittura di Fire Force si è fatto condizionare da Soul Eater? Quanto è stato complicato passare da uno scenario a un altro?
A: Sì, c’è stato un condizionamento. Quando ho scritto Soul Eater il tema era l’importanza della vita. Era un gioco della morte in cui le persone prendono delle anime. In Fire Force le cose sono completamente diverse, ci sono la luna e il sole che sono agli opposti, e se da un lato si uccide da un lato si salvano vite. Se quindi da un lato è stato facile dedicarsi a qualcosa di totalmente diverso, allo stesso tempo questa è stata anche la maggiore difficoltà.
Q: Quali sono state le maggiori difficoltà e soddisfazioni, allora, e quali sono i suoi personaggi preferiti?
A: La parte che mi è piaciuta di più in Soul Eater è stata lo scontro tra Mifune e Black Star e per Fire Force Arthur contro Dragon. I personaggi che più mi piacciono sono appunto Black Star in Soul Eater e Arthur e Benimaru di Fire Force perché sono molto diretti nel loro modo di fare. Per quanto riguarda la difficoltà invece ammetto che non lo ricordo, perché tendo a dimenticare le cose che mi vengono più complicate, le più semplici sicuramente sono stati gli scontri diretti.
Q: Tra i nemici principali di Fire Force c’è una sorta di culto religioso che nasconde le proprie vere intenzioni con messaggi di amore e speranza, si è ispirato a eventi del mondo reale per crearli?
A: L’idea di utilizzare dei nemici che avessero a che fare con la religione è legata al fatto che in Giappone ritorna spesso il motivo delle divinità (non solo giapponesi, ma anche quelle che vengono dall’Egitto o dalla Grecia), perciò anche io li ho introdotti all’interno delle mie opere, senza però nessun’idea negativa come punto di partenza.
Q: Intorno al volume 16 di Fire Force aveva dichiarato di avere un’idea precisa per il finale dell’opera ma che non era ancora quella definitiva, ora che ci avviciniamo al termine dell’opera come ha poi effettivamente ideato e sviluppato il finale, l’idea è rimasta quella che aveva già in mente?
A: Avevo pensato sin dall’inizio a collegare Fire Force e Soul Eater ma non avevo men chiaro come farlo, questo è avvenuto poi piano piano in corso d’opera. Stavo cercando di concepire un mondo che si trovasse a metà tra il nostro mondo attuale e quello di Soul Eater.
Q: A questo punto, anche B.ichi (sua prima opera) si troverebbe nello stesso mondo?
A: In realtà no, non l’ho concepito come tale, però è sempre ambientato nella zona interna di Tokyo.
Q: Ci può raccontare com’è nato il personaggio di Tamaki?
A: È difficile dirlo, non ricordo benissimo. In confronto ad Arthur e Shinra, personaggi forti, quasi dei supereroi, ho creato Tamaki in modo che fosse più simile alle persone comuni, un vero e proprio essere umano che combatte, per certi versi anche io mi ritrovo nel suo personaggio.
Q: Ricollegandoci al tema della follia, il sensei ne è affascinato? Crede che un pizzico di essa possa servire a ognuno di noi?
A: Sì, in tutti noi c’è un po’ di follia, magari quando ci arrabbiamo c’è l’istinto di voler fare del male a qualcuno, di uccidere, e in un certo senso questo mi piace perché credo che senza questa follia ci bloccheremmo soltanto davanti alla paura e moriremmo, in Soul Eater infatti ho parlato del rapporto tra paura e coraggio.
Q: Qualche tempo fa un ragazzo in Giappone era riuscito a sventare un incendio dichiarando poi di aver imparato tutto da Fire Force, fa piacere al sensei che la sua opera sia riuscita ad avere un impatto tale da arrivare anche a salvare delle vite umane?
A: Assolutamente sì, non posso che essere felice di aver scritto un’opera che è stata in grado di aiutare gli altri in qualche modo.
Q: Prima ha parlato del maestro Toriyama, c’è qualche autore o opera contemporanea che segue e gli interessa particolarmente?
A: Nulla del genere, li considero tutti dei rivali.
Q: Di tutti i personaggi delle sue opere sicuramente uno dei più strani e buffi è quello di Excalibur: a cosa si è ispirato per la sua creazione?
A: In Soul Eater le armi sono tutte esseri umani e parlando di armi in generale una delle più famose al mondo è proprio Excalibur, in realtà mi piaceva già da prima di inserirla nel manga anche grazie al videogioco Dragon Quest, in cui appunto si parlava dell’arma leggendaria Excalibur.
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R: Buongiorno, maestro, siamo onorati di averla qui.
Stando a quello che è scritto sulle sue guide lei non era uno studente modello perché era appassionato di manga, ma anche del raccontare di storie a fumetti e di iniziare prestissimo la sua carriera come autore e disegnatore. Crede che il manga sia una buona scuola?
O: Io non volevo essere un normale adulto come quelli che vedevo ogni giorno nella società, non sapevo nemmeno se sarei stato capace di crescere come uno di loro; quindi, per me la scuola “normale” non aveva molto significato; invece, essere un mangaka era una strada che poteva permettermi di rimanere bambino, e questo mi basta.
R: Dopo solo due anni in cui lavorò come assistente lei divenne un autore unico con la sua prima opera B.Ichi, poi arriva Soul Eater e ottiene un successo mondiale che la porta sotto i riflettori di tutto il mondo. È stato difficile confrontarsi con un successo così immediato di una nuova serie?
O: Per me in realtà non è cambiato molto, mi sento ancora come un ragazzino delle medie, quindi tutto questo successo non ha influito molto sulla mia vita.
R: Soul Eater ha subito ricevuto un adattamento anime, come vede da autore il “tradimento” della suo opera passando da un mezzo a un altro? Penso ad esempio al finale dell’anime di Soul Eater e a come invece nel manga la storia sia proseguita: lo avverte in maniera conflittuale o invece non le importa?
O: Capisco che molti lettori non fossero d’accordo con un finale così diverso, ma la regia aveva delle idee molto chiare e ne parlammo insieme; perciò, alla fine decisi di farli proseguire come avevano in mente di fare dopo lo scontro finale.
R: In Soul Eater i temi dominanti sono quelli dell’anima, di chi siamo con o senza una maschera, del coraggio che serve per vivere una vita pregna. Come mai ha affrontato queste tematiche del conflitto dell’anima?
O: Da bambino mi interessavano particolarmente questi argomenti un po’ più spirituali come appunto l’anima, e mi sono rimasti molto impressi i film di David Lynch, perciò ho voluto parlarne anche nella mia carriera da mangaka.
R: In Fire Force invece emergono i temi dell’ecologia, del rispetto dell’ambiente e della religione. Anche questi temi le interessavano da quando era bambino?
O: Per me è naturale parlare di questi temi, forse è perché sono giapponese? Al momento non professo nessuna religione in particolare, però i giapponesi sono molto spirituali in generale, per cui mi viene spontaneo trattare argomenti del genere.
R: E il tema del coraggio?
O: Per quanto riguarda il coraggio, dato che il mio manga tratta di adolescenti c’è sempre dell’ansia per il futuro, ansia di crescere, ansia che diventa paura, che a sua volta diventa follia: è per questo che ci vuole coraggio.
R: Può dirci di più sul tema dell’ecologia?
O: L’ecologia si collega sempre con la mentalità giapponese che dicevo prima, nello shintoismo si crede che ci sia una divinità in tutto, che siano esseri viventi o meno, anche una roccia o una pianta. Il tema, quindi, nasce da questo rispetto per ogni cosa, non solo esseri umani ma anche la natura.
R: Il suo stile di disegno è molto giocoso e accattivante mentre i suoi temi sono duri e disturbanti. Questo contrasto è fatto per ottenere un maggiore effetto emotivo dal lettore?
O: Non disegno così per creare un qualche effetto particolare, semplicemente mi piace fare delle ragazze carine ma anche disegnare battaglie cruente, mi viene spontaneo.
R: In Giappone è un autore controverso, sia per la casa editrice per cui pubblica che fa moltissime provocazioni all’interno dei manga, sia per le sue opere. Come vive questa situazione da “rockstar”?
O: Non sono un idolo (ride). È vero che le mie opere hanno avuto successo e quindi il mio nome è conosciuto, ma pochi lettori sanno che faccia io abbia, perciò camminando per strada non succede nulla. Anche venendo qui, magari a voi i giapponesi sembrano tutti uguali, quindi non cambia nulla.
R: Negli ultimi anni il sistema dei manga giapponesi ha ricevuto molte critiche per i ritmi di lavoro molto duri da sostenere, quanto è dura oggi essere un mangaka?
O: Dormo 7 ore al giorno. Per il resto quando non dormo, mangio o vado in bagno sto sempre a disegnare, sto seduto alla scrivania per 14, 15 ore al giorno e anche quando mangio lo faccio molto velocemente e torno a lavoro. Però riposare per me è molto importante quindi cerco di prendermi delle ore per farlo.
R: In Italia molti ragazzi vogliono diventare mangaka o fumettisti, cosa gli consiglia?
O: Per quanto riguarda la tecnica di disegno basta che facciano molta pratica e miglioreranno. Una cosa molto importante però è conoscersi, sapere cosa vi piace e cosa no e perché, in modo da creare delle storie interessanti, anche perché spesso i mangaka pensano prima alla storia che ai disegni. Capire quindi, guardando dentro voi stessi, cos’è che vi distingue dagli altri, credo che questo sia molto importante per diventare mangaka.
R: È rimasto sorpreso dell’affetto che ha trovato in Italia, uno dei paesi che più ama i manga in tutto l’occidente? Si aspettava di trovare un pubblico così caldo e attento alla sua opera?
O: Sì, intanto mi ha meravigliato molto arrivare qui a Lucca e vedere tutta questa gente e un’intera città dedicata a questo “Comics and Games”, e poi ho cominciato a sentire un grande entusiasmo per questa forma d’arte e ne sono rimasto molto sorpreso.
R: Quali sono i manga, film, anime, videogiochi di cui è appassionato e che l’hanno ispirata in qualche maniera?
O: Il primo che mi viene in mente è Dr. Slump di Akira Toriyama, che vedevo da piccolo. Per quanto riguarda i giochi sicuramente Legend of Zelda e Tactics Ogre, questi mi piacciono molto.
R: Anche al giorno d’oggi riesce a trovare il tempo per giocare o guardare film?
O: Sì, riesco ancora a farlo. Anche durante la pubblicazione settimanale cerco sempre di prendermi un giorno di riposo in cui faccio tutto questo.
R: Su cosa sta lavorando adesso, quali sono i suoi progetti futuri?
O: Per ora non posso ancora dirvi niente ma vorrei allontanarmi dal mondo dei manga per un po’.
Seguono le seguenti domande dal pubblico mentre il maestro Ohkubo si dedica all’illustrazione.
Q: Cosa significa per lei essere potenti? I suoi personaggi sono fortissimi e amano i loro poteri, quindi cos’è per lei, la forza?
A: Da piccolo ero molto debole fisicamente e sono stato ricoverato in ospedale molte volte e non potevo andare piscina insieme ai miei compagni di scuola d’estate. In questi momenti pensavo sempre di non voler perdere contro chi era più in salute di me e ho cercato di essere forte spiritualmente.
Q: Prima ha spiegato molto bene come trovare l’ispirazione per le storie, ma come si può intraprendere la professione di mangaka?
A: Naturalmente io posso solo parlare per la situazione in Giappone. In Giappone ci sono moltissime riviste di manga, qui con me ad esempio c’è un editore di Weekly Shōnen Magazine, e in questa rivista settimanale fanno un concorso al mese. In questo caso si può provare anche più volte a partecipare, se il manga viene notato poi la redazione affida a questo nuovo fumettista un editor che possa assisterlo anche se ancora non può pubblicare nulla. Poi, piano piano, collaborando si inizia a pubblicare, questo è stato il mio caso. Prima di fare questo però un mangaka deve creare tantissime opere autoconclusive, come one-shot da 20, 32 pagine, altrimenti non si va da nessuna parte. Una volta fatto ciò possono poi portare queste opere a degli appuntamenti con le case editrici. Non so se in Italia funziona in modo diverso, ma comunque quando un giovane autore crea tante opere può capire tanto di sé stesso e dei suoi limiti.
Q: Come nasce il potere del personaggio di Arthur in Fire Force?
A: In generale quando penso a un personaggio poi penso al potere che potrebbe avere, e da lì immagino vari collegamenti. Nel mondo di Fire Force i poteri hanno a che fare col fuoco, però ce ne sono alcuni che sfruttano molto l’immaginazione e questo è diventato un tema molto importante all’interno dell’opera. Un potere che permette di trasformare le parole in realtà rende centrale un personaggio come Arthur. Il potere cambia inevitabilmente a seconda di quello che lui immagina, come ad esempio vedersi come membro dell’ordine dei cavalieri, è così che l’ho creato. E poi sicuramente mi sono ispirato al lightsaber di Star Wars.
Q: Quando realizza i manga lo fa in modo tradizionale con foglio matita e china o lavora in digitale?
A: Per le tavole in bianco e nero faccio in maniera tradizionale, mentre per quelle a colori quando si trattava di Soul Eater facevo ancora a mano con i Copic, ora invece le realizzo in digitale.
Q: Che cosa rappresenta per lei il personaggio di Crona di Soul Eater?
A: Crona rappresenta per me la paura, per ricollegarmi al tema di prima della paura e la follia che nascono dall’ansia, il suo personaggio ha sempre paura, ed è molto vicino ad Ashura che è l’incarnazione della follia. Volevo creare un contrasto tra Crona e Maka, che invece rappresenta il coraggio.