Gli anni ’80 dell’animazione giapponese sono stati anche sinonimo di sogni sportivi, di giovani calciatori che sognavano i mondiali fra acrobazie al limite dell’incredibile, di tenniste innamorate, di studenti del club di baseball che miravano al Koushien, di cuori nella pallavolo.
Il traguardo più ambito, spesso e volentieri (come ad esempio nel caso di Mila e Shiro), erano i giochi olimpici, nella fattispecie le Olimpiadi di Seoul del 1988, dove peraltro i giapponesi si distinsero aggiudicandosi ben quattordici medaglie complessive.
Hikari no densetsu (La leggenda di Hikari) non fa eccezione e ci mostra ancora una volta il sogno di Seoul dei giovani giapponesi, ma stavolta lo sport coinvolto non è la pallavolo, bensì la ginnastica ritmica.
Hikari no densetsu è la storia di Hikari Kamijo, una vivace studentessa con la passione per la ginnastica ritmica. La ragazza sogna di primeggiare in questa disciplina e si allena duramente per realizzare il suo sogno di diventare, in futuro, una campionessa olimpionica.
Accanto a lei, l’ammirata senpai Hazuki Shina, posata stella del club scolastico di ginnastica ritmica e fedele amica e rivale di Hikari, sia sulla pedana sia in amore.
Il cuore di entrambe, infatti, batte per il bel Takaaki Ooishi, loro compagno di scuola, amico e promettente ginnasta, che sembra essere legato sentimentalmente ad ambedue le ragazze.
Il triangolo si complica con l’entrata in scena di Mao Natsukawa, compagno di scuola di Hikari e membro di una promettente rock band, che si dichiara innamorato della ragazza e disposto a farle da personale accompagnatore, realizzando in prima persona le musiche per le sue esibizioni ginniche.
La storia procede seguendo le vicende sportive, quotidiane e sentimentali di questi ragazzi, la loro crescita personale sul piano umano e sentimentale e il raggiungimento dei loro obbiettivi, siano essi legati al campo dello sport, a quello della musica o a qualcosa di più umano e semplice.
Nato dalla matita di Izumi Asou, Hikari no densetsu viene ospitato dal 1985 al 1988 sulle pagine della nota rivista shojo Margaret dell’editore Shueisha (che vanta, fra i suoi molti successi, anche Hana Yori Dango, Versailles no bara e Orpheus). I volumetti che compongono l’opera in totale sono 16.
Hikari no densetsu si fa promotore di uno sport, la ginnastica ritmica, che in quegli anni cominciava ad essere molto popolare in Giappone e nel mondo, grazie alla sua recente inclusione nella rosa degli sport olimpici dopo l’edizione di Los Angeles nel 1984. Grandi aspettative vi erano perciò per le future Olimpiadi di Seoul del 1988, dove una nuova generazione di ginnasti giapponesi avrebbe potuto mietere successi.
La cronaca sportiva ci informa che ciò non avvenne, tuttavia.
A differenza degli atleti specializzati in ginnastica artistica maschile, che ottennero due medaglie di bronzo, le ginnaste di ritmica giapponesi non ricevettero infatti alcun trofeo a Seoul.
Al tempo della pubblicazione di Hikari no densetsu, tuttavia, Seoul era ancora ben lontana e nell’aria vi erano grandi speranze e grandi sogni, come quello di una simpatica ragazzina bionda di diventare una campionessa olimpionica di ginnastica ritmica.
Sogno che non mancò di incantare il pubblico delle lettrici dell’epoca, permettendo così all’autrice di proseguire la storia per ben tre anni.
La vicenda della giovane ginnasta è raccontata in maniera sobria e affascinante, con uno stile di disegno molto raffinato ed elegante, che riesce a rappresentare su carta tutta l’energia e il fascino delle esibizioni di ritmica. Vi è una grandissima attenzione nel rendere la parte sportiva il più realistica possibile, e grande realismo mostrano anche le psicologie dei personaggi.
Fra i diversi temi trattati da Hikari no densetsu, sono da elencare non soltanto l’elemento romantico, con un quadrangolo amoroso avvincente e appassionante, ma anche il perfetto connubio fra sport e musica presentato dalla storia nei personaggi di Hikari e Mao, rispettivamente ginnasta e musicista accompagnatore. Numerosi sono infatti i generi e i brani musicali che fanno la loro comparsa nella storia, così come le citazioni a diversi artisti di tutto il mondo, come la pop star statunitense Cindy Lauper che è fra gli idoli di Hikari, e diversi brani di musica classica e lirica, da “Pierino e il lupo” ad “Andrea Chénier”.
Sebbene non raggiungerà mai la risonanza di molte altre, anche in virtù del particolare tema trattato, l’opera di Izumi Asou avrà un buon seguito nel corso degli anni, che la confermerà come uno dei capolavori dello shojo manga sportivo, le garantirà un discreto successo di vendite e una prestigiosa ristampa in otto volumi e in formato più grande uscita nel 2000, casualmente anche questo anno di Olimpiadi, quelle di Sydney dove il Giappone conquista 18 medaglie.
LA STAGIONE DEL CUORE
Fra il Maggio e il Settembre del 1986, viene trasmesso sulle tv giapponesi l’adattamento animato del manga di Izumi Asou, per la regia di Tomomi Mochizuki. La casa di produzione che se ne occupa è la Tatsunoko (nota per diverse serie supereroistiche o per bambini), qui in una delle sue poche incursioni nel genere shojo.
A dar la voce a Hikari è la giovane Tsukasa Itoh, doppiatrice non molto conosciuta che ha legato il suo nome solamente a Nadia e il mistero di Fuzzy, dove ha doppiato appunto il personaggio che dà il nome al film, e a Hikari no densetsu, dove ha dato la voce alla protagonista ed eseguito le due sigle, “Heart no kisetsu” e “Kataomoi no humming”.
I doppiatori di Ooishi e Shina sono invece estremamente celebri. Si tratta, rispettivamente, di Nobuo Tobita (Ken Wakashimazu in Captain Tsubasa, 004 in Cyborg 009, Sion in Saint Seiya, Ebisu e Zetsu in Naruto) e Michie Tomizawa (Sailor Mars in Sailor Moon, Luna in Majuu senshi Luna Varga, Emi Ogasawara in Ghost Sweeper Mikami, Manami in Orange Road). Meno noto è Yoshimasa Inoue che dà la voce a Mao. Trattasi infatti di un cantante, rinomato inteprete di brani per telefilm e cartoni animati, qui alla sua unica esperienza nel mondo del doppiaggio.
La serie vanta una buona grafica e una colonna sonora davvero molto gradevole. Così come nel manga, difatti, grande risalto è dato all’elemento musicale, che accompagna i personaggi, sia sotto forma delle splendide melodie orchestrate in sottofondo alle esibizioni ginniche delle protagoniste, sia come gli scatenati ritmi rock suonati da Mao e dalla sua band, che spesso fanno da sottofondo alle scene più romantiche o quotidiane degli episodi.
Sin dalle primissime battute, la serie animata si differenzia dal manga a cui fa riferimento. In primis per una questione di character design, dato che i disegni dell’anime, seppur simili a quelli di Izumi Asou, sono molto più semplificati e in un certo senso “standardizzati”. Le differenze, tuttavia, non si fermano qui. Ne è un esempio lampante il personaggio di Mao, inventato dagli sceneggiatori della serie animata e comparso nell’anime ancor prima che nel manga. Mao è profondamente diverso nelle due produzioni e nell’anime compare sin dal primo episodio (mentre nel manga bisognerà attendere il quarto volumetto) e svolge un ruolo ben diverso rispetto alla versione cartacea. Infatti, qui non è il musicista che accompagna le esibizioni di Hikari ma un suo amico d’infanzia e vicino di casa, che brama il successo come leader di una rockband chiamata Mr. D e che non ha alcun interesse per le esibizioni di ginnastica dell’amica, almeno finché non si renderà conto di amarla da sempre. Oltre al ruolo nella storia, persino il look del personaggio varia nelle due produzioni.
Dal momento che la serie animata era entrata in produzione quando il manga era ancora nel bel mezzo del suo svolgimento, era logico supporre che ci sarebbero state diverse variazioni. Manga e anime, difatti, sono profondamente diversi, pur condividendo la stessa trama di base. L’anime, oltre ai cambiamenti già elencati, mostra anche dei personaggi e delle situazioni più semplificati e in un certo senso più infantili, un buon numero di episodi riempitivi dedicati all’approfondimento del cast e un maggior accento posto sulle situazioni quotidiane e sentimentali piuttosto che su quelle sportive che invece sono il fulcro della storia narrata nel manga. Più che una serie che parla di un sogno sportivo e del raggiungimento del traguardo olimpico, l’anime di Hikari no densetsu è la storia di un gruppo di ragazzi in un Giappone degli anni ’80 finemente descritto, con le loro storie d’amore e i loro sogni, sportivi o musicali che siano, i quali vengono equamente raccontati senza che la ginnastica ritmica di Hikari e Shina, la ginnastica artistica di Ooishi e la musica di Mao prevalgano l’uno sull’altro.
Insieme all’anime, fu varata anche una linea di merchandising comprendente un romanzo, calendari, adesivi, carte telefoniche, accessori per la scuola e la messa in vendita di un album con la bella colonna sonora dell’anime.
Sfortunatamente, però, la serie ottenne degli ascolti molto bassi e lo staff fu costretto a chiudere baracca prima del previsto. Soltanto 19 dei 26 episodi accordati furono effettivamente realizzati e la serie fu chiusa con un finale aperto ben poco soddisfacente, lasciando senza un adattamento animato i restanti tre quarti del manga e il loro grande carico di sfide sportive e di nuovi personaggi provenienti da tutto il mondo.
Nonostante l’insuccesso, si decise di dare un’ulteriore chance alla serie televisiva, che fu replicata una seconda volta nella seconda metà del 1988, in concomitanza con le tanto attese Olimpiadi di Seoul che avevano acceso nei cuori dei giapponesi la passione per lo sport e per la ginnastica ritmica.
E’ l’occasione, per Hikari no densetsu, di farsi notare maggiormente anche a livello internazionale, dato che proprio in questo periodo la serie comincia ad essere acquistata per la trasmissione in diversi paesi europei.
SE CANTI QUI CON ME, LA TUA CANZONE ARRIVERA’…
Nel corso del 1988, la serie animata di Hikari no densetsu fa il giro dell’Europa, venendo programmata sulle reti televisive di diversi paesi, come ad esempio Francia, Spagna e Germania, e riscuotendo un successo ben più grande dello scarso riscontro ottenuto in patria.
Fra i vari paesi raggiunti dalla serie vi è anche l’Italia, dove il cartone animato viene trasmesso in quello stesso anno dalle reti Fininvest (oggi Mediaset).
L’edizione italiana, come da trend di quegli anni, cambia il titolo alla serie, che viene ribattezzata Hilary, come il nome dato alla protagonista (che da Hikari Kamijo diventa Hilary Kamiji).
Altri personaggi non riscontrano maggior fortuna, dato che Takaaki Ooishi diventa Willy, Hazuki Shina diventa Debby Shina e Mao Natsukawa diventa Federico. Anche alla maggior parte delle ginnaste “di sfondo”, che non hanno una parte molto attiva nella storia principale ma che partecipano alle gare e perciò vengono citate viene cambiato il nome, mantenendone però il cognome giapponese. Avremo così risultati di dubbio gusto come Sara Kido o Nicoletta Sakura.
Il doppiaggio, a dire il vero piuttosto sottotono rispetto a molte altre serie realizzate in quel periodo, schiera comunque diversi nomi importanti a dar voce ai personaggi. Nel ruolo di Hilary c’è Paola Maralli, pseudonimo della compianta Paola Tovaglia (1965 – 1994), doppiatrice, conduttrice e autrice di programmi per ragazzi, nota fra le altre cose come Kazuya/Paolo in Orange Road e Milly in Milly, un giorno dopo l’altro, per la conduzione di Ciao Ciao e per i suoi ruoli legati ai telefilm di Kiss me Licia.
Willy, Debby e Federico sono invece affidati rispettivamente a Gabriele Calindri (Satomi in Kiss me Licia, Kazuya/Kim in Touch), Patrizia Salmoiraghi (Alice in Proteggi la mia terra, Alcione in Rayearth) e Luigi Rosa (Tatsuya/Tom in Touch, Max in Mighty Max, Hyoga/Crystal in Saint Seiya). Altri celebri doppiatori coinvolti in ruoli di secondo piano sono Daniela Fava, Marcella Silvestri, Alessandra Karpoff, Giovanni Battezzato, Stefania Patruno, Franco Gamba, Maurizio Scattorin e Luca Semeraro.
Nonostante il cambio dei nomi, non sono state apportate censure di sorta, dato che l’ambientazione nipponica della storia è stata mantenuta.
Le due sigle giapponesi sono state eliminate e sostituite da un fortunato brano cantato da Cristina D’Avena (presente peraltro nelle compilation di Fivelandia per ben due anni di fila, il 1988 e il 1989), ma le molte canzoni originali presenti in sottofondo agli episodi e anche le stesse sigle, quando presenti dentro gli episodi, sono state mantenute, seppur ricantate in italiano con un buon risultato.
Pur non diventando un grosso fenomeno mediatico come invece toccato ad altre serie del periodo, Hilary ottiene un ottimo riscontro di pubblico che garantisce alla serie diverse repliche sui vari canali Fininvest/Mediaset nel corso degli anni, una breve apparizione sotto forma di anime comics sul Corriere dei Piccoli nel corso degli anni ’80, la pubblicazione in videocassetta da parte di Yamato Video, diverse repliche televisive su svariati canali come Boing e Cooltoon (dove è attualmente replicata spesso e volentieri a partire dallo scorso anno) e, non ultima, la pubblicazione del manga, edito da Star Comics dal 2003 al 2004 col titolo La leggenda di Hikari, in sedici volumetti fedeli agli originali giapponesi.
Il ridotto numero di episodi e la particolare tematica affrontata, che non permette di sviluppare troppo merchandising intorno alla serie, fanno di Hilary una serie non adatta a restare a lungo scolpita nelle memorie dei suoi spettatori, ma l’anime tratto dal manga di Izumi Asou è comunque riuscito, sia pure per un breve periodo, ad infiammare gli animi di chi lo vide sulle nostre tv sulla fine degli anni ’80. Non si contano, infatti, le venti-trentenni di oggi che confessano di aver giocato con nastri, palloni e foulard allo scopo di imitare le prodezze ginniche della simpatica Hilary, durante la loro infanzia.
Non avrà raggiunto lo stesso, strabordante successo, di altre serie, ma si tratta comunque di una produzione che, nel suo piccolo, è riuscita a segnare un’intera generazione, inserendosi brillantemente nel filone degli shojo sportivi che tanta popolarità raggiunsero in Italia nel corso degli anni ’80.
Ultimo aggiornamento: 06/07/2010
Il traguardo più ambito, spesso e volentieri (come ad esempio nel caso di Mila e Shiro), erano i giochi olimpici, nella fattispecie le Olimpiadi di Seoul del 1988, dove peraltro i giapponesi si distinsero aggiudicandosi ben quattordici medaglie complessive.
Hikari no densetsu (La leggenda di Hikari) non fa eccezione e ci mostra ancora una volta il sogno di Seoul dei giovani giapponesi, ma stavolta lo sport coinvolto non è la pallavolo, bensì la ginnastica ritmica.
Hikari no densetsu è la storia di Hikari Kamijo, una vivace studentessa con la passione per la ginnastica ritmica. La ragazza sogna di primeggiare in questa disciplina e si allena duramente per realizzare il suo sogno di diventare, in futuro, una campionessa olimpionica.
Accanto a lei, l’ammirata senpai Hazuki Shina, posata stella del club scolastico di ginnastica ritmica e fedele amica e rivale di Hikari, sia sulla pedana sia in amore.
Il cuore di entrambe, infatti, batte per il bel Takaaki Ooishi, loro compagno di scuola, amico e promettente ginnasta, che sembra essere legato sentimentalmente ad ambedue le ragazze.
Il triangolo si complica con l’entrata in scena di Mao Natsukawa, compagno di scuola di Hikari e membro di una promettente rock band, che si dichiara innamorato della ragazza e disposto a farle da personale accompagnatore, realizzando in prima persona le musiche per le sue esibizioni ginniche.
La storia procede seguendo le vicende sportive, quotidiane e sentimentali di questi ragazzi, la loro crescita personale sul piano umano e sentimentale e il raggiungimento dei loro obbiettivi, siano essi legati al campo dello sport, a quello della musica o a qualcosa di più umano e semplice.
Nato dalla matita di Izumi Asou, Hikari no densetsu viene ospitato dal 1985 al 1988 sulle pagine della nota rivista shojo Margaret dell’editore Shueisha (che vanta, fra i suoi molti successi, anche Hana Yori Dango, Versailles no bara e Orpheus). I volumetti che compongono l’opera in totale sono 16.
Hikari no densetsu si fa promotore di uno sport, la ginnastica ritmica, che in quegli anni cominciava ad essere molto popolare in Giappone e nel mondo, grazie alla sua recente inclusione nella rosa degli sport olimpici dopo l’edizione di Los Angeles nel 1984. Grandi aspettative vi erano perciò per le future Olimpiadi di Seoul del 1988, dove una nuova generazione di ginnasti giapponesi avrebbe potuto mietere successi.
La cronaca sportiva ci informa che ciò non avvenne, tuttavia.
A differenza degli atleti specializzati in ginnastica artistica maschile, che ottennero due medaglie di bronzo, le ginnaste di ritmica giapponesi non ricevettero infatti alcun trofeo a Seoul.
Al tempo della pubblicazione di Hikari no densetsu, tuttavia, Seoul era ancora ben lontana e nell’aria vi erano grandi speranze e grandi sogni, come quello di una simpatica ragazzina bionda di diventare una campionessa olimpionica di ginnastica ritmica.
Sogno che non mancò di incantare il pubblico delle lettrici dell’epoca, permettendo così all’autrice di proseguire la storia per ben tre anni.
La vicenda della giovane ginnasta è raccontata in maniera sobria e affascinante, con uno stile di disegno molto raffinato ed elegante, che riesce a rappresentare su carta tutta l’energia e il fascino delle esibizioni di ritmica. Vi è una grandissima attenzione nel rendere la parte sportiva il più realistica possibile, e grande realismo mostrano anche le psicologie dei personaggi.
Fra i diversi temi trattati da Hikari no densetsu, sono da elencare non soltanto l’elemento romantico, con un quadrangolo amoroso avvincente e appassionante, ma anche il perfetto connubio fra sport e musica presentato dalla storia nei personaggi di Hikari e Mao, rispettivamente ginnasta e musicista accompagnatore. Numerosi sono infatti i generi e i brani musicali che fanno la loro comparsa nella storia, così come le citazioni a diversi artisti di tutto il mondo, come la pop star statunitense Cindy Lauper che è fra gli idoli di Hikari, e diversi brani di musica classica e lirica, da “Pierino e il lupo” ad “Andrea Chénier”.
Sebbene non raggiungerà mai la risonanza di molte altre, anche in virtù del particolare tema trattato, l’opera di Izumi Asou avrà un buon seguito nel corso degli anni, che la confermerà come uno dei capolavori dello shojo manga sportivo, le garantirà un discreto successo di vendite e una prestigiosa ristampa in otto volumi e in formato più grande uscita nel 2000, casualmente anche questo anno di Olimpiadi, quelle di Sydney dove il Giappone conquista 18 medaglie.
LA STAGIONE DEL CUORE
Fra il Maggio e il Settembre del 1986, viene trasmesso sulle tv giapponesi l’adattamento animato del manga di Izumi Asou, per la regia di Tomomi Mochizuki. La casa di produzione che se ne occupa è la Tatsunoko (nota per diverse serie supereroistiche o per bambini), qui in una delle sue poche incursioni nel genere shojo.
A dar la voce a Hikari è la giovane Tsukasa Itoh, doppiatrice non molto conosciuta che ha legato il suo nome solamente a Nadia e il mistero di Fuzzy, dove ha doppiato appunto il personaggio che dà il nome al film, e a Hikari no densetsu, dove ha dato la voce alla protagonista ed eseguito le due sigle, “Heart no kisetsu” e “Kataomoi no humming”.
I doppiatori di Ooishi e Shina sono invece estremamente celebri. Si tratta, rispettivamente, di Nobuo Tobita (Ken Wakashimazu in Captain Tsubasa, 004 in Cyborg 009, Sion in Saint Seiya, Ebisu e Zetsu in Naruto) e Michie Tomizawa (Sailor Mars in Sailor Moon, Luna in Majuu senshi Luna Varga, Emi Ogasawara in Ghost Sweeper Mikami, Manami in Orange Road). Meno noto è Yoshimasa Inoue che dà la voce a Mao. Trattasi infatti di un cantante, rinomato inteprete di brani per telefilm e cartoni animati, qui alla sua unica esperienza nel mondo del doppiaggio.
La serie vanta una buona grafica e una colonna sonora davvero molto gradevole. Così come nel manga, difatti, grande risalto è dato all’elemento musicale, che accompagna i personaggi, sia sotto forma delle splendide melodie orchestrate in sottofondo alle esibizioni ginniche delle protagoniste, sia come gli scatenati ritmi rock suonati da Mao e dalla sua band, che spesso fanno da sottofondo alle scene più romantiche o quotidiane degli episodi.
Sin dalle primissime battute, la serie animata si differenzia dal manga a cui fa riferimento. In primis per una questione di character design, dato che i disegni dell’anime, seppur simili a quelli di Izumi Asou, sono molto più semplificati e in un certo senso “standardizzati”. Le differenze, tuttavia, non si fermano qui. Ne è un esempio lampante il personaggio di Mao, inventato dagli sceneggiatori della serie animata e comparso nell’anime ancor prima che nel manga. Mao è profondamente diverso nelle due produzioni e nell’anime compare sin dal primo episodio (mentre nel manga bisognerà attendere il quarto volumetto) e svolge un ruolo ben diverso rispetto alla versione cartacea. Infatti, qui non è il musicista che accompagna le esibizioni di Hikari ma un suo amico d’infanzia e vicino di casa, che brama il successo come leader di una rockband chiamata Mr. D e che non ha alcun interesse per le esibizioni di ginnastica dell’amica, almeno finché non si renderà conto di amarla da sempre. Oltre al ruolo nella storia, persino il look del personaggio varia nelle due produzioni.
Dal momento che la serie animata era entrata in produzione quando il manga era ancora nel bel mezzo del suo svolgimento, era logico supporre che ci sarebbero state diverse variazioni. Manga e anime, difatti, sono profondamente diversi, pur condividendo la stessa trama di base. L’anime, oltre ai cambiamenti già elencati, mostra anche dei personaggi e delle situazioni più semplificati e in un certo senso più infantili, un buon numero di episodi riempitivi dedicati all’approfondimento del cast e un maggior accento posto sulle situazioni quotidiane e sentimentali piuttosto che su quelle sportive che invece sono il fulcro della storia narrata nel manga. Più che una serie che parla di un sogno sportivo e del raggiungimento del traguardo olimpico, l’anime di Hikari no densetsu è la storia di un gruppo di ragazzi in un Giappone degli anni ’80 finemente descritto, con le loro storie d’amore e i loro sogni, sportivi o musicali che siano, i quali vengono equamente raccontati senza che la ginnastica ritmica di Hikari e Shina, la ginnastica artistica di Ooishi e la musica di Mao prevalgano l’uno sull’altro.
Insieme all’anime, fu varata anche una linea di merchandising comprendente un romanzo, calendari, adesivi, carte telefoniche, accessori per la scuola e la messa in vendita di un album con la bella colonna sonora dell’anime.
Sfortunatamente, però, la serie ottenne degli ascolti molto bassi e lo staff fu costretto a chiudere baracca prima del previsto. Soltanto 19 dei 26 episodi accordati furono effettivamente realizzati e la serie fu chiusa con un finale aperto ben poco soddisfacente, lasciando senza un adattamento animato i restanti tre quarti del manga e il loro grande carico di sfide sportive e di nuovi personaggi provenienti da tutto il mondo.
Nonostante l’insuccesso, si decise di dare un’ulteriore chance alla serie televisiva, che fu replicata una seconda volta nella seconda metà del 1988, in concomitanza con le tanto attese Olimpiadi di Seoul che avevano acceso nei cuori dei giapponesi la passione per lo sport e per la ginnastica ritmica.
E’ l’occasione, per Hikari no densetsu, di farsi notare maggiormente anche a livello internazionale, dato che proprio in questo periodo la serie comincia ad essere acquistata per la trasmissione in diversi paesi europei.
SE CANTI QUI CON ME, LA TUA CANZONE ARRIVERA’…
Nel corso del 1988, la serie animata di Hikari no densetsu fa il giro dell’Europa, venendo programmata sulle reti televisive di diversi paesi, come ad esempio Francia, Spagna e Germania, e riscuotendo un successo ben più grande dello scarso riscontro ottenuto in patria.
Fra i vari paesi raggiunti dalla serie vi è anche l’Italia, dove il cartone animato viene trasmesso in quello stesso anno dalle reti Fininvest (oggi Mediaset).
L’edizione italiana, come da trend di quegli anni, cambia il titolo alla serie, che viene ribattezzata Hilary, come il nome dato alla protagonista (che da Hikari Kamijo diventa Hilary Kamiji).
Altri personaggi non riscontrano maggior fortuna, dato che Takaaki Ooishi diventa Willy, Hazuki Shina diventa Debby Shina e Mao Natsukawa diventa Federico. Anche alla maggior parte delle ginnaste “di sfondo”, che non hanno una parte molto attiva nella storia principale ma che partecipano alle gare e perciò vengono citate viene cambiato il nome, mantenendone però il cognome giapponese. Avremo così risultati di dubbio gusto come Sara Kido o Nicoletta Sakura.
Il doppiaggio, a dire il vero piuttosto sottotono rispetto a molte altre serie realizzate in quel periodo, schiera comunque diversi nomi importanti a dar voce ai personaggi. Nel ruolo di Hilary c’è Paola Maralli, pseudonimo della compianta Paola Tovaglia (1965 – 1994), doppiatrice, conduttrice e autrice di programmi per ragazzi, nota fra le altre cose come Kazuya/Paolo in Orange Road e Milly in Milly, un giorno dopo l’altro, per la conduzione di Ciao Ciao e per i suoi ruoli legati ai telefilm di Kiss me Licia.
Willy, Debby e Federico sono invece affidati rispettivamente a Gabriele Calindri (Satomi in Kiss me Licia, Kazuya/Kim in Touch), Patrizia Salmoiraghi (Alice in Proteggi la mia terra, Alcione in Rayearth) e Luigi Rosa (Tatsuya/Tom in Touch, Max in Mighty Max, Hyoga/Crystal in Saint Seiya). Altri celebri doppiatori coinvolti in ruoli di secondo piano sono Daniela Fava, Marcella Silvestri, Alessandra Karpoff, Giovanni Battezzato, Stefania Patruno, Franco Gamba, Maurizio Scattorin e Luca Semeraro.
Nonostante il cambio dei nomi, non sono state apportate censure di sorta, dato che l’ambientazione nipponica della storia è stata mantenuta.
Le due sigle giapponesi sono state eliminate e sostituite da un fortunato brano cantato da Cristina D’Avena (presente peraltro nelle compilation di Fivelandia per ben due anni di fila, il 1988 e il 1989), ma le molte canzoni originali presenti in sottofondo agli episodi e anche le stesse sigle, quando presenti dentro gli episodi, sono state mantenute, seppur ricantate in italiano con un buon risultato.
Pur non diventando un grosso fenomeno mediatico come invece toccato ad altre serie del periodo, Hilary ottiene un ottimo riscontro di pubblico che garantisce alla serie diverse repliche sui vari canali Fininvest/Mediaset nel corso degli anni, una breve apparizione sotto forma di anime comics sul Corriere dei Piccoli nel corso degli anni ’80, la pubblicazione in videocassetta da parte di Yamato Video, diverse repliche televisive su svariati canali come Boing e Cooltoon (dove è attualmente replicata spesso e volentieri a partire dallo scorso anno) e, non ultima, la pubblicazione del manga, edito da Star Comics dal 2003 al 2004 col titolo La leggenda di Hikari, in sedici volumetti fedeli agli originali giapponesi.
Il ridotto numero di episodi e la particolare tematica affrontata, che non permette di sviluppare troppo merchandising intorno alla serie, fanno di Hilary una serie non adatta a restare a lungo scolpita nelle memorie dei suoi spettatori, ma l’anime tratto dal manga di Izumi Asou è comunque riuscito, sia pure per un breve periodo, ad infiammare gli animi di chi lo vide sulle nostre tv sulla fine degli anni ’80. Non si contano, infatti, le venti-trentenni di oggi che confessano di aver giocato con nastri, palloni e foulard allo scopo di imitare le prodezze ginniche della simpatica Hilary, durante la loro infanzia.
Non avrà raggiunto lo stesso, strabordante successo, di altre serie, ma si tratta comunque di una produzione che, nel suo piccolo, è riuscita a segnare un’intera generazione, inserendosi brillantemente nel filone degli shojo sportivi che tanta popolarità raggiunsero in Italia nel corso degli anni ’80.
Ultimo aggiornamento: 06/07/2010
Autore: Kotaro