The First Slam Dunk: intervista esclusiva a Takehiko Inoue
Il regista di The First Slam Dunk ha risposto alle nostre domande
di Redazione
Dopo il trailer italiano, vi presentiamo quindi la nostra intervista:
Con The Fist Slam Dunk, lei ha raccontato ai suoi fan la stessa storia già presentata nel manga, stavolta però attraverso un media differente. Come è stato?
I personaggi nel film sono principalmente personaggi che appaiono nel manga originale, e la partita che viene disegnata è a sua volta una delle partite che sono nel manga, ma è raccontata da un punto di vista completamente differente. In questo modo, spero che anche coloro che conoscono il manga “Slam Dunk” possano provare la stessa sorpresa e le stesse emozioni di quando hanno visto quest'opera per la prima volta. Allo stesso tempo, il nostro obiettivo era quello di creare un film che potesse essere capito e goduto anche dalle persone che non hanno nessuna conoscenza di “Slam Dunk”.
Questo è uno dei motivi per cui è valsa la pena di spenderci così tanti anni per provare a realizzarlo.
Perché ha voluto focalizzare il film sulla partita con il Sannoh, anziché realizzare un sequel del manga?
Penso che il dubbio su quale partita avrei rappresentato nel film fosse uno dei punti di maggiore interesse dei fan. Questo è uno dei motivi per cui ho voluto creare un senso di sorpresa e di eccitazione attorno alla scelta del match.
Ho optato per la partita che credevo avrebbe fatto più felici gli appassionati. In tutta onestà, volevo che i fan che mi avevano supportato per così tanti anni sperimentassero una grande emozione anche davanti allo schermo cinematografico.
Ovviamente, per me, realizzare la versione animata di quel match è stato un enorme piacere, ma allo stesso tempo una grande sfida.
Il film si concentra sul personaggio di Ryota Miyagi. Come ha preso questa decisione, e per quanto tempo ha avuto in mente questa parte della storia?
Volevo rappresentare questa partita e questo film dalla prospettiva del playmaker, che è il leader della squadra. In aggiunta, sin dai tempi della serializzazione [del manga], sentivo che Miyagi non era stato descritto abbastanza.
Nell’opera originale, incentrata su Sakuragi, era stato dato spazio al rookie Rukawa, pure lui del primo anno, al perno della squadra Akagi del terzo anno e avevo pure inserito il dramma personale di Mitsui fino al suo rientro in squadra. Rispetto a loro, avevo approfondito poco il personaggio di Miyagi e perciò desideravo raccontare meglio il suo lato interiore e le sue vicende personali.
Tra l’altro, la storia breve auto-conclusiva “Pierce” (“Piercing” in Italiano), pubblicata poco dopo la fine della serializzazione [di “Slam Dunk”] nel 1996, ha costituito la base della storia dell’infanzia di Ryota Miyagi.
Da fan del basket, guardando The First Slam Dunk ho provato le stesse sensazioni ed emozioni di una vera partita. Dal suo punto di vista, quali sono state le più importanti ed efficaci decisioni che hanno consentito di far provare ciò agli spettatori?
Esprimere la dinamica del basket in modo realistico: ho pensato che, se non fossi riuscito a realizzare questo, allora per me non avrebbe avuto senso creare un progetto e farne un film. Perciò, come prima cosa, era essenziale utilizzare la motion capture per rendere più realistici i movimenti delle 10 persone sul campo. Allo stesso tempo, il semplice fatto di usare la motion capture e renderla in 3DCG non sarebbe bastato a dare un senso di realismo. In altre parole, quello è stato solo il punto di partenza.
La cosa più importante per me, per quanto riguarda il realismo dei movimenti, è stato riuscire a trasmettere la sensazione del peso fisico delle cose. Era un punto chiave. La posizione del baricentro, il rapporto tra palla e mano, il ritmo dei movimenti, le peculiarità di ciascun giocatore, etc.
Penso che tutto questo sia stato il risultato di un paziente processo di tentativi ed errori, fatto dal team intero con l’intento di rendere concrete le immagini che io avevo in mente.
È stato un lungo viaggio che ha portato alla realizzazione di questo progetto, e sono davvero riconoscente a tutti i membri dello staff.
Ha scelto di non trasportare il film ai nostri giorni, nel Giappone contemporaneo. Anzi, sembra sospeso nel tempo, anche se - a mio giudizio - è ambientato a metà anni '90, negli anni della pubblicazione del manga. È una scelta voluta?
Non volevo evocare la nostalgia di un’epoca specifica. Ho fatto in modo che la storia fosse al di fuori del tempo, il più possibile slegata da un determinato momento. Inoltre, l’idea di trasportarla nell’era contemporanea non mi convinceva granché: ho immaginato Sakuragi con uno smartphone e l’ho scartata in 0.5 secondi.
Per quanto riguarda la partita, se le regole cambiano, ovviamente anche la partita cambia, quindi non ho avuto scelta se non usare le regole degli anni ‘90. Ma non ho percepito alcun problema: anche se alcuni aspetti e tendenze del gioco cambiano negli anni, l’essenza rimane la stessa.
Parlando del manga Slam Dunk, Se lei potesse tornare indietro nel tempo, sceglierebbe di concludere allo stesso modo o, come molti le hanno chiesto negli anni dopo la conclusione, sceglierebbe di far finire il manga in modo differente?
Riconfermo la mia scelta dell’epoca al 100%.
Ricordiamo che film è disponibile (QUI le sale disponibili) al cinema fino a domani, anche se un prolungamento in alcune città è più che probabile.