All’Anime Mirai Festival 2024 di Torino, che si è tenuto presso il Cinema Massimo, domenica 22 settembre sera, è stato proiettato come film di chiusura l’anime Belladonna (哀しみのベラドンナ, Kanashimi no Belladonna o col titolo internazionale Belladonna of Sadness) rigorosamente in versione restaurata in 4K e, a precederlo, oltre al poetico cortometraggio animato Yūjō Friendship del 2018 dell’Accademia Nemo che omaggia il compianto maestro dello Studio Ghibli Isao Takahata, abbiamo assistito all’interessante panel introduttivo tenuto da Asuka Ozumi (direttrice della Collana Showcase di Dynit Manga e docente di Giapponese al Dipartimento di Lingue di UniTO), Claudia Calzuola (editor e direttrice della collana Manga/Queer di Star Comics), Anna Specchio (docente di Lingua e Letteratura Giapponese al Dipartimento di Lingue di UniTO) e Alessandra Richetto (dottoranda in Semiotica e Media presso UniTO e staffer di AnimeClick.it).
L’incontro si è aperto accennando alle difficoltà riscontrate per riuscire a portare questo film in proiezione ufficiale al festival; difficoltà superate grazie all’aiuto dello staff del nostro portale ma soprattutto del traduttore e interprete Edoardo Serino e della animatrice e mangaka Yoshiko Watanabe.
Nonostante le sue innegabili qualità artistiche ed emotive, Belladonna è stato uno dei più grandi flop della storia del cinema d’animazione e lo è stato al punto tale da finire per trascinare la Mushi Production (storica casa di produzione fondata nel 1961 dal dio del manga e degli anime Osamu Tezuka che produsse le sue famose serie anime e manga per ragazzi come Astroboy, Kimba il leone bianco, La principessa Zaffiro, Monkey e tante altre) al fallimento.
Terzo film della trilogia “Animerama” ideata da Osamu Tezuka, l'unico a non essere né scritto né diretto da lui; si ispira a leggende sul medioevo e in particolare al libro “La Sorcière” (1862) dello storico francese Jules Michelet. Ambientato in un povero villaggio rurale della Francia medievale racconta la storia della bella e giovane Jeanne che sposa un uomo di nome Jean: la felicità degli sposi è presto infranta perché il feudatario locale impone alla ragazza di sottostare ad uno stupro rituale. Dopo l’evento traumatico uno spirito dalla testa fallica visita Jeanne in sogno, la esorta a vendicarsi e le propone un accordo…
Belladonna è un film del 1973 decisamente duro e complesso per le tematiche trattate al suo interno che hanno fatto tanto discutere nel tempo; per qualche anno, nel periodo storico in cui il film è stato realizzato, in Giappone aveva preso piede il genere cinematografico Pinku Eiga, dei film basati su elementi e temi di tendenza come violenza ed erotismo softcore e, visto che in patria avevano un grande seguito, si decise di proporre un tipo di animazione diversa, destinata ad un pubblico adulto con contenuti sessualmente espliciti, a differenza dei prodotti per ragazzi realizzati in precedenza. Venne così realizzata una vera e propria trilogia cinematografica, chiamata Animerama, che comprendeva il film del 1969 Le mille e una notte e il film del 1970 Cleopatra, scritti e diretti da Osamu Tezuka e Eiichi Yamamoto (che lavorarono a stretto contatto). Tezuka ha avuto un ruolo fondamentale sia in Le mille e una notte che in Cleopatra, cosa che invece non è successa nel film Belladonna. Il primo film infatti è diretto dal solo Yamamoto, il secondo in co-regia e poi, a completamento di questo trittico, Yamamoto realizza Belladonna.
Le mille e una notte, liberamente ispirato alla celebre raccolta di racconti orientali del X secolo, è un prodotto di intrattenimento pieno di gag e comicità che puntava ad un vasto pubblico; fu una anno produzione mastodontica, dal budget elevatissimo e che diede il via ai debiti che portarono qualche dopo al fallimento della Mushi Production.
Le mille e una notte è un film di grande respiro che all’epoca puntava anche al mercato internazionale tanto che il protagonista maschile del film era persino ispirato all’attore francese Jean-Paul Belmondo. In Giappone andò comunque molto bene e questo spinse l’azienda a mandare in produzione anche un secondo film. E così che fecero Cleopatra: Queen of Sex, film per gli amanti del genere erotico forse non così spinto come prometterebbe il sottotitolo internazionale ma comunque destinato ad un pubblico adulto.
Nonostante questo, con una situazione finanziaria disastrosa ed un numero di persone impegnate nella lavorazione notevolmente inferiore, rispetto alle due produzioni precedenti, e la regia del solo Eiichi Yamamoto, qui vero padre di tutto il progetto, dopo tante traversie, nel 1973 questo film viene completato. In seguito Tezuka, che in quel periodo era impegnato su altri fronti con la Tezuka Productions, dichiarerà che lui con questo film non ha avuto niente a che fare. Tra l’altro Belladonna è un film dall’impronta fortemente autoriale, ricercato e molto sperimentale che non mira in alcun modo di essere adatto al grande pubblico, insomma, praticamente: tutt’altro che un blockbuster!
Nel 1973 esce questo film e la Mushi Production fallisce. Se si pensava vagamente di poter risollevare le sorti aziendali questa cosa non è successa, anzi, l’idea iniziale era che, in quanto questo film giustamente ritenuto così sperimentale, si sarebbe dovuto mandarlo in cinema e cineteche d’essai delle grandi città e invece, per tentare un ipotetico incasso più facile, si decise di lanciarlo nella grande distribuzione, trasformandolo per l’epoca in un grande flop.
È accaduto spesso che un dato prodotto sia stato messo sul mercato in un determinato periodo e in quel momento sia stato ignorato per poi essere riscoperto in un secondo tempo, e questo è proprio quello che è avvenuto con Belladonna!
Nonostante sia illustrato, dipinto e spesso graficizzato a dovere, il film, per storia e violenze contenute nella trama e nelle immagini, è molto divisivo e, a prescindere da come lo si veda o da come lo si interpreti, al giorno d’oggi è considerato un cult.
È un film che scardina totalmente il concetto di animazione “per famiglie” o “per bambini” e che viaggia su un livello di psichedelia sperimentale (tipica degli immaginari di quegli anni) e gioca tantissimo sul livello onirico che va a esacerbare fino alla fine dei disegni. Proprio come Jeanne, la protagonista del film, è stata vista dalla società come il mostro della storia in cui è proiettata. Anche all'epoca della proiezione del film Jeanne fu percepita come tale, un mostro che spaventa. Il film ha spiazzato di certo per il modo cruento in cui racconta la vicenda e in questo frangente è fondamentale sottolineare come, in contemporanea, quindi intorno al 1973, in Occidente (dagli Stati Uniti a molti Paesi europei) si era iniziato a parlare di libertà sessuale mentre in Giappone questi argomenti dovevano ancora arrivare.Su tali temi la situazione nel Sol Levante risultava particolarmente magmatica.
Si è parlato, quindi, degli albori dei movimenti femministi in Giappone e del manifesto femminista chiamato anche “la liberazione dal gabinetto” della scrittrice Mitsu Tanaka del 1976. Il testo proponeva una nuova visione della donna che non fosse più quella del ‘gabinetto’, termine con il quale intende la donna nella peggiore visione patriarcale giapponese, cioè o come moglie fedele e madre dei propri figli o come amante, il cui corpo serve unicamente a riversare i propri liquidi, come se fosse un gabinetto. Ma tutto ciò è successivo di qualche anno all'uscita di Belladonna: di conseguenza i temi su cui si focalizza il film sono, da certi punti di vista, sperimentali al punto da essere più avanguardistici di quello che era il pensiero dominante della società giapponese in quel momento. Non stupiscono quindi le incomprensioni e l'apprezzamento solo parziale di quest’opera al tempo della proiezione nelle sale cinematografiche. Inoltre, se da una parte si parla e si parlerà anche di liberazione sessuale, dall’altra c’è un grosso problema che viene affrontato durante l’intera pellicola che è quello della violenza maschile.
Il film è ispirato al romanzo francese La strega (La Sorcière) del 1862 dello scrittore e storico Jules Michelet che parla, appunto, di streghe e stregoneria. Il romanzo è una sorta di denuncia di quello che è stato il feudalesimo e, di riflesso, anche della società patriarcale occidentale. Tuttavia la protagonista di Belladonna non ha una vera e propria conquista di consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, cose che invece molte persone del pubblico potrebbero percepire. Nella quarta di copertina dell’edizione italiana de La strega il poeta e saggista italiano Franco Fortini scrive:
"le streghe vengono dal profondo, dal basso, sono profetesse dell’uguaglianza, si pongono a metà strada fra l’età dei poteri magici e autentici e l’età futura di una giustizia diversa".
Si parla di uno scenario di caccia alle streghe in cui c’erano grande paura e forte timore nei loro confronti; anche la presenza di tanta bellezza che, quando era così imponente, poteva finire per spaventare.
Nel corso del panel è stato sottolineato più volte che il film ha uno sguardo costantemente maschile dietro la macchina da presa in quanto si tratta di un film pensato, scritto e diretto da un uomo, in più molti dei protagonisti sono uomini ed è anche destinato principalmente ad un pubblico maschile (anche se è innegabile che, nella storia, sia gli uomini che la società del tempo ne escano comunque malissimo).
Infatti, quelli che potrebbero essere efficaci messaggi di denuncia vengono a tratti indeboliti dalla strumentalizzazione del corpo femminile: il corpo di Jeanne è sempre presente nudo. La protagonista è innegabilmente bellissima, e tutta la serie di tragedie in cui lei incappa nella storia del film sono causate proprio dalla sua caratteristica; se non avesse avuto quella bellezza folgorante non sarebbe stata tanto desiderata e avrebbe vissuto una vita meno sciagurata.
Altro argomento interessante del film è il discorso sul mostruoso. Negli ultimi anni sono usciti diversi testi che parlano del mostruoso femminile e di come il potere messo in mano alle donne sia spaventoso perché in qualche modo va a scardinare lo status quo.
“Belladonna” (o anche “buona donna”), sempre tra virgolette, in Occidente è come venivano chiamate coloro che avevano un grande potere, una grande influenza e che non erano necessariamente belle ma che, proprio per il loro “grande potere” era meglio cercare di tenere buone. Dall’altra parte si deve tener presente che nell’immaginario giapponese c’è invece l’idea della donna bella, la bijin, che è famosa anche perché con la sua bellezza riesce ad incantare poi tutti. Nel caso del film Belladonna abbiamo una donna come tante che viene sin da subito maledetta per la bellezza che diviene causa della sua condanna. Così nel film quello che sarebbe dovuto essere il giorno più bello della vita della protagonista diventa l’inizio di un terribile incubo che la porterà a fare diverse scelte. Scelte sofferte che non mettono mai in ombra quello che è in fondo il suo vero sentimento: l’amore profondo che prova!
Al suo interno Belladonna cita opere di artisti come Egon Schiele, Gustav Klimt e Alphonse Mucha, c’è tanta Art Nouveau, ma anche il film animato dei Beatles Yellow Submarine del 1968 e la psichedelica degli anni 70, la Pop Art, i cartoni animati di Walt Disney, le vetrate colorate delle antiche chiese, senza nulla togliere ai riferimenti a Katsushika Hokusai, un richiamo al Kamishibai (arte della narrazione orale mediante lo scorrimento di immagini dipinte su rotoli emakimono), il teatro dei burattini giapponesi Bunraku, e tanto altro.
Oltre al geniale character design dell’illustratore Kuni Fukai (negli anni 70 autore di tantissime copertine di riviste e romanzi giapponesi), artefice degli stupendi acquerelli che è possibile ammirare per tutta la durata di Belladonna, va segnalata la partecipazione al film del mangaka e animatore Seiichi Hayashi che per Belladonna eseguì delle pitture ad olio su vetro. Inoltre la pellicola ha avuto ben cinque piccole varianti, contenenti anche inserti di materiali differenti, alcuni dei quali non presenti nella versione restaurata negli ultimi anni, ed in uno di questi montaggi, tra il primo e il secondo tempo, conteneva addirittura una sequenza in live-action girata dal vero da uno dei più grandi fotografi giapponesi viventi: Daidō Moriyama!
Per quanto riguarda l’indimenticabile colonna sonora di Masahiko Sato che viaggia tra jazz, prog e composizione d’avanguardia, all’epoca, precisamente nel 1975, essa fu pubblicata solo ed esclusivamente in Italia in vinile LP dall'etichetta Cinevox Record, specializzata in musica per immagini. Quella primissima stampa nostrana è, ad oggi, difficilissima da trovare e solitamente, quando appare, viene venduta a migliaia di euro al pezzo.
Dopo tanti anni il film viene infine recuperato e restaurato nel 2015 ed inizia una nuova vita per quest’opera che oggi può essere finalmente riscoperta dalle nuove generazioni, anche se purtroppo al momento risulta inedito in Italia.
Belladonna è un’opera complessa, sperimentale, solenne, concettuale, dallo stile grafico eccezionale, a tratti psichedelica, talvolta molto pittorica, poco animata, una vera e propria esperienza visiva. La trama è molto forte e finisce concettualmente per giustiziare l’umanità tutta per aver permesso violenze tra le peggiori e le più inimmaginabili, in uno dei periodi più bui della Storia. Torto ancor maggiore se si pensa che tali azioni siano state commesse col consenso di leggi e religioni.
Articolo scritto da Francesco Chiatante.
Complimenti ancora a tutti gli organizzatori e le relatrici del panel!
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