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alis89

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Il 25 aprile è uscito, sulla piattaforma Netflix, il film giapponese City Hunter.
Trasposizione del celebre manga di Tsukasa Hojo, questo è il primo live-action realizzato in patria; infatti avevamo avuto delle pellicole precedenti, ma nessuna giapponese: City Hunter del 1993, interpretato da Jackie Chan, e Mr. Mumble del 1996 entrambi made in Hong Kong; il drama coreano del 2011; il film francese Nicky Larson and the Cupid’s Purfume del 2019.
L’unico Ryo Saeba giapponese in carne ed ossa è stato Takaya Kamikawa che vestiva i panni del famoso sweeper nel live-action Angel Heart del 2015; è però un Ryo Saeba un po’ invecchiato che ha dovuto affrontare varie vicissitudini.
Quindi questo recitato da Ryōhei Suzuki (HK/Hentai Kamen, Tokyo Tribe, Tokyo MER) lo possiamo definire come il primo vero e proprio Ryo Saeba in carne ed ossa giapponese.
E, ammettiamolo, un po’ ce lo meritavamo: per quanto personalmente abbia trovato piacevoli le trasposizioni precedenti, ritrovando comunque in loro una certa atmosfera riconducibile all’opera originale, i protagonisti si allontanavano dal vero e proprio City Hunter.
Ma premetto anche che, se qualcuno si aspetta un film che segue fedelmente il manga, non sarà così. Questa pellicola si discosta per la trama, ma riesce a mantenerne le vibrazioni e le emozioni.

Innanzitutto, la storia è ambientata proprio a Shinjuku, ma ai giorni nostri e non negli anni ‘80. Nonostante si senta la mancanza del fascino degli anni passati, soprattutto nelle inquadrature del quartiere di Tokyo, non è una mancanza che si ripercuote nella bellezza del film. Anzi, ho apprezzato la scelta: sarebbe stato più difficile e non di semplice riuscita ambientarlo negli anni ’80, rischiando un film malriuscito.
La storia parte dalle origini, quando il socio di Ryo Saeba era ancora Makimura. Anche questa scelta mi è piaciuta molto, essendo la parte della storia meno rappresentata in assoluto.
Le discrepanze con il manga si trovano subito, fin dai primi minuti di film (la parte seguente contiene spoiler): la morte di Makimura non avviene come nel cartaceo, ma in qualche modo ne mantiene la motivazione principale che possiamo ricondurre all’Angel Dust, la droga che serve a creare il soldato perfetto e di cui possiamo leggere anche nel manga (fine parte contenente spoiler). Oltre a questo, ne conserva anche l’intensità.

Ogni personaggio è ben caratterizzato e ognuno di loro si è immerso completamente nel proprio ruolo. Forse la meno riuscita è Saeko: lei è tosta e determinata, oltre che molto sexy; qui risulta più piatta, ma visto che siamo proprio agli albori della storia, le si perdona anche questo.
Ho apprezzato molto il personaggio di Kaori, ritrovandone tutte le sue caratteristiche principali: è testarda, caparbia e perde subito le staffe quando Ryo guarda qualche bella donna.
Il più riuscito è senz’altro Ryo Saeba: Ryohei Suzuki, oltre a essere perfetto fisicamente, si è calato impeccabilmente nel personaggio (tanto che ha cambiato addirittura il suo nome su Instagram) e ha interpretato nei minimi dettagli ogni espressione e ogni movimento per un mix di comicità e azione.
In aggiunta a tutto questo, ritroviamo degli outfit studiati con grande precisione; non ricordano i classici vestiti che vediamo nell’anime (che comunque appariranno nel finale), ma sono quelli che possiamo trovare sfogliando le pagine del manga.
A completare tutto questo c’è la sua immancabile Mini Cooper rossa con il tettino bianco.
Anche l’appartamento è stato ben studiato: sicuramente svecchiato di qualche anno, ma molto simile a come lo si ricorda, con oggetti sistemati nella stessa disposizione all’interno delle stanze.

Il film sembra un manga egli stesso, con tutti i pro e contro che ne deriva: è sciocco, divertente, ma anche inverosimile. Mi viene subito in mente il lancio con il materassino dalla finestra con tanto di atterraggio perfetto che fa Ryo nei primi minuti di pellicola. Il tutto è enfatizzato da riprese particolari e primi piani: in questo il regista Yuichi Sato ha fatto davvero un ineccepibile lavoro.
Questo City Hunter non stanca mai, ti tiene incollato allo schermo perché è un susseguirsi di scene esilaranti e azione, quindi non ha punti morti o meno elettrizzanti.
Un vero tuffo negli anni ‘80 sono le musiche con l’immancabile “Get Wild” di cui il gruppo TM Network ne ha rilasciato una nuova versione appositamente per il film intitolata “Get Wild Continual”.

Oggettivamente, però, non è esente da pecche. Ad esempio, il personaggio di Milky: forse per il fatto di essere un personaggio creato appositamente per il film, risulta un po’ carente. Ho trovato inverosimile, inoltre, il fatto che lei sia inseguita da una grandissima organizzazione criminale e non venga rintracciata, nonostante continui a pubblicare e usare i social network.
Non indispensabile, neppure, il fatto che lei faccia la cosplayer e che questa parte della sua vita sia così predominante nel film.
Però in fin dei conti ho giustificato tutto questo per un solo aspetto: il martello di Kaori.
Ho apprezzato tantissimo il voler rendere reale e tangibile quest’oggetto che non appare subito, ma nasce come un oggetto da cosplay che usa Kaori nel suo travestimento durante la gara. Ed è proprio quando sono travestiti che Ryo riceve le sue prime martellate. Nonostante si rompa in una lotta, lo vedremo dopo riassemblato alla meno peggio. Unico difetto: non c’è scritto di quante tonnellate sia il suo peso!

In conclusione City Hunter è un’opera godibile da tutti, aiutata oltretutto dall’ottimo doppiaggio in italiano: sia per chi è fan del manga e dell’anime, a cui sembrerà di tornare indietro negli anni per le emozioni provate, sia per chi l’originale non lo conosce ancora, perché è comunque un film che si apre e si conclude, quindi non bisogna già conoscere la storia per apprezzarla.
Anzi, speriamo non si concluda qui, ma che venga annunciato almeno un altro film!