Far East Film Festival 25: intervista a Chieko Baisho, la Sophie del Castello Errante di Howl
"Il Giappone non è un Paese che tratta in modo gentile le persone anziane": a tu per tu con la veterana attrice insignita del Premio alla Carriera durante la rassegna udinese
di zettaiLara
Di seguito Vi proponiamo l'intervista realizzata con la veterana attrice, cantante e doppiatrice Chieko Baisho, che a Udine è stata insignita del Premio Gelso d’Oro alla Carriera ed è giunta per presentare il suo film più recente, Plan 75 quale opera prima di Chie Hayakawa, anch'essa ospite, unitamente ad altre due pellicole da lei scelte personalmente per il pubblico udinese.
Gli appassionati di animazione la ricordano come l'intensa inspiratrice di Sophie de Il Castello errante di Howl di Hayao Miyazaki, cui l'attrice ha prestato la voce al doppiaggio e al canto: sua la versione della ragazza da giovane, così come quella da anziana. Sempre sua, inoltre, l'interpretazione del celeberrimo tema cantato del film.
Accanto a Plan 75, inoltre, al Far East Film Festival sono stati proiettati il primo episodio di Tora-san (1969) e Where Spring Comes Late (1970): nel primo la Baisho interpreta il ruolo di Sakura nell’infinita serie cinematografica che dura tra il 1969 e il 1995, decine di film super cult che hanno segnato il suo lunghissimo sodalizio artistico con il regista Yoji Yamada. Nel 1980 è stata poi premiata come miglior attrice agli Hōchi Film Awards per Haruka naru yama no yobigoe (A Distant Cry of Spring), sempre firmato da Yoji Yamada.
Plan 75 è stato invece presentato al 75° Festival di Cannes, ove ha ricevuto la menzione speciale Caméra d’Or e al 40° Torino Film Festival: dopo la proiezione in anteprima al Far East Film Festival, il film è stato rilasciato nei cinema italiani da Tucker Film dal 11 maggio 2023.
Plan 75 ~ Trailer completo in italiano
Probabilmente tutti noi, guardando il film, abbiamo pensato ad un futuro in cui chiunque, dunque non solo gli anziani, potessero essere vittime di questa proposta. Lei che tipo di riflessioni ha fatto quando le è stata presentata la storia?
Chieko Baisho: sì, devo dire che io stessa, la prima volta che ho letto la sceneggiatura, mi ha fatto così paura che per un attimo ho messo via la sceneggiatura... ed avevo letto solo la prima scena. Dopo un po’ ho deciso di riprenderla in mano e di leggerla tutta quanta, e in seguito ho deciso di accettare questo lavoro. Però, sì, anche a me ha fatto una certa paura e ho avuto proprio questo sentimento di terrore.. anche perché, nel mio caso, io avevo già ben superato i 75 anni, quindi la paura era ancora maggiore.
Anche in Italia condividiamo questo problema dell’invecchiamento della popolazione. Quindi, visto che lei interpreta questo ruolo così difficile, vorremmo chiederle una riflessione su questo problema sociale che racconta il film.
C. B.: certo, innanzitutto per quanto riguarda questo, va preso in considerazione che ormai non è più un problema sociale che riguarda semplicemente la società giapponese, bensì sta diventando un problema di natura globale e quindi è visibile in vari paesi del mondo, questo è quello che percepisco. Poi se vado di più nella fattispecie del Giappone, secondo me non è un Paese che tratta in modo gentile le persone anziane, di una certa età... ecco, questa è la mia percezione.
A questo proposito, visto che lei ha una carriera così lunga, vorremmo chiederle qual è il ruolo a cui è più affezionata, e come ha visto cambiare le tematiche che il cinema ha affrontato durante la sua carriera.
C. B.: per quanto riguarda questa domanda, quando ho iniziato la mia carriera cinematografica era ancora un periodo di salita e ascesa per il settore cinematografico - solo in seguito ci fu una discesa - però bisogna dire che nei miei primi periodi di attività, addirittura ci sono stati anni in cui ho partecipato a tredici pellicole all’anno e poi invece, come sappiamo, ci sono stati dei cambiamenti tali per cui il settore cinematografico è andato in discesa. Comunque per quello che mi concerne, io ormai sono in questa attività da sessantuno anni e grazie a questo lavoro ho avuto l’occasione di vivere le esistenze di tutta una serie di persone, grazie ai ruoli che ho interpretato. Quindi posso solo dire di essere estremamente felice per questo lavoro che ho deciso di fare per così tanto tempo.
Il film è ambientato in un mondo distopico e futuristico, che poi così distopico e futuristico non è. Quindi vorremmo chiedere a entrambe: secondo voi quanto e probabile che è una cosa del genere accada davvero tra magari qualche mese o un anno, in Giappone come nel resto del mondo?
C. B.: non saprei dare una risposta, ma secondo me è già iniziato quietamente.
Quindi forse per questo le ha fatto paura quando ha letto la sceneggiatura.
Chie Hayakawa: anche per quello che riguarda ciò che avete visto nel film, il Piano 75 ovviamente al momento in Giappone non esiste, ma quasi tutto il resto che avete avuto modo di vedere è già una situazione corrente in Giappone, rispecchia molto quella che è la realtà.
In qualità di regista, lei come si è trovata a lavorare con questa grande attrice, e cosa ha dato la signora Baisho al suo personaggio?
C. H.: la protagonista di questa storia si chiama Michi, le capitano una serie di disgrazie e viene proprio messa all’angolo, però, in tutto questo, non volevo assolutamente che la percezione di questa protagonista fosse di una persona miserabile. Volevo che umanamente dimostrasse la sua vera forza: il fatto che avesse, appunto, la forza di essere un essere umano e volevo anche che gli spettatori che avrebbero poi visto questo personaggio, pensassero che non avrebbero voluto farla morire, anzi, volevo che desiderassero che il personaggio continuasse a vivere. Quindi serviva un’attrice che avesse questa forte attrattiva e immediatamente ho pensato subito alla signora Baisho.
Invece cosa ha significato per la signora Baisho lavorare con la regista Hayakawa alla sua opera prima? Cosa l’ha colpita lavorando con lei?
C. B.: la prima volta che ci siamo incontrate eravamo nel mezzo della pandemia, quindi tutti avevamo la mascherina, perciò non sapevo - di tutta la gente che avevo intorno - chi fosse la regista... finché non mi è stata direttamente presentata. Mi ha dato l’impressione di essere una ragazza... avevo avuto questa percezione di giovinezza, però, a mano a mano che abbiamo cominciato a parlare, lei soprattutto mi ha spiegato di quello che era il concetto che intendeva dell’atto di vivere e della morte. Ho percepito che eravamo allineate, che le nostre percezioni erano molto simili.
Poi abbiamo cominciato con le riprese e ho capito che è una donna di grande perseveranza, nel senso che non molla, non vacilla. E questa sua forza, questo suo non vacillare, questo suo essere decisa e perseverante, si riflette anche nelle sue capacità come regista, perciò lavorare insieme mi dava grandi aspettative. Infatti, poi, quando le riprese sono finite e ho avuto modo di vedere il film, mi sono resa conto ancora una volta di come lei sia forte, sia gentile e di come, sotto certi aspetti, possa essere fragile.
La mia preoccupazione iniziale è che fosse un film sulla morte, ma non era così, le riprese mi hanno fatto capire che era un modo per rappresentare l’atto di vivere. Venendo qui a Udine, poi, sull’aereo, ho avuto modo di rivedere questo film e quello che ho percepito è stata proprio la forza di questa regista, il fatto - come dicevo prima - che non vacilla e che se ha un obiettivo non fa concessioni. Tutti questi elementi del suo cuore e del suo spirito per me sono stati estremamente attrattivi.
Come mai è stata scelta la canzone che si ripete due volte nel film (compreso il finale)? Che significato c’è dietro quella scelta?
C. H.: la prima volta è inserita nella scena del karaoke perché la protagonista canta assieme alle sue amiche ed è un momento in cui, quindi, Michi si diverte, ha una quotidianità, vive una vita bella, soddisfacente e divertente: ha un lavoro, ha delle amiche. È una vita piccola, modesta, però lei ne è felice.
Invece nella scena finale l’ho inserita perché il testo della canzone dice "E poi domani ci rivedremo" e quindi, in questo caso, il fatto che lei la cantasse, aveva questo sapore della vita che sarebbe continuata anche nel domani. È una sorta di dimostrazione della volontà o, per essere ancora più precisi, il fatto che lei adesso è tutta sola, non ha un posto dove vivere, però comunque le rimane la canzone che le piaceva, le rimane il fatto che ha scelto di vivere, cioè la sua volontà è stata quella della vita.
Che cosa ha significato invece interpretarla, per la signora Baisho?
C. B.: nella scena del karaoke, quando ci siamo confrontate con la regista, la regista mi ha detto "La canti in modo pessimo, nel modo peggiore possibile" e io mi sono chiesta "come si fa a cantare male?". Poi però ho deciso che quello sarebbe stato solo un momento, una canzone di sfogo, fatta così solo per divertirmi.
Nella scena finale, invece, mentre cantavo la regista mi ha chiesto di avere un respiro molto pensante. Infatti più e più molte mentre camminavo o mi muovevo mi è stato detto di avere il respiro il più pesante possibile. L’idea dietro ciò era che quello per Michi fosse un atto di vita, perché l’essere umano se non respira ovviamente muore. E questo suo inarrestabile respiro pesante faceva sì che si percepisse l’atto di vita in Michi, e quindi poi come è stata cantata nella canzone.
Il film affronta temi molto forti, ci sono anche scene molto emozionanti. Quindi ci piacerebbe sapere da voi quali sono state le scene più difficili da girare e interpretare a livello emotivo.
C. H.: più che complessa, diciamo che la scena che più mi ha spezzato il cuore mentre la stavo girando è stata verso la fine, quando Michi parla al telefono con Yoko. Si trattava comunque di un momento triste, però la conversazione di per sé è stata girata in due momenti diversi. Prima abbiamo girato la scena in cui Michi parlava al telefono, poi invece ci siamo spostate e abbiamo girato la scena in cui Yoko risponde dal centro telefonico. Per far sì che Yoko recitasse abbiamo utilizzato la registrazione della voce di Michi, quindi in realtà lei non era presente sul luogo, e il pensiero che Michi già non ci fosse più durante quella ripresa e che quindi rimanesse solo la voce alla quale Yoko stava rispondendo... ecco, quella mi ha molto emozionato, quasi alle lacrime.
C. B.: anche per me la stessa scena. La cosa che mi aveva colpito in modo particolare è che quando c’era la mia parte delle riprese era presente anche Yoko, e la cosa che mi aveva colpito era che la regista stava dirigendo lei tutto il tempo e a me non diceva nulla... e mi sono detta "Ma perché tutto questo?".
Poi, alla fine, a mano a mano che la conversazione nella ripresa andava avanti e io, nelle mie battute, continuavo a dire "Ma sai, ma sai", cercavo sempre di inserire una certa gentilezza e si vedeva anche come la controparte cambiasse anche la sua interazione mentre parlava con me. Ho provato, appunto, questa interazione bellissima - triste ovviamente - in cui c’era questo tipo di contraccambio. Un’altra cosa importante era quella di non esagerare con le emozioni, di non essere eccessivamente emotivi nella recitazione e nelle espressioni, questo perché se si finisce per esprimere troppo, diventa un po’ troppo facile. È stata bella questa idea di trattenere la propria tristezza, trattenere la propria gentilezza, semplicemente cercando di interagire in una maniera modesta, ma estremamente genuina e sincera.
Nel film ci ha fatto molto riflettere il fatto che Michi, la protagonista anziana, non trovi lavoro a causa della sua età. Probabilmente perché ritenuta non più produttiva per la società o comunque non abbastanza. Immaginare i nostri parenti più anziani in una situazione di questo tipo ci ha molto scosso, quindi ci chiedevamo da cosa avesse preso spunto per questo personaggio, se magari ci sono delle persone nella sua vita che ne incarnano un po’ l’essenza.
C. H.: no, in realtà non ho avuto dei riferimenti o dei modelli, possiamo dire, da cui ho preso ispirazione quando ho creato la protagonista, più che altro quello che volevo ritrarre è quello che hai correttamente detto tu. Le persone, nella società, ma non solo in quella giapponese - questo secondo me sta succedendo in tutto il mondo - che non sono più considerate produttive, che non hanno più una certa produttività, sono considerate dalla società come qualcosa da mettere da parte. Questo è quello che ho percepito e che è stato spunto per la creazione di questa storia e di questo personaggio.
A riguardo dell'età, a proposito, nella scena iniziale, se fate attenzione, il logo del Plan 75 è sfocato e lo è appositamente perché adesso è 75, ma in futuro potrebbe essere 70 o 65. L’età potrebbe scendere, oppure chissà, potrebbero essere tenute in considerazione solo le persone che hanno un’attività, mentre chi non ha denaro potrebbe essere inserito in un piano del genere. Quindi volevo che fosse questa forte tematica, questo forte problema ad apparire nella storia.
Vorremmo fare la stessa domanda anche alla signora Baisho, ma per quanto riguarda l’interpretazione, ovvero se ci sono state delle situazioni specifiche che l’hanno aiutata nell’immedesimarsi.
C. B.: no, anche nel mio caso devo dire che non ho avuto spunti particolari dal mio "circondario". Il mio grande spunto, la mia grande ispirazione è stata Michi. Michi è diventata il mio specchio per questo periodo e, quindi, più che dal mio circondario, tutte quelle che sono state le informazioni necessarie le ho trovate nel copione. Quella è stata la mia base per l’interpretazione.
Fonti consultate:
Si ringrazia mxcol per la trascrizione dell'intervista, nonché l'ufficio stampa del Far East Film Festival per la disponibilità