Convention di AnimeClick alla Lucca Manga School: intervista a Caterina Rocchi
Ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere con Caterina Rocchi, la fondatrice della scuola.
di Artax
A settembre 2022 avevamo tentato la prima convention dedicata all’associazione, a Milano. Purtroppo non avendo un luogo fisico in cui dormire tutti insieme, per quanto sia stato costruttivo e divertente, non c’è stata occasione di condividere appieno l'esperienza del fine settimana.
Quest’anno, invece, l’occasione ci è stata data dalla Lucca Manga School fondata da Caterina Rocchi.
Siamo stati ospitati, nutriti e coccolati dallo staff della scuola lucchese dedicata a imparare i segreti del disegno manga e del webtoon, e abbiamo approfittato per fare due chiacchiere con Caterina che è stata con noi e ci ha raccontato la sua esperienza professionale, la storia della sua vita, nonché la storia della sua scuola. Che poi corrono su binari paralleli.
Perché fondare la tua Manga School proprio a Lucca? Come è nata?
La risposta è stupida: perché ci vivo. Molti pensano che si tratti della scuola del Lucca Comics and Games ma per quanto talvolta si collabori, siamo una realtà separata.
La scuola nasce perché io volevo studiare di più: andavo e tornavo dal Giappone da quando avevo 14 anni, studiavo manga, e volevo continuare anche durante le vacanze. Abbiamo pensato di portare uno dei miei maestri in Italia e condividere con altri la sua esperienza professionale e non limitarlo a tenere lezione a una persona sola. Non pensavamo che la cosa si sarebbe evoluta: infatti avevamo in mente di fare un breve corso annuale, e ora organizziamo più di 200 corsi l’anno, abbiamo una sede di oltre 1000mq e l’anno scorso abbiamo superato i 1300 studenti. Facciamo anche corsi online e corsi brevi: tre giorni, qualche settimana o mese, perché chi vuole studiare i manga non per forza vuole farlo di lavoro, oppure semplicemente non avrebbe tempo. Però il cuore dell'organizzazione sono i corsi biennali, perché miriamo a formare figure professionali del mondo manga.
Persone interessate professionalmente e chi vuole fare solo una breve esperienza didattica: chi vince a livello numerico?
Sono di più quelli che si tolgono lo sfizio. Ma togliersi lo sfizio non significa venire qui e giocare a disegnare: siamo una scuola molto impegnativa e seria. Anche nei corsi brevi si imparano tecniche avanzate, come l'uso del pennino. Chi invece sostiene la scuola biennale sono coloro che formiamo professionalmente. Loro continuano a studiare nel tempo, partecipano alle masterclass con i sensei dal Giappone e ottengono parecchi miglioramenti e skills specifiche. Sia chiaro, anche chi fa il corso breve progredisce, ma sarà ovviamente un progresso limitato se paragonato a chi frequenta il corso biennale.
Cosa ne pensano i sensei che portate del fatto che ci sia una scuola di manga in Italia?
Sono divertiti al pensiero che in Italia ci sia gente che vuole imparare le tecniche manga. Sono sorpresi dalla mole di partecipanti. Anche i sensei che vengono qui per insegnare rimangono sconvolti dal numero di allievi; poi vedono la sede e si rendono conto dell’entità della Scuola, dello staff che ci lavora: ho un team di persone nel marketing, nella struttura e nell’accoglienza che non è risibile. E ovviamente ci sono gli insegnanti italiani ai quali dedichiamo anche delle mini masterclass dei sensei come corsi di aggiornamento. I nostri insegnanti sono formati non solo nel disegno ma anche nella formazione. Devono sapere cosa significhi essere studenti, altrimenti non ci sarebbe né empatia, né dialogo con gli allievi. Infatti tutti i nostri insegnanti fanno poi un anno di osservazione per imparare a gestire una classe.
Quanto delle tue esperienze hai riversato in questa scuola?
Lucca Manga School è la scuola che avrei voluto e non avevo. Ho unito esperienze negative e positive delle scuole che ho frequentato e ho capito ciò che desideravo davvero. Siamo molto attenti agli studenti, infatti abbiamo alcuni punti fermi. Uno ad esempio è il divieto tassativo di formare classi con più di 10 allievi. Gli insegnanti devono essere in grado di seguire al meglio gli studenti e non trascurarli, cosa che diverrebbe inevitabile in una classe numerosa.
C’è un'attenzione agli studenti davvero alta anche perché ho avuto esperienze scolastiche negative quando ero piccola, per cui ho voluto rendere la mia scuola uno spazio sicuro e inclusivo. Ad esempio permettiamo agli studenti di farsi chiamare con il nome che preferiscono. Ho visto quanto bene faccia loro: si vede come cambiano durante i giorni di lezione, stanno bene e rifioriscono. È bello poter dare qualcosa che io avrei voluto.
Perché il manga può dare queste emozioni e libertà?
Il manga è un medium assai immersivo nel quale l’autore va a lavorare in modo che il lettore sia parte della storia. Sentiamo i pensieri dei protagonisti, vediamo con il loro punto di vista. Questa immersione rende il manga molto coinvolgente e creandolo siamo noi artefici di una storia che sinora abbiamo solo fruito tramite storie altrui. Bellissimo e liberatorio al tempo stesso.
Il disegno viene da sempre usato come espressione del sé e delle emozioni, e il manga essendo così emotivo va a creare una catarsi ancora più forte.
Secondo te, è possibile che l’approccio di Lucca Manga School di voler creare un posto sicuro, unito alla catarsi generata dalla creazione di arte e storie, possa aiutare alcune persone con difficoltà a relazionarsi?
Sicuramente può essere d'aiuto trovare un posto dove ci si senta al sicuro, ma non è alla stregua di un percorso terapeutico. Potrebbe anche rivelarsi arduo perché quando si entra in classe ci si mette in discussione, bisogna saper accettare le critiche. Ci piace valutare la questione caso per caso, il benessere non è così facile e immediato, altrimenti saremmo il posto dei miracoli. Noi facciamo cosa possiamo ma non facciamo magie. Dipende caso per caso e abbiamo anche bisogno che sia gli studenti che le loro famiglie ci aiutino: se un ragazzo o ragazza ha dei problemi a monte dobbiamo saperlo per arrivare preparati. A volte si iscrive qualcuno che non ci segnala nulla per non essere trattato diversamente; peccato che sia fondamentale segnalare le difficoltà. Trattare tutti allo stesso modo significherebbe dare da mangiare la pasta ai celiaci e questo è un bel problema.
È quindi una scuola per tutti. Tu quando hai iniziato il percorso da artista sei andata in Giappone a 14 anni, ma avevi già delle basi?
Vengo da una famiglia particolare che mi ha permesso di fare quello che ho fatto, cioè andare in Giappone a 14 anni e fondare una scuola a 17. Il che non è assolutamente da tutti perciò riconosco e sottolineo l'importanza dei miei genitori nel progetto.
D'altronde Lucca Manga School è una scuola molto realistica e seria. Noi formiamo lo studente, sarà poi lui a rimboccarsi le maniche nel mondo del lavoro. Non conoscendoci c'è chi ci viene a chiedere di "essere pubblicato", ma noi non siamo una casa editrice. Sta al futuro professionista farsi scegliere da chi pubblica manga.
Il mio percorso di studi è stato duplice, in Italia e Giappone. Da un lato facevo il liceo artistico che mi è stato utile nell'apprendere le nozioni offerte dai sensei giapponesi. Le esperienze più gratificanti sono state quelle di loro assistente, o forse le pagine che ho pubblicato in Giappone. Ero arrivata a un livello in cui non potevo più fare un corso per migliorare, l'unica era mettere mano alle pagine dei maestri e confrontarmi con loro: anche su cose come il tipo di retini o le onomatopee.
Visto il tuo progetto e il tuo approccio, quanto ti reputi realista?
Mi reputo ottimista, altrimenti non avrei mai pensato di aprire una scuola di manga in Italia, ma ogni volta che mi lancio in qualcosa di nuovo provo paura. Ho fatto cose che non pensavo di poter fare anche perché in Giappone è molto difficile dire di no. Perciò mi sono trovata impicciata in cose che pensavo oltre la mia portata. Il murales in sala mensa, enorme, l’ho fatto ad Angoulême perché hanno dato quindici metri di murales da riempire al mio maestro e lui me ne ha dati cinque. Non potevo dire di no.
È stato duro fare continui salti nel vuoto su cose per cui non mi sentivo pronta, ma mi ha aiutato tantissimo: mi ha dimostrato che le cose in realtà le so fare ed è solo la mia insicurezza a frenarmi. Anche il mio maestro Matsuda mi ha dato la spinta a insegnare: lui avrebbe fatto il corso avanzato, io quello base. E a 19 anni non potevo dire di no. Quindi mi sono ritrovata a insegnare a persone con il doppio dei miei anni.
E poi è stata tutta una serie di concatenazioni particolari, ho avuto molta fortuna, ma ho anche fatto enormi sacrifici come quello di avere una vita normale. Sento responsabilità organizzative ed economiche gravare sulle mie spalle e non ci sono molte mie coetanee capaci di comprendermi. Ma ho trent’anni e sono orgogliosa del mio percorso.
Come sei vista nel panorama artistico italiano?
In Italia c’è un ambiente difficile per riconoscere il valore dell’arte, forse anche perché siamo circondati d’arte. Cerchiamo di fare uno scavo e troviamo affreschi, sembra quasi che ci impiccino. Così la svalutiamo tanto.
Ma qui abbiamo 1300 studenti che credono nel manga: è una prosecuzione naturale per chi, come me, è cresciuto a pane e manga. Si tratta di un'estetica con cui siamo cresciuti, perché da piccola, guardando gli anime, vedevo Sailor Moon che parlava italiano e non mi interessava di dove fosse. Come conseguenza a questa evoluzione naturale, anche le case editrici pubblicano sempre più manga.
Hai definito il manga un medium, ma molti lo definiscono un linguaggio. Secondo te cos’è?
Entrambi, forse. Il cinema è un medium con un linguaggio specifico, il manga è un medium con un linguaggio altrettanto specifico. Son cose separate: il medium è come si veicola l’informazione, il linguaggio è la grammatica con cui si veicola. Ma il manga è una cosa a sé. Non basta prendere Tex e appiccicarci gli occhi kawaii per farlo diventare manga. Ci sono regole e stilemi, un linguaggio molto diverso che passa tramite inchiostro e vignette.
Hai parlato di realismo: dalla tua esperienza di assistente mangaka in Giappone, quanto realismo c’è nel comunicare agli studenti la realtà della vita professionale?
Sono molto brutale nel raccontarlo. Non nascondo quanto sia difficile il mondo del fumetto e sconsiglio di lavorare in Giappone, proprio per com’è la loro realtà lavorativa, ma mi sembra sempre che il messaggio non arrivi fino in fondo. Ma lo capisco perché senza provarlo sulla propria pelle è difficile concepirlo: io stessa ho spesso pensato di mollare.
Ho pubblicato delle pagine in Giappone su una rivista dove facevo la foodblogger. Andavo nei ristoranti a provare cibi per poi raccontare l'esperienza; mi mandavano a mangiare le cose più strane per vedere quale sarebbe stata la mia reazione. Mi chiesero di rifare le tavole diverse volte senza alcun tipo di istruzione a parte "rifallo" e io ero in difficoltà perché all’epoca stavo anche studiando la lingua giapponese in una scuola in Giappone; quindi o disegnavo o studiavo. Sono andata in crisi, finché è arrivato il mio maestro Matsuda a complimentarsi con me dell'avvenuta pubblicazione delle tavole: nessuno mi aveva detto niente. E io fino al momento prima pensavo di mollare tutto. Tempistica assurda.
Nella tua carriera, che ruolo hanno avuto i tuoi insegnati giapponesi? Quanto ti hanno incoraggiata?
Mi sono fortunatamente circondata da persone che mi sostenevano nonostante fossi straniera. Se qualcuno si apriva con me significava che erano più disposti mentalmente: in Giappone se uno straniero lavora nel manga alcuni la percepiscono come un'invasione di campo. Però i miei maestri storici sono stati quelli che mi hanno sostenuto più di ogni altro. Il maestro Matsuda è stato il mio primissimo insegnante e ancora ora ci sentiamo come colleghi. Lui è contentissimo della Lucca Manga School, e c’è anche una contentezza nei miei confronti, quella strana tipa italiana che ha studiato da lui e che ora ha aperto questo posto. Molti sono addirittura lusingati che all’estero possa piacere così tanto una parte della cultura giapponese.
Al momento qual è la tua maggiore soddisfazione?
In questo momento sono contentissima di avere aperto una nuova ala della scuola: abbiamo comprato tutto lo stabile per i corsi e potremo ampliare anche i posti per permettere a chi arriva dal resto d'Italia di soggiornare da noi. Non è un hotel a cinque stelle ma si mangia, dorme e disegna tutti insieme. Sono fiera di poter ampliare questa offerta. Vedo la scuola crescere fisicamente: anche se non posso stare in contatto con tutti gli studenti e spesso mi sento alienata dalla realtà scolastica, vedere la nuova area in allestimento per i corsi estivi mi riempie d’orgoglio. È un segno che ci stiamo ampliando.
Fra i vostri corsi c'è anche qualcosa dedicato al manhwa?
Certo! Abbiamo svariati corsi a disposizione: Manga Academy che ha i corsi biennali; Manga School con i corsi brevi e la Junior da 8 a 13 anni. E poi Manhwa Academy per i webtoon, ed è un corso che si svolge principalmente online.
Ultima domanda: manga preferito?
Atelier Witch Hat!
Avevamo già avuto occasione di intervistarla anni fa e vi rimandiamo alla sua vecchia intervista, a un solo mese dalla fondazione della Lucca Manga School. È cambiato molto dal 2016 ma tuttora ci sentiamo di dire quanto Caterina sia un concentrato di resilienza e professionalità, ma non è abbastanza da trattenere la forza della passione e profonda attenzione che muove ogni sua parola.