"Il termine “manga” significa letteralmente immagini stravaganti. Spesso sono storie porno incentrate sui minori con scene di sesso e violenze"

La Repubblica e i manga pedopornografici 1Ci risiamo.
Certe affermazioni qualunquistiche e infanganti sul fumetto giapponese, basate su luoghi comuni e alimentate dall'ignoranza, lasciavano già basiti vent'anni fa; o per lo meno finché certi episodi li vediamo accadere altrove, ce ne possiamo fare una ragione.
Ma chi avrebbe mai pensato che ancora oggi, dopo anni di diffusione capillare e affermazione di questo esponente della nona arte nella nostra penisola, ci sarebbe toccato leggere sulle pagine di un quotidiano a larghissima diffusione nazionale come La Repubblica una perla di disinformazione come questa?

L'articolo del corrispondente dall'estero Giampaolo Visetti (qui la versione integrale dall'archivio online del quotidiano), illustra come il Giappone, "uno dei popoli più repressi del mondo", abbia varato in parlamento una legge anti pedofilia, grazie alla quale è ora possibile sanzionare anche la detenzione e l'uso privato di materiale pornografico avente come protagonisti dei minori di anni 18.
E fin qui nulla di strano nella notizia, se non fosse per il fatto che l'articolo intraprenda subito dopo una piega grottesca, affermando come resti ancora da demolire "l'ultimo bastione del sesso rivolto ai maniaci dei bambini", e cioè i "manga" e gli "anime", grazie ai quali, sempre secondo La Repubblica, i giapponesi possono continuare a fruire di queste "popolarissime storie porno centrate sui minori, o a guardare cartoni animati con stupri e violenze ai danni di teenagers."
L'articolo quindi si esibisce in un tripudio di generalizzazioni in cui si mette nello stesso calderone la mancanza di tutela dei minori, l'incesto, gli "idoli giovanili" (le idol?), maniaci e via discorrendo.

Questa è l'informazione che ci meritiamo in Italia?

La Repubblica e i manga pedopornografici 2

Ora chi lo dice a La Repubblica che "manga" significa semplicemente "fumetto", e che "anime" è un neologismo nato dal termine "animation"? Chi glielo spiega che in Giappone vi sono decine di target editoriali, cui corrispondono lettori di ogni età, e che raccolgono una sterminata mole di opere che vanno da "kodomo" (espressamente indirizzati ai lettori più piccini) come ad esempio il notissimo Doraemon, ai "seinen" come Cesare, e che le produzioni a contenuto pornografico, inclusi i "lolicon", sono solo una delle tante sottocategorie? Chi glielo spiega che generalizzazioni di questo tipo credevamo di essercele finalmente lasciate alle spalle da anni?

E soprattutto quale manga ora consigliereste voi, per spazzare via un po' di preconcetti, a chi ha avuto la sfortuna di acquistare La Repubblica e leggere questo articolo? Un Tezuka o un Taniguchi a caso, che dite, può andar bene?

Fonte:
La Repubblica