La presentazione è importante. Nell'ultimo Summer Game Fest, che abbiamo potuto seguire assieme tramite Twitch, uno dei trailer passati in rassegna era proprio quello di Dustborn, il nuovo lavoro dello studio norvegese Red Thread e patrocinato da Quantic Dream.
 
Un'anteprima punk-rock

Il video, della durata di qualche minuto, non ci aveva esaltato particolarmente, mostrando una minuscola sezione di gioco con bivi narrativi in base alle scelte di dialogo intraprese. Insomma, niente di nuovo su questo fronte eppure, dopo aver toccato con mano il titolo, la percezione è adesso molto diversa.

Ambientato nel 2030 in una distopia degli Stati Uniti in cui il Presidente J.K. Kennedy non trovò la morte nel 1963, il concetto di “Giustizia” è un po' sfuggito di mano. Tutto è infatti sotto il controllo della Justice, un'oppressiva forza di polizia governata però da un'altra entità decisamente più misteriosa. Impersonando Pax, ci si ritroverà in un coast-to-coast dalla Nuova Scozia alla California al fine di consegnare uno strano aggeggio ma per farlo senza essere scoperti e braccati dalla Justice si dovrà agire sotto copertura: una band punk-rock. Cosa potrebbe mai andare storto?

La demo provata ci ha catapultato nel mezzo del gioco, con i fatti precedenti raccontati come fumetto in modo da contestualizzare le azioni dei protagonisti. La parola “fumetto” è il fulcro su cui ruota tutta l'opera, riprendendo in pieno quanto realizzato da Telltale quando era ancora Telltale. Non è solo la componente visiva a ricordarlo, con un cel-shading per certi versi molto simile a quello visto in Rollerdrome ma è l'intero aspetto narrativo a immergerci in un'opera quasi trans-mediale. La dicitura 'action-adventure' infatti è un po' fuorviante: per quanto esistano una componente action e una componente esplorativa, il focus dell'opera è l'intreccio narrativo che si verrà a creare tra Pax e i suoi compagni, ognuno con una propria personalità e modo di agire. Ma a complicare le cose, c'è un elemento che enfatizza e fa da catalizzatore a tutto quanto: i superpoteri.
 
Scelte e scelte

Pax e i suoi compagni possiedono infatti abilità uniche, utilizzabili non solo in combattimento ma anche in altre sezioni. Il potere della parola della protagonista unisce significato e significante in una cosa sola, impartendo quelli che essenzialmente sono ordini. Per certi versi è un potere simile a quanto visto in The Umbrella Academy nel personaggio di Allison Hargreeves, in grado o perché no, al Geass di Lelouch. Pax infatti può, in fase di combattimento, ordinare ai nemici di immobilizzarsi, può confonderli instillando loro paure o lanciarli via. Ma queste potenti parole/azioni possono essere ulteriormente aumentate, trovando le varie anomalie sparse per il gioco, aggiungendo al nostro vocabolario termini che possono ad esempio far immaginare ai nemici di trovarsi su un pavimento di lava.

Ma il combattimento è anche fisico, probabilmente la parte meno riuscita del pacchetto. Dotata di una mazza da baseball, potenziabile con ulteriori abilità, la protagonista può colpire i nemici anche a letterali mazzate con un moveset abbastanza basilare contornato da parata e schivata. Tuttavia queste tre componenti sembrano in qualche modo slegate tra loro, con soprattutto schivata e parata molto statiche. La schivata ad esempio non permette molta libertà d'azione, stando quasi su 'binari' mentre la parata, che funge anche da parry sembra essere inflitta da input lag e azzeccare il giusto tempismo richiede anticipare di parecchio l'arrivo del colpo avversario. C'è ancora un po' di tempo per limare questi problemi ma in linea generale, benché non esattamente il fulcro dell'opera, la componente action sembra destreggiarsi discretamente anche per via della commistione di poteri fisici e vocali che possono intrecciarsi alle abilità dei nostri compagni. Ma c'è un'altra caratteristica da tenere presente: è impossibile morire. Non sembra esistere infatti un game over, in quanto una volta prosciugata la barra della salute semplicemente saremo invitati a rialzarci. Questo è un enorme problema perché per quanto appunto il combattimento non sia il fulcro dell'opera, un minimo di senso di sfida e di pericolo bisogna avvertirlo. Come si può avvertire la potenza della Justice o l'anarchia dei teppisti se non si ha nessuna conseguenza? Questo è un po' un peccato.
 
Visivamente funziona

Un'altra caratteristica a cui bisogna abituarsi è che si parla tanto anche in fase di combattimento, chiacchiere che sembrano essere usate per stemperare la tensione come per Spider-Man ma in realtà fa tutto parte di un meccanismo che serve a Pax per caricare i suoi poteri speciali citati precedentemente. Le chiacchiere insomma sono la base dell'opera, ma lo fa in maniera un po' diversa dal solito.

Siamo abituati a vedere in opere come questa dialoghi abbastanza statici. Prendiamo Mass Effect per esempio: come Comandante Shepard siamo lì a imbastire quello che a conti fatti è un interrogatorio, in cui si ha tutto il tempo di dare una risposta o chiedere qualcosa che nulla a che fare con l'argomento appena trattato dall'interlocutore. Un passo avanti in tal senso era stato compiuto da Andromeda, con dialoghi incentrati più sulla componente caratteriale degli interlocutori ma sempre statici, un eterno Pong impossibile da portare avanti se non per nostro input. Meno male che in Cyberpunk 2077 almeno ci si intimava di “sbrigarci”...
Dustborn da questo punto di vista è davvero interessante. Richiede infatti un'attenzione particolare al giocatore in cui non è parte passiva dei dialoghi ma viene invogliato a partecipare all'interlocuzione. Questo perché qualora facessimo una piccola pausa, cercando di scegliere cosa dire, il nostro interlocutore potrebbe ne frattempo iniziare un altro argomento e perdere così l'occasione di rispondere adeguatamente. Al contrario, perdere tempo o dare una risposta fuori contesto potrebbe mostrarci disinteressati o distratti per cui, e bene prestare attenzione a quello che ci viene detto.

Questo perché i dialoghi sembrano ben realizzati, approfondendo via via non solo il passato dei personaggi ma anche le loro caratteristiche caratteriali. L'approccio con le loro peculiarità deve essere più attento del solito, con fragilità che possono essere usate come leva per migliorare alcuni rapporti incrinati ma anche per compiere azioni non volute. Il potere di Pax infatti è utilizzabile anche in questi frangenti, forzando il nostro interlocutore a provare determinate emozioni. Inutile dire come ci si senta un po' 'sporchi' in certi frangenti ed è qui che Dustborn funziona molto bene. Le parole sono armi e avere un potere del genere non deve essere affatto facile. Mettersi nei panni di Pax dunque, anche in questo assaggio di gioco, sembra una cosa riuscita e sarà davvero interessante come le interazioni si faranno via via più complesse, anche con i nuovi membri della crew che potremo 'reclutare'.
Sono tanti gli elementi che in qualche modo rendono Dustborn accattivante, anche artisticamente. Dai trailer non si ha la reale percezione della cura che sembra essere stata posta al design dei protagonisti e dell'ambiente di gioco, che uniti allo stile dell'UI spiccano su altre opere simili. Per non parlare poi della componente sonora, un'altra parte centrale dell'opera.
 
Trovare nuove parole da usare come armi

Come detto all'inizio infatti, Pax e il resto del gruppo hanno usato come copertura l'essere un gruppo punk-rock. Ma ovviamente per essere credibili, bisogna esercitarsi e creare qualche nuovo brano lungo il tragitto. In queste sezioni, con minigiochi dedicati, possiamo aggiungere altri tasselli alla narrativa, un modo per dare maggior senso al potere della parola. Grazie alla musica, non solo si può passare per una band vera e propria ma si possono trovare nuovi modi o delle chiavi per poter interagire con il prossimo, irraggiungibile fino quel momento. C'è tanta carne al fuoco insomma e la cosa bella è che una volta 'cotta', potrà essere condivisa con tutti. Questo perché tutte le nostre scelte e influenza che si avrà sugli avvenimenti e sui personaggi, sono raccolte in un fumetto digitale che alla fine, potrà essere condiviso con la community. Ognuno creerà la propria storia nel vero senso del termine e speriamo che il gioco completo confermi quanto visto finora.

Dustborn sembra avere tutte le carte in regola per diventare una delle sorprese del 2024. Benché il combat system fisico necessiti di qualche miglioramento, la struttura principale sembra reggersi bene sulle proprie gambe. Il cast di personaggi sembra stratificato a dovere e la metodologia con cui si svolgono i dialoghi potrebbe essere una ventata d'aria fresca per il genere.