Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su drama e live action, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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8.0/10
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“Hidden Blade” è un film del 2023 che è stato presentato anche alla venticinquesima edizione del Far East Film Festival.
Ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, questa storia è un thriller che parla di spionaggio.
Non nascondo che conoscere la storia sino-giapponese di quegli anni, aiuta a seguire meglio il film.
La cosa principale da sapere è che in questo contesto storico sono in gioco tre diverse potenze politiche: il Partito Comunista Cinese, il Partito Nazionalista Cinese e il Giappone che ha invaso la Manciuria (regione situata nella Cina nord-orientale).
Se comunque la storia non è il vostro forte, non vi preoccupate: dopo il primo impatto un po’ destabilizzante, per il fatto che vengono presentati tanti personaggi in poco tempo, si intuiranno facilmente presto le varie fazioni.
La politica, inoltre, si fonderà con la vita privata dei vari protagonisti, rendendo la visione ancora più gradevole.

Il regista e sceneggiatore Cheng Er, per presentarci questa storia, usa un metodo narrativo particolare, caratterizzato da numerosi flashback e flashfoward, mantenendo così l’attenzione dello spettatore sempre alta, in un mix tra trepidazione e curiosità: durante la visione è impossibile non chiedersi se quello che stiamo vedendo è davvero come sembra o se un certo personaggio sta facendo il doppio gioco o meno.

In questo contesto di ambiguità delle parti, due sono gli attori che maggiormente colpiscono per la loro bravura: innanzitutto il veterano Tony Leung, da cui non ci si poteva aspettare che una performance straordinaria come questa.
Accanto a lui, il giovane Wang YiBo che non si è fatto minimamente intimorire dalla grandezza dell’attore che aveva accanto, e con la sua dualità e micro-espressività, di cui ci aveva dato solo un piccolo assaggio nel famoso drama "The Untamed", ha dato vita a un personaggio sbalorditivo, fino all’ultimo fotogramma.

Non sono solo gli attori, però, ad avermi colpito: regia e fotografia sono state magistrali, ogni scena è curata nei minimi particolari diventando quasi pittoresca.
Anche gli stupendi abiti sono studiati nei più piccoli dettagli, tanto che lo stesso Cheng Er, in un’intervista, ha dichiarato che perfino le cravatte sono originali dell’epoca, prese in prestito da collezionisti.

Non da meno è la scenografia. Un fattore, inoltre, che mi ha incuriosito fin da subito è che sembra esserci un parallelismo tra i cani presenti in tutto il film e la vita degli umani che ruotano loro intorno.

Grazie alla somma di tutti questi fattori, ne esce un prodotto così affascinante che tiene lo spettatore incollato allo schermo fino alla fine.

10.0/10
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Tratto dal romanzo "Mogli e concubine" di Su Tong (recentemente ristampato col titolo del film per evidenti motivi pubblicitari che io non condivido, anche perché nel romanzo le lanterne rosse del titolo non ci sono), "Lanterne rosse" narra la storia della diciannovenne Songlian che alla morte del padre è costretta a interrompere gli studi universitari e diventa concubina di Chen Zuoqin, maturo discendente di un'antica e nobile dinastia. Ciò le garantirà sicuramente una vita agiata, ma la costringerà anche ad abituarsi a tutta una serie di regole, tradizioni a lei incomprensibili, ed a vedersela quotidianamente con le altre tre concubine, con le quali si contenderà le attenzioni del padrone al fine di ottenere piccoli privilegi, come un massaggio ai piedi o scegliere il menu del giorno. Piccoli privilegi, appunto, perché a nulla di più poteva aspirare una donna nella Cina di quegli anni (il film è ambientato negli anni '20), in una società rigorosamente maschilista.
Casa Chen è l'unica, esclusiva sede di ambientazione del film, il regista sa bene che non c'era bisogno di girare scene altrove per rappresentare efficacemente uno spaccato del mondo femminile dell'epoca, perché è appunto entro i confini della casa del marito che tale mondo si limitava. E per riuscire a delineare bene tutte le sfumature di quel mondo bastano invece le figure, perfettamente caratterizzate, delle donne della casa con le quali Songlian dovrà imparare a convivere, insomma, coloro che in quanto donne condividono la sua sorte: la prima signora Yuru, ormai una donna anziana, la più legata al rispetto delle tradizioni ma anche rassegnata al fatto che col passare degli anni il suo ruolo sarà sempre meno importante; la seconda signora Zhuoyun, che nasconde ben altro dietro al calore con cui accoglie la nuova arrivata; la terza signora Meishan, ex cantante d'opera, che suscita molta antipatia a prima vista in quanto si mostra frivola e capricciosa, ma che a mio avviso il personaggio più profondo e meglio riuscito di tutti; infine c'è Yan'er, un'umile cameriera, che tanto vorrebbe entrare in quel mondo ed invidia le concubine, esteriormente sempre servite e riverite.
Chen Zuoqin non appare mai in primo piano, ed il suo viso si vede di rado, e solo in campi lunghi o dietro le tende; al contrario la sua voce si sente spesso, più che altro per dare disposizioni. Anche questa una buona scelta registica, che ben concorda con ciò che Zhang Yimou vuole mostrare: in quel mondo femminile la presenza dell'uomo è spesso fisicamente marginale, ma comunque onnipotente e sempre incombente, e relega le donne a poco più che degli oggetti, delle bambole da esibire, dei giocattoli di cui stancarsi dopo un po', in base ai propri capricci. Ovviamente questo mondo viene da Zhang aspramente criticato, ed indirettamente la critica vuole andare anche alla Cina contemporanea, sempre ancorata alle proprie tradizioni e ad un rigido e inviolabile codice comportamentale.
"Se reciti bene inganni gli altri. Se reciti male, inganni solo te stessa. Se non sai neanche ingannare te stessa, ti restano solo i fantasmi", dice ad un certo punto Meishan a Songlian. Apparentemente si tratta di una scena insignificante, anche se molto suggestiva, con quello scenario ormai imbiancato dalla neve, in cui lo splendido soprano pare riferirsi soltanto al suo immutato attaccamento al palcoscenico, ma in realtà in quel dialogo viene racchiuso il succo della questione, la sintesi della critica di Zhang, perché nulla nel film, scena, frase o semplice inquadratura, è messa lì a caso.
La fotografia, i colori, i costumi di questo film, tutto è bellissimo a vedersi, ma contemporaneamente ci fa meglio comprendere, sentire su noi stessi il terribile senso di oppressione che prova Songlian, la quarta signora (una giovane ma già grandiosa Gong Li, che proprio in questo film noi occidentali abbiamo avuto modo di conoscere), improvvisamente risucchiata da quell'ambiente esteriormente così attraente che poi si rivela così morboso e soffocante.
Che altro dire? Adoro il cinema orientale ed anche dopo aver visto ormai tanti film asiatici trovo che "Lanterne rosse" sia uno dei migliori, un capolavoro, che ovviamente merita il massimo dei voti. Da non perdere!

8.5/10
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«Better days» film del 2019, diretto da Derek Tsang a partire da un romanzo di Jiu Yuexi, colpisce per la qualità di tanti aspetti differenti. A partire da una trama decisamente meno scontata di quanto ci si possa aspettare da una “teen story”. Alla storia dell’adolescente Chen Nian, ragazzina intelligente e determinata alle prese da un lato con l’esame di ammissione all’Università, il famigerato Gaokao, e dall’altro con un trio di “bullette” che ha già spinto al suicidio una loro compagna di studi, si affianca una vera e propria storia “gialla” in cui, diversamente da quanto ci si aspetta in questo genere di pellicola né gli investigatori né i sospetti peccano di ingenuità o stoltezza.

Lo sguardo sul mondo adulto è disincantato: nessuno riesce ad aiutare efficacemente la ragazza, non la madre, piccola truffatrice alla ricerca di soldi facili, non gli insegnanti o i poliziotti che sembrano non avere gli strumenti per contrastare il bullismo. Ad aumentare la pressione c’è questo mondo scolastico che spinge verso la competitività a tutti i costi, per il raggiungimento della “gloria”; ‘qui non servono amici’ dice Chen ai poliziotti.
Eppure sarà proprio il sodalizio con il teppistello di buon cuore Liu Beishan e dare un aiuto alla ragazza, ma il mondo intorno a loro è ostile e i guai si faranno decisamente seri, sicuramente al di là della capacità di gestione di due, seppur brillanti e determinati, ragazzi allo sbando.

La buona storia è affiancata da una recitazione veramente convincente da parte dei due protagonisti: Zhou Dongyu regala una dolce e determinatissima Chen Nian, dalla battuta pronta e dai sorrisi luminosi, ottima anche la prova del giovane Jackson Yee, che arriva dal mondo delle boy band, e dà al ladruncolo Beishan, abbandonato a sé stesso dai genitori, un giusto mix di scontrosità e tenerezza, di disperazione e di voglia di rivalsa.

Su tutto una fotografia splendida e curatissima, e lo sguardo del regista che porta lo spettatore a indugiare, lungo tutta la pellicola, sui volti intensi e su particolari minuti: le inquadrature delle telecamere di sorveglianza testimoni di tutta la vicenda, le rampe di svincoli di un tessuto urbano che sovrasta la vita dei “perdenti” relegati negli anfratti bui, una miriade di divise troppo immacolate, una distesa di ombrelli aperti sotto la pioggia, i riflessi dei volti sui divisori di plexiglas.

Un lavoro questo «Better days» che merita decisamente una visione: ha forse toni un po’ da “favola”, ma riesce ad affiancare critiche decise verso il sistema scolastico e verso gli adulti senza rendere, sarebbe troppo incongruente, il punto di vista di due adolescenti quello “giusto”.
Insomma: una buona pellicola per riflettere su una realtà a noi “altra” come la Cina e su un problema, diffuso ovunque, come il bullismo.