Bob, cosa dire... condivido pienamente. Non sono sicuro però che lui conoscesse Crepax, anche se Kamimura è davvero il Crepax del Sol Levante. Raffinata la scrittura di Okazaki, che da buon editore intuì per primo il talento di Kamimura e ne instaurò un sodalizio vincente. So che da questo fumetto è nato un film molto controverso, si parlò addirittura di plagio all'epoca. Comunque un Kamimura magistrale nella rappresentazione del periodo e del contesto storico, come sempre.
Complimenti per la recensione, davvero piacevolissima da leggere ed esaustiva. Non conosco quest’autore ma le tematiche trattate e il contesto storico mi intrigano molto, penso che ci farò un pensiero per una lettura un po’ più impegnata rispetto al solito.
Dopo l'ottimo Storia di una geisha sono approcciato con fiducia a quest'opera di Kamimura (e Okazaki). Devo però dire che in definitiva sono rimasto sostanzialmente deluso da essa. Nulla da dire sulla scrittura né sui disegni (come al solito sublimi).
Una donna che non cambia nonostante le esperienze, che riconosce che nel suo modo di agire c'è qualcosa di sbagliato, ma non fa nulla per resistere a certe pulsioni. Non che sia una cosa facile. Ma è un po' come ricadere sempre negli stessi errori. Presa come descrizione, anche struggente, la storia assume un certo valore. Mi sono però risultate indigeste le ultime pagine, nelle quali sembra che questo destino sia ineluttabile e addirittura tramandabile, senza che ci sia possibilità di opporsi a esso.
Tra gli articoli alla fine dei volumi mi è molto piaciuto il ricordo della figlia di Kamimura, intimo e toccante, che molto fa capire della figura dell'autore. Ottimi tra l'altro perché danno un'idea completa delle altre storie del duo.
In realtà non c'è paragone tra Storia di una Geisha (finora il meno brillante di Kamimura) e Il fiume Shinano. La storia è così e basta, molto semplicemente. Noi diremmo "chi nasce tondo non può morire quadrato". E' il sangue che non mente mai; la giovane figlia sul finire del manga ricade nei medesimi errori della madre, c'è quel tocco di disillusione verso il futuro, amaro e triste al tempo stesso.
Non devono essere apprezzate, devono essere capite. E' come dire "non mi piacciono i film tristi, quindi li boccio tutti perché amo i finali allegri". Poi ognuno di noi è più affine a un determinato tipo di storia piuttosto che ad un'altra.
Dalle mie parole è chiaro che avrei preferito un altro finale e un altro sviluppo pscologico, ma ciò non mi può certo di impedire di apprezzare un'altra visione. Non riesco però a trovare una motivazione, un percorso, che porti a quanto narrato; probabilmente perché, come dici tu, non entro nelle corde degli autori.
Difficile parlarne qui, fa tutto parte di un discorso più ampio. Quello che mi ha colpito del tuo post è di volere a tutti i costi un cambiamento, il che è di per sè sbagliato. Mi spiego: La tua reazione è tipica di un lettore di shonen (ma a volte pure i seinen si presentano così), di volere a tutti i costi che i personaggi evolvano in qualche maniera. Questo perché vi hanno ficcato in testa che il protagonista nasce così e poi, attraverso l'amicizia, l'amore e mille peripezie dovute quasi sempre ad un viaggio di formazione tipo, diventa cosò. Il protagonista non deve necessariamente cambiare, può rimanene un povero e vecchio beone dall'inizio fino alla fine della storia. Così come una prostituta ha il diritto di rimanere tale fino all'ultima pagina; non deve diventare madre, moglie e onesta lavoratrice per accontenatre il lettore. Usciamo per un attimo dall'ambito fumettistico, questo vale anche per la letteratura. Lo squalificato di Dazai rimane miserabile fino all'ultimo, perché così dev'essere. Prova a rileggerlo una seconda volta, con un occhio diverso stavolta, e poi riesaminalo mettendo da parte preferenze personali e suggestioni indotte.
Non voglio a tutti i costi un cambiamento, un personaggio non deve necessariamente evolvere. (L'evoluzione può far parte di una storia matura, non è una prerogativa banale da shonen) Se guardiamo alla storia la stessa protagonista si rende conto che la sua vita non va, ma non ha un accenno a un cambiamento, una reazione, che non deve necessariamente avvenire. È come se si aprisse una strada, uno spiraglio, che poi non ha prosecuzione.
La quarta di copertina (solamente italiana?) descrive la storia come una ricerca tra amore carnale e romantico, ma il secondo è praticamente assente (Ma, ripeto, magari è la presentazione italiana che mi ha sviato).
Perché si legge? Cosa resta di una storia? La descrizione di un particolare carattere (inteso come personaggio/personalità) umano. La descrizione di una donna che vive solamente di passioni carnali (con una vaga speranza romantica) senza reagire al suo destino, perché quella è la sua natura. OK, benissimo, ne prendo atto, ma mi lascia poco, pur nella buona descrizione del suo sentimento di tormento interiore.
Se ho capito bene a te dà fastidio il fatto che si accenni a una possibile "redenzione" ma poi non accade nulla, giusto? Credo che tu ti sia già dato la risposta da solo. Pensa ad un malato del gioco d'azzardo; lo vedi tutte le sere allo stesso bar che getta la monetina nella stessa macchinetta, e vorrebbe anche smetterla in realtà, ma non ci riesce proprio e nemmeno ci prova sul serio, perchè già sa che non ci riuscirà. Conosce troppo bene se stesso. Yukie condivide lo stesso destino. Lei prova piacere nell'amore carnale, ma vorrebbe raggiungere una condizione superiore, dare quite al suo animo tormentato, amare davvero, però alla fine si rende conto che tutto questo è impossibile. Ecco perché dico che la storia è quanto di più reale ci si possa immaginare. Credo che tu abbia raccolto tutti gli elementi, ma forse la verità finale non ti piace e per questo la rigetti.
Bellissima recensione, come sempre Bob riesce a raccontare con assoluta eleganza e accuratezza e a trasmetterci ogni atmosfera in maniera coinvolta! Disegni meravigliosi!