Produrre giochi in Occidente e produrre giochi in Giappone
Guardare oltre l'anime e vedere il realismo è davvero una parte meravigliosa dei nostri giochi".
Produrre giochi in Occidente e produrre giochi in Giappone
Hai ragioneProdurre giochi in Occidente e produrre giochi in Giappone
Vabbé sempre a guardare il Giappone con gli occhiali rosa. I gacha che sono l'apice dei giochi creati solo per vendere e a spillare soldi sono tutti Giapponesi, Coreani e Cinesi. Poi giochi ispirati a anime/manga che sono 60-70 euro quando ne dovrebbero valere molto meno per come sono fatti male. Poi c'é Atlus (a cui appartiene la persona dell'intervista) e SEGA (non dimentichiamoci del casino di inizio anno dove al nuovo capitolo di Yakuza like a dragon é chiesto di pagare un dlc per fare il game+). E come hanno detto i commenti sopra al mio non parliamo del DLC di Persona 3 Reload che nel gioco originale "The answer" era compreso nel gioco ma qui venduto addirittura a 35 euro. Quindi questo qui é l'ultima persona che dovrebbe parlare di queste cose.
Hai ragioneProdurre giochi in Occidente e produrre giochi in Giappone
Vabbé sempre a guardare il Giappone con gli occhiali rosa. I gacha che sono l'apice dei giochi creati solo per vendere e a spillare soldi sono tutti Giapponesi, Coreani e Cinesi. Poi giochi ispirati a anime/manga che sono 60-70 euro quando ne dovrebbero valere molto meno per come sono fatti male. Poi c'é Atlus (a cui appartiene la persona dell'intervista) e SEGA (non dimentichiamoci del casino di inizio anno dove al nuovo capitolo di Yakuza like a dragon é chiesto di pagare un dlc per fare il game+). E come hanno detto i commenti sopra al mio non parliamo del DLC di Persona 3 Reload che nel gioco originale "The answer" era compreso nel gioco ma qui venduto addirittura a 35 euro. Quindi questo qui é l'ultima persona che dovrebbe parlare di queste cose.
C'è chi ha inventato i gacha da una parte ma anche chi dall'altra ha inventato i season pass, le loot box, le microtransazioni nei giochi da 70 euro, le skin a pagamento, i giochi venduti in early access a prezzo pieno, i paywall nei free to play per invogliare agli acquisti in game, gli openworld sempre uguali tra di loro che oramai non distingui più un Assassin's Creed da un Far Cry e non dimentichiamoci i giochi sportivi dal pallone, al basket passando per il football americano che escono in bundle anche fino a 130 euro ogni anno per giocare allo stesso gioco ma con le rose aggiornate.
Diciamo che ci difendiamo bene.
Sono d'accordo, anche perché lui non rappresenta la ATLUS come compagnia e non è direttore di marketing, quindi non decide come far rilasciare i giochi.
Sono d'accordo, anche perché lui non rappresenta la ATLUS come compagnia e non è direttore di marketing, quindi non decide come far rilasciare i giochi.
Ora si capisce molto facilmente in quali giochi è nata prima l'idea di creare un gioco rispetto all'idea di venderlo, sia in oriente che in occidente abbiamo esempi di entrambi i casi.
Io mi trovo d'accordo con le affermazioni presenti nella news mentre, sinceramente, mi trovo nel mezzo come opinione riguardante chi rappresenta chi quelle affermazioni le ha rilasciate.
Mi spiego meglio...da una parte condivido appieno ciò che hanno scritto alcuni utenti e ossia che è necessario fare una distinzione tra lo staff tecnico-artistico e lo staff del marketing di un'azienda videoludica(e non, direi), ma allo stesso tempo, anche se mi rendo conto che i rischi nel fare ciò siano tanti, penso che i creativi che la pensano come quello protagonista di questa news non siano obbligati a lavorare in certe aziende...cioè, io non mi intendo di Atlus e dei suoi prodotti, ma se il creativo di turno, famoso per essere nello staff che ha lavorato ai prodotti di quest'azienda, rilascia certe affermazioni(che condivido) continuando a lavorare per Atlus che, a quanto detto da altri utenti, fa esattamente l'opposto di ciò che dice io, sinceramente, ci vedo un pizzico di incoerenza in tutto ciò!
Qualcuno mi potrebbe dire che "i creativi possono pensarla in un certo modo perchè non rappresentano l'azienda per cui lavorano" e io sarei anche d'accordo, ma qui ci troviamo di fronte a un creativo che, a quanto ho capito, è famoso per aver lavorato a titoli di Atlus e quest'ultima è famosa per voler puntare più al guadagno, ossia qualcosa che il creativo di cui sopra non condivide come atteggiamento primario nella creazione di videogiochi.
Non sarà condivisibile, ma io ho una sensazione di vedere dell'incoerenza tra le parole e le azioni fatte da quest'uomo...cioè, se davvero il suo pensiero è quello che ha espresso perchè continua a lavorare per un'azienda che fa esattamente l'opposto di ciò che dice lui?
Va bene distinguere tra creativi e marketing, va bene distinguere tra personaggio e persona, ma io, alla fine, lo vedo come rappresentante della sua azienda(a me hanno insegnato a lavoro che, anche ciò che faccio nella vita privata sui social e non o ciò che dico e faccio indipendentemente ha comunque delle ripercussioni perchè io rappresento sempre la mia azienda per tutte quelle persone che ci hanno a che fare) in quanto pur parlando in un modo(semina bene) poi mette da parte tutto ciò e torna a lavorare per la Atlus che rappresenta ciò che critica contribuendo a diffondere il problema e ad evitare che il lato vero e umano vinca contro il marketing del guadagno prima di tutto(razzola male)! Boh...
Io mi trovo d'accordo con le affermazioni presenti nella news mentre, sinceramente, mi trovo nel mezzo come opinione riguardante chi rappresenta chi quelle affermazioni le ha rilasciate.
Mi spiego meglio...da una parte condivido appieno ciò che hanno scritto alcuni utenti e ossia che è necessario fare una distinzione tra lo staff tecnico-artistico e lo staff del marketing di un'azienda videoludica(e non, direi), ma allo stesso tempo, anche se mi rendo conto che i rischi nel fare ciò siano tanti, penso che i creativi che la pensano come quello protagonista di questa news non siano obbligati a lavorare in certe aziende...cioè, io non mi intendo di Atlus e dei suoi prodotti, ma se il creativo di turno, famoso per essere nello staff che ha lavorato ai prodotti di quest'azienda, rilascia certe affermazioni(che condivido) continuando a lavorare per Atlus che, a quanto detto da altri utenti, fa esattamente l'opposto di ciò che dice io, sinceramente, ci vedo un pizzico di incoerenza in tutto ciò!
Io mi trovo d'accordo con le affermazioni presenti nella news mentre, sinceramente, mi trovo nel mezzo come opinione riguardante chi rappresenta chi quelle affermazioni le ha rilasciate.
Mi spiego meglio...da una parte condivido appieno ciò che hanno scritto alcuni utenti e ossia che è necessario fare una distinzione tra lo staff tecnico-artistico e lo staff del marketing di un'azienda videoludica(e non, direi), ma allo stesso tempo, anche se mi rendo conto che i rischi nel fare ciò siano tanti, penso che i creativi che la pensano come quello protagonista di questa news non siano obbligati a lavorare in certe aziende...cioè, io non mi intendo di Atlus e dei suoi prodotti, ma se il creativo di turno, famoso per essere nello staff che ha lavorato ai prodotti di quest'azienda, rilascia certe affermazioni(che condivido) continuando a lavorare per Atlus che, a quanto detto da altri utenti, fa esattamente l'opposto di ciò che dice io, sinceramente, ci vedo un pizzico di incoerenza in tutto ciò!
Secondo me c'è un errore di fondo in tutti questi discorsi che stanno venendo fatti sotto la news: Hashino non sta criticando un comportamento che la Atlus ha.
Hashino critica i giochi creati solo per vendere (come dice il titolo della news), e i giochi Atlus solitamente non rientrano in questa categoria da lui disprezzata. Con i giochi Atlus subentra il marketing e la voglia di fare soldi quando si arriva alla distribuzione del gioco, quando si deve scegliere se inserire subito certi contenuti o metterli in dei DLC, ecc... Ma nella fase di creazione del gioco è assente la pura e semplice voglia di fare soldi, visto che è appunto lui il creativo che si occupa della loro realizzazione, e lui dà priorità ad altro.
Lui parla di come gli piace vedere l'umanità dietro un videogioco, anche quando esso è ancora grezzo. Lui parla di come non gli piacciono quei videogiochi dove sembra che ogni aspetto sia stato stabilito in un ufficio da persone senza né arte né parte. In tutto il discorso che fa si parla sempre del videogioco e di chi lo crea, non di come poi verrà distribuito. La Atlus quindi non fa il contrario di ciò che apprezza lui, perché appunto finché avranno qualcuno come Hashino a lavorarci non sarà possibile che creino giochi solo per vendere, visto che non sono le intenzioni di Hashino.
ConcordoSono d'accordo, anche perché lui non rappresenta la ATLUS come compagnia e non è direttore di marketing, quindi non decide come far rilasciare i giochi.
Ora si capisce molto facilmente in quali giochi è nata prima l'idea di creare un gioco rispetto all'idea di venderlo, sia in oriente che in occidente abbiamo esempi di entrambi i casi.
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Peccato che non la pensino anche nell'azienda dove lavoro io... u.u